3 Novembre 2008

Riflessioni dal seminario di ermeneutica filosofica

Vogliamo far circolare le idee nate all’interno del seminario di Ermeneutica filosofica (m) in questi giorni di assemblee e di cortei, di lezioni in diversi luoghi di Verona. Abbiamo visto crescere un movimento politico contro la riforma della scuola e dell’università, voluta dal governo senza nessun ascolto delle tante voci delle maestre, degli insegnanti, delle famiglie, delle ragazze e dei ragazzi, insomma delle persone interessate.
Il movimento delle e degli studenti e dei docenti ha avuto l’effetto di portare allo scoperto in modo più chiaro le singole posizioni sia di chi governa attraverso il parlamento sia di chi governa localmente i diversi organi dell’Ateneo. Ha avuto la capacità di svelare le diverse posizioni e intenzioni di ognuno e ognuna. Inoltre ha portato al centro del dibattito processi di modificazione voluti intenzionalmente da chi è al potere, tanto che, se non ci fosse stato questo momento forte di riflessione che il movimento ha provocato, sarebbero passati tra le pieghe della realtà, con una certa meccanicità.
Nel seminario è emersa l’idea che la realtà ha molta più potenzialità di quanto il realismo, che si appoggia ai fatti e all’utile immediato, non ci faccia supporre. In altre parole che il reale è molto più ricco di quanto noi non vediamo immediatamente. Ma per sperimentare tali possibilità, scoprirle ed inventarle, occorre darsi un tempo e uno spazio liberi, non stretti dalla necessità dell’utile immediato e produttivo. Siamo convinte e convinti che ne sorga un utile più autentico, di più lunga portata. Quando si chiede che lo studio e la cultura siano liberi, in realtà si chiede questo tempo di scoperta e invenzione delle possibilità del reale, che arricchisce il significato simbolico del nostro vivere.
Abbiamo osservato, nello stendere questo documento, che la mobilitazione di queste settimane, nonostante fosse nata per protestare contro alcuni decreti legge ingiusti, ha creato in realtà luoghi pubblici che prima non c’erano. Infatti l’effetto che si è avuto è che studentesse, studenti, a volte con docenti, hanno incominciato ad incontrarsi, discutere, e si è creato un dentro/fuori le lezioni, un dentro/fuori l’università. Si sono aperti diversi spazi pubblici in assemblee, corridoi, atri, aule, e caffè, nei quali le relazioni sono fitte e vivaci. Vitali. Abbiamo chiara la consapevolezza che questa dimensione pubblica è garantita dagli scambi stessi in presenza. Si tratta di spazi pubblici che nascono ora e possono terminare quando non se ne avrà più il desiderio, ma il meglio che stanno esprimendo sicuramente continuerà in altre forme. Si tratta infatti di un crescere assieme intellettualmente e politicamente.
Quando si parla di una università pubblica, non si fa soltanto riferimento ad una università finanziata dallo stato, ma, nella nostra esperienza, ad una università nata dagli scambi liberi ed effettivi. In questo senso va una delle tante riflessioni scaturite all’interno del seminario che ci invita a partire dal piccolo delle pratiche di studio e di lavoro tra studenti e docenti per sperimentare e capire che università desideriamo, senza attendere riforme ministeriali, ma facendo subito vivere l’università possibile che inventiamo assieme. Quale tattica seguire? In alcuni interventi è stata proposta una tattica di azione trasversale, che cerca l’efficacia – come la via antica cinese insegna – non attraverso le contrapposizioni muro contro muro, ma con il cogliere le occasioni per trasformare ciò che è già definito dai codici dominanti in altro, più libero e inventivo.

 


Daniela Pietta, Ludmilla Bazzoni, Andrea Savoldi e Chiara Zamboni (prof.), che hanno raccolto e ripensato le riflessioni delle studentesse e degli studenti del seminario di Ermeneutica filosofica (m), di Lettere e Filosofia.

Print Friendly, PDF & Email