10 Maggio 2001

Riflettendo su alcune parole chiave

Gabriella Lazzerini, Annamaria Rigoni, Elisabetta Marano,Elisabetta Romano e Sara Gandini

 

Thu, 03 May 2001 15:40:15 +0200
From: Annamaria Rigoni

 

Subject: riflettendo su alcune parole chiave

 

L’apertura di questa conferenza mi ha spinto a riprendere alcune parole “chiave”, usate e forse abusate in questi anni, per cercare di capire se hanno ancora un significato oggi per me e quale è questo significato.
Una di queste parole è “partire da sè”. E’ l’origine. E’ la scelta di non accettare passivamente le idee che arrivano dall’esterno, sforzandosi invece di dare un senso proprio ad ogni evento, ad ogni idea. E’ una libertà nei confronti del già detto.
Ma il “partire da sè” è anche il vuoto, l’abisso di tutte le incertezze, se non è equilibrato da una “misura” che mi dà una persona (nel mio caso una-più donne) con cui sono in relazione.
Sul “partire da sè” e soprattutto sulla “misura” so che ci sono diversi vissuti.
Anche da Sara Gandini nell’articolo pubblicato sull’ultimo numero di Via Dogana aveva espresso delle riserve sul concetto di misura e su quello di libertà rispetto alla misura.
Ne parliamo?
Ciao Annamaria

 

Re: riflettendo su alcune parole chiave
Sun, 06 May 2001 15:39:30 +0200
From: Sara Gandini

 

Annamaria Rigoni scrive:
“Ma il “partire da sè” è anche il vuoto, l’abisso di tutte le incertezze, se non è equilibrato da una “misura” che mi dà una persona (nel mio caso una-più donne) con cui sono in relazione.
Sul “partire da sè” e soprattutto sulla “misura” so che ci sono diversi vissuti.”

 

Il pezzo del mio articolo che riguarda in particolare la necessità di trovare dei punti di riferimento nelle relazioni con alcune donne è il seguente: “Ho sentito l’esigenza del rigore e il guadagno che ricevo dal vincolo, ma anche il pericolo che questo possa trasformarsi in catena e che ci si fermi al sapere femminile finora acquisito senza confrontarlo con la propria esperienza, con il proprio presente. E ora sento il rischio che l’obbedienza non faccia riferimento alla “coerenza interiore”. Credo che si dovrebbero trovare momenti per fare “tabula rasa” anche nei confronti del sapere della tradizione femminile, in modo che questo non si trasformi in dogma, in un ordine che non lascia spazio a nuovi tentativi, anche per sbagliare. Sento il bisogno di ribadire il mio desiderio di essere nello stesso tempo eretica, perché questo secondo me consente creatività e fantasia“.

 

Ascoltando le parole di alcune donne a cui va la mia stima e a cui riconosco autorità, ho ricevuto una forza incredibile e ho riscoperto di avere una verità dentro di me di cui mi ero dimenticata.
Così ho visto il guadagno di cercare una relazione con alcune di loro. Queste relazioni sono basate sul riconoscimento di disparità e non quindi sul mito della parità e dell’ugualianza fra donne. Sono relazioni impegnative che prevedono un vincolo perchè devi in qualche modo rendere conto di ciò che fai, ma si basano sul rilancio del senso verso l’alto, sull’auto-interrogazione e sul sostenere il desiderio dell’altra. Questa è una sfida che mi affascina perchè prevede prima di tutto una contrattazione fra sé e sé e l’accettazione di momenti di vuoto, in cui non tutto è chiaro ma che se accetti di attraversare, fidandoti dell’altra, portano ad una modificazione profonda di sé. A volte però mi rendo conto che il vincolo e l’autorità rischiano di bloccare la parola, in quanto si teme il giudizio e si teme di sbagliare. Per questo ribadisco la necessità dell’indipendenza simbolica, di far riferimento prima di tutto alla verità interiore che si ha e poi all’altra. Quello che mi chiedo è come trovare la forza per buttarsi, esprimersi, cercare nuove strade e nuove parole senza farsi bloccare dall’autorità e dalla disparità, trasformando queste in ricchezza e forza.
Sara

 

Re: riflettendo su alcune parole chiave
Sun, 06 May 2001 16:26:53 +0200
From: Annamaria Rigoni

 

Proseguo con alcune riflessioni sul legame tra il “partire da sè” e la “misura”.
Partire è un verbo di movimento, di solito si parte da un luogo (fisico o interiore) per arrivare in un altro. La meta non è sempre presente all’inizio del viaggio ma si forma man mano che si prosegue nel proprio cammino.
Nel “partire da sè” (o da me o da lei/lui) si sa qual è il punto di partenza, l’origine, è un rimettere in discussione tutto quanto in relazione a ciò che si sente e si pensa dentro di sè.
Ma il punto di arrivo qual è? E soprattutto come delimitare la strada? Il pericolo è quello di partire da sè per non arrivare da nessuna parte. E’ a questo punto che la relazione è necessaria, come misura del proprio agire e del proprio pensare.
Una relazione che io non vedo come un accettare in modo passivo le idee di un’altra che mi limitano in quanto mi impongono delle barriere. E’ una relazione prima di tutto scelta liberamente nella quale io entro disposta a modificarmi, ma nella quale chiedo una modificazione anche nell’altra.
Modificazione che può essere anche minima, ad esempio può consistere nell’ascoltare e comprendere i miei problemi, oppure nell’accettare di fare un percorso insieme a me.
Io non intendo la disparità come l’accettazione di un ordine, ma come il fare posto dentro di me all’idea che un’altra può avere ragione, anche se in quel momento la sua idea suscita in me delle resistenze.

 

dice Sara Gandini:
“per questo ribadisco la necessità dell’indipendenza simbolica, di far riferimento prima di tutto alla verità interiore che si ha e poi
all’altra quello che mi chiedo è come trovare la forza per buttarsi, esprimersi, cercare nuove strade e nuove parole senza farsi bloccare dall’autorità e dalla disparità, trasformando queste in ricchezza e forza”

 

Io penso che la ricerca di una indipendenza simbolica (che rimane un obiettivo, secondo me mai raggiunto) va fatta insieme ad una o più persone (donne nel mio caso), penso che non sia possibile la ricerca solitaria, fatta nel chiuso del proprio io,
Ciao annamaria

 

Re(2): riflettendo su alcune parole chiave
Sun, 06 May 2001 17:48:31 +0200
From: Gabriella Lazzerini

 

Annamaria Rigoni scrive:
“dice Sara Gandini: “per questo ribadisco la necessità dell’indipendenza simbolica, di far riferimento prima di tutto alla verità interiore che si ha e poi all’altra quello che mi chiedo è come trovare la forza per buttarsi, esprimersi, cercare nuove strade e nuove parole senza farsi bloccare dall’autorità e dalla
disparità, trasformando queste in ricchezza e forza.”

 

Io penso che la ricerca di una indipendenza simbolica (che rimane un obiettivo, secondo me mai raggiunto) va fatta insieme ad una o più persone (donne nel mio caso),penso che non sia possibile la ricerca solitaria, fatta nel chiuso del proprio io”

 

Pensarsi individue solitarie o pensarsi in relazione io credo siano modi molto diversi di porsi, non solo nei confronti del mondo o dei rapporti umani. Ma anche di se stesse. C’è da cambiar testa, non lo si fa da sole, e domanda continuamente un riposizionarsi rispetto a ciò che si sa o che si crede di sapere. Sembra che la scelta si ponga, nel vostro interrogarsi, tra il rinunciare a una parte di sé o rinunciare alla relazione, mentre sono sicura che non la vedete in questo modo. Io credo che la crescita di una relazione debba
proprio passare attraverso questa tensione, tra la necessità della fedeltà a sé e la necessità di avere misura dall’altra, tra le proprie e le altrui ragioni, per un cammino il cui risultato non è un compromesso ma la conquista di una ragione comune più alta. Insomma si confligge per andare d’accordo, ma facendo dentro di sè spazio all’altro da sé. Sembra filosofia, ed è invece una pratica durissima di cui vedo i guadagni, anche se non sempre ho chiaro che cosa fa
ostacolo.
Gabriella

 

Re(3): riflettendo su alcune parole chiave
Mon, 07 May 2001 12:27:05 +0200
From: Sara Gandini

 

Gabriella Lazzerini writes:
” insomma si confligge per andare d’accordo, ma facendo dentro di sé spazio all’altro da sé. Sembra filosofia, ed è invece una pratica durissima di cui vedo i guadagni anche se non sempre ho chiaro che cosa fa ostacolo”

 

Mi sono piaciute molto le vostre parole, tue e di Annamaria, e credo uno dei nodi sia proprio il conflitto: imparare a viverlo, nominandolo e cercando di interrogarlo. Fa paura confliggere perché può mettere distanza fra le persone, può mettere in crisi i rapporti, però allo stesso tempo può unire e creare una comunicazione profonda.
Mi sono resa conto che quando l’ho agito con lucidità, calmando la tensione, mi ha permesso di capire meglio me stessa e le reazioni altrui e di mettere le basi per relazioni vere.
Ricordo che ad una riunione del collettivo Lucrezia Marinelli le partecipanti parlavano del conflitto in relazione al rapporto con la madre e a me sembrava di avere vissuto un’esperienza diversa. Ho sempre pensato infatti di avere un rapporto di intesa profonda e di complicità con mia madre e molto più conflittuale con mio padre
con in quale ho passato diversi periodi della mia vita, fin da bambina, in cui mi rifiutavo di avere alcuno scambio. In questo caso però mi sono resa conto che non si trattava di conflitto perché non facevo più spazio dentro di me, come dice annamaria, alla possibilità che dall’altra parte potesse venire una verità che potesse mettermi in discussione…
Sara

 

Fwd: riflettendo su alcune parole chiave
Mon, 07 May 2001 23:46:03 +0200
From: Elisabetta Romano

 

Dice Annamaria Rigoni:
L’apertura di questa conferenza mi ha spinto a riprendere alcune parole “chiave”, usate e forse abusate in questi anni, per cercare di capire se hanno ancora un significato oggi per me e quale è questo significato. Una di queste parole è “partire da sè”. E’ l’origine. E’ la scelta di non accettare passivamente le idee che arrivano dall’esterno, sforzandosi invece di dare un senso proprio ad ogni evento, ad ogni idea. E’ una libertà nei confronti del già detto.

 

Ma non solo, è la libertà non solo a livello intellettivo di esprimersi, ma anche a livello sentimentale, è l’ascolto che do alla me stessa che vive, che sente, che pulsa, che soffre. Il partire da me io lo sento come un grosso grande riferimento, l’unico, è qualcosa di presente che mi guida, perchè anche nella indecisione intellettiva di scegliere una determinata strada, posso far scegliere al mio corpo o prendere una decisione su delle spinte emotive, pur sempre valide. Non lo sento come l’abisso delle incertezze, non lo sento come il
vuoto. Nella relazione con gli altri/le altre, posso trovare conferma, o altre idee, venire a conoscenza di altri modi di sentire.
Non è detto che tra donna e donna, le sensazioni siano identiche, non è detto che le similitudini siano sempre tante, il mio esterno è tutto ciò che non sono io, il mio altro è tutto ciò che non corrisponde a me, sia che sia uomo, sia che sia donna.
Tutti possono essere guida, misura, equilibrio……….devono essere
chiaramente persone con cui ci si può relazionare, confrontare in maniera vera. E quando questo succede, non è il sesso importante, non è neppure determinato da quello.
Il mio altro è qualsiasi uomo e qualsiasi donna che non sono io.
Elisabetta

 

Re: riflettendo su alcune parole chiave
Tue, 08 May 2001 10:07:26 +0200
From: Annamaria Rigoni

 

Alcune brevi note sul conflitto con l’altra.
Provo a raccontare quello che io cerco di fare (anche se non sempre)quando mi trovo in disaccordo con una donna di valore, che io penso possa dare una misura al mio agire.
Quando esprimiamo idee diverse, prima di tutto provo a fare un piccolo “passo indietro”, facendo entrare dentro di me le sue idee e provando seriamente a pensare cosa succederebbe se fossero giuste. Aspetto un po’ di tempo e poi valuto. Se comunque rimango non d’accordo glielo dico, però lasciando aperto uno spazio di valorizzazione reciproca.
Non è facile e non sempre riesce, perchè a volte il disaccordo mi lascia azzerata, togliendomi la voglia e l’energia di pensare e di rispondere oppure si trasforma in un ribellione che mi lascia con la bocca amara. Dipende dalla relazione e da tutto ciò che la disparità vissuta o immaginata rimuove dentro la pancia. Quando riesco a metterlo in pratica devo dire che funziona, il rapporto riesce a
fare un notevole passo avanti.
Annamaria

 

Re: Fwd: riflettendo su alcune parole chiave
Tue, 08 May 2001 13:50:54 +0200
From: Gabriella Lazzerini

 

Elisabetta Romano scrive:
Non è detto che tra donna e donna, le sensazioni siano identiche, non è detto che le similitudini siano sempre tante, il mio esterno è tutto ciò che non sono io, il mio altro è tutto ciò che non corrisponde a me, sia che sia uomo, sia che sia donna.
Tutti possono essere guida, misura, equilibrio……….devono essere
chiaramente persone con cui ci si può relazionare, confrontare in maniera vera. E quando questo succede, non è il sesso importante, non è neppure determinato da quello.
Il mio altro è qualsiasi uomo e qualsiasi donna che non sono io.

 

Il problema è che quando ci si confronta con l’altro da sè c’è sempre in ballo il mondo, voglio dire che i rapporti non avvengono solo a due, ma intorno e sopra c’è la storia e la direzione che in essa vogliamo prendere. Io quando parto da me per mettermi in relazione con qualcuno parto da un me che non può e non vuole dimenticare di essere donna e per questo pretende che neppure l’altro/l’altra lo dimentichi. E’ per questo che la differenza sessuale come dimensione simbolica conta. Faccio un esempio al livello di un aspetto che
usiamo tutti i momenti senza rendercene conto, e che però è determinante: il linguaggio. Il fatto che il termine “altro” significhi sia tutto quello che non è me, sia un altro di sesso maschile, fa confusione: se io intendo parlare di un’altra, lo devo specificare. E questa confusione porta il peso della storia…
Gabriella

 

Re(2): riflettendo su alcune parole chiave
Wed, 09 May 2001 16:26:27 +0200
From: Sara Gandini

 

Annamaria Rigoni writes:
Alcune brevi note sul conflitto con l’altra. Provo a raccontare quello che io cerco di fare (anche se non sempre)quando mi
trovo in disaccordo con una donna di valore, che io penso possa dare una misura al mio agire. Quando esprimiamo idee diverse, prima di tutto provo a fare un piccolo “passo indietro”, facendo entrare dentro di me le sue idee e provando seriamente a pensare cosa succederebbe se fossero giuste. Aspetto un po’ di tempo e poi
valuto. Se comunque rimango non d’accordo glielo dico, però lasciando aperto uno spazio di valorizzazione reciproca.

 

Parlavo con Elisabetta l’altro giorno e ci dicevamo che abbiamo apprezzato molto questo tuo accenno alla valorizzazione reciproca
perché so che quando si arriva a svalorizzare l’altra io mi ritraggo dal conflitto… credo che questo capiti quando si è insicuri e ci si vuole difendere, anche se non so bene da cosa; quello che so è che io riesco a mettermi in discussione maggiormente e a lasciare spazio dentro di me per la verità dell’altra, come dici bene tu, quando attribuisco stima, valore, autorità all’altra, altrimenti non arrivo nemmeno a confliggere, anche quando in qualche modo sento che l’altra mette energie nella relazione.
Credo quindi che un motore davvero forte sia l’amore per l’altra.
Sara

 

Re(4): riflettendo su alcune parole chiave
Thu, 10 May 2001 17:51:54 +0200
From: Elisabetta Marano

 

Sara Gandini writes:
credo quindi che un motore davvero forte sia l’amore per l’altra“.

 

Vorrei che tu mi sciogliessi quello che intendi dire parlando di amore. Credo di non aver visto amore quando ho conflitto con alcune donne; ricordo di avere avuto delle reazioni molto emotive ma non penso che la parola che significhi la molla che mi ha spinto a confliggere sia amore, che fosse anche rivolto alla donna con cui confliggevo o per la politica . Insomma non era l’amore quello su cui facevo leva per affrontare il conflitto e aprirlo. Non so bene dire cosa è il conflitto, sia quelo con gli uomini che quello con donne. So la fatica, questo sì, di risignificare la parola in base alla mia esperienza e la fatica di riscattarla da quel bagaglio di negatività e distruttività che si porta dietro. Confliggere per rilanciare, per modificare qualcosa di me e dell’altra e della realtà creata tra me e lei: forse è quello che volevo ottenere quando ho conflitto, sia in grande con una donna della libreria, che in piccolo con Sara a volte. Per cosa confliggo? Con una donna ho conflitto perchè sentivo che le nostre pratiche stridevanoe quella era l’unica strada per me per
entrare in rapporto con lei. Pare un controsenso ma è così, credo. Comunque sento che in questo discorso che stiamo facendo in conf. vadano apportati de distinguo e si dica soprattutto se si confligge con uomini o con donne, e se sono donne con cui di condivide una pratica politica oppure donne che ne fanno un’altra.
Eli

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