7 Marzo 2008

Se le donne diventano portatrici di pace

Benita Ferrero, Waldner e Margot Wallstrom

Il ruolo delle donne nella promozione della pace e della sicurezza è sempre più riconosciuto, dopo la risoluzione 1325 dell’ Onu su “Donne, Pace e la Sicurezza”: un punto di riferimento essenziale, anche se rimane molto da fare, a tutti i livelli, per la sua concreta attuazione. Alla vigilia della Giornata mondiale della donna, più di 50 dirigenti internazionali riunite a Bruxelles discuteranno del ruolo della donna per dare stabilità a un mondo insicuro. In questa primavera del 2008, nel momento in cui scriviamo, è difficile immaginare un mondo senza guerre. Ogni giorno ci giungono notizie di nuovi conflitti, crescenti tensioni e violenze. E in ogni situazione di insicurezza – che si tratti di guerre, di minacce alla salute o del cambiamento climatico – spesso le donne sono colpite in maniera sproporzionata, a motivo della loro posizione sociale tradizionalmente più vulnerabile. A livello mondiale, l’ 80% dei profughi sono donne o bambini. La violenza sessuale e lo stupro imperversano sia nei campi profughi che nelle zone di guerra. Non possiamo parlare del ruolo delle donne nella risoluzione dei conflitti senza prendere atto di questa terribile realtà; ma al tempo stesso dobbiamo ricordare che le donne svolgono un ruolo attivo di importanza cruciale per la promozione della stabilità e della pace. Nessuna discussione valida è possibile, nessun risultato può essere conseguito senza il coinvolgimento delle donne. La loro partecipazione non solo è cruciale nella sfera più tradizionale delle misure di sicurezza dirette – l’ intervento armato, le misure antiterrorismo, l’ impegno di peacebuilding e di ricostruzione dopo i conflitti – ma anche per far fronte ad altri tipi di minacce meno eclatanti per la sicurezza umana quali le epidemie globali, i traumi psicologici nelle fasi post-belliche e i rischi crescenti del cambiamento climatico e del degrado ambientale. Il 6 marzo, su invito del Commissario europeo Benita Ferrero-Waldner, più di 50 donne leader di tutti i continenti si sono incontrate a Bruxelles per discutere sul tema “Donne: dare stabilità a un mondo insicuro”. Ad affrontare in questa sede le tematiche parallele della sicurezza e di un maggior potere alle donne si sono ritrovate insieme capi di Stato, ministre, responsabili di organizzazioni internazionali, dirigenti del mondo economico, attiviste della società civile. Quest’ incontro è di fatto il seguito di una serie di iniziative recenti, quali il convegno promosso dal Segretario di Stato Usa Condoleezza Rice il 1° settembre 2007 a New York, o il Vertice internazionale delle donne leader sulla sicurezza globale, organizzato nel novembre scorso dal Council of Women World Leaders (Consiglio mondiale delle donne leader) e dalla vicepresidente della Commissione Margot Wallstrom, responsabile della Cmi (Council ministerial initiative). A nostro parere, la chiave di volta della stabilità mondiale è lo sviluppo sostenibile. Si tratta, in altri termini, di dare stabilità a un mondo oggi insicuro attraverso una giusta convergenza tra crescita economica e progresso sociale, avendo riguardo al tempo stesso alla tutela del nostro pianeta. L’ istruzione è la condizione indispensabile per la stabilità sociale. Ma a tutt’ oggi ben 100 milioni di minori – di cui 70 milioni sono bambine – non frequentano scuole di nessun tipo. è questo che dobbiamo cambiare Un altro strumento importante per stabilizzare il mondo è la già citata Risoluzione 1325 nell’ Onu sul ruolo della donna nella costruzione della pace e nella sicurezza, poiché vi si riconosce il rapporto tra sicurezza globale e parità di genere, così come l’ importanza del contributo delle donne nella costruzione di una pace durevole. è una pietra miliare sulla via verso un processo di pace e una maggiore apertura a questo aspetto del problema nelle politiche per la pace e la sicurezza. Se l’ attuazione pratica della Risoluzione 1325 è di fatto un processo politico a lungo termine, questo tema deve però essere oggetto di maggior attenzione nell’ ambito dell’ Ue e in tutti i suoi Stati membri, e in particolare da parte dei responsabili di settori quali la politica estera e di sicurezza, le politiche di sviluppo e la difesa. Dall’ epoca dell’ adozione di questa Risoluzione (approvata nel 2000) si fa strada una maggior consapevolezza di quanto sia importante coinvolgere le donne nei processi di pace e di ricostruzione; ma l’ attuazione concreta dei contenuti di quel documento rimane occasionale e sporadica. Se le donne fanno la differenza, è perché hanno un concetto più articolato della sicurezza, e tengono conto di molti aspetti sociali ed economici cruciali, che senza di loro sono spesso ignorati. Negli accordi di pace e nell’ impegno post-bellico – anche, ma non soltanto attraverso la partecipazione alle trattative – sono le donne a dimostrarsi più efficienti e a conseguire i migliori risultati pratici, attraverso tutta una gamma di azioni e di interventi che vanno dalla riabilitazione dei bambini soldato all’ organizzazione di incontri, travalicando le divisioni tra schieramenti per discutere temi comuni, quali l’ accesso all’ acqua potabile; o l’ impegno a sostenere la priorità dei servizi sociali sulle spese militari nell’ assegnazione dei fondi di bilancio. Le donne possono dare inoltre un grande contributo alla pianificazione e alla messa in atto di operazioni di smobilitazione e di ritiro delle armi, così come ai programmi di reintegrazione. In tutte queste attività le organizzazioni femminili svolgono un ruolo cruciale a livello delle comunità, che si tratti di persuadere gli ex combattenti a consegnare le armi, di convogliarle nei centri di raccolta o di fornire un’ assistenza psicosociale a chi ne ha bisogno. Nell’ ambito della società civile, gruppi di donne quali ProPaz nel Mozambico o Dushirehamwe nel Burundi stanno tentando di contrastare la proliferazione delle armi leggere, e di farsi carico delle esigenze dei combattenti smobilitati. Ma nonostante il consenso generale sulla tutela e sul protagonismo delle donne, sul piano decisionale e nei processi di peacebuilding e peacekeeping la loro emarginazione è tutt’ altro che superata. Nell’ ambito politico sono tuttora scarsamente rappresentate: a livello mondiale, Europa compresa, solo il 6% dei ministri e il 10% dei parlamentari sono donne. E sappiamo tutti che il famoso “glass ceiling” (la barriera invisibile che sbarra la strada alle donne, ndt) esiste tuttora, sia in politica che nel mondo economico. Il fatto che alle donne si continui a negare una partecipazione piena a livello decisionale rappresenta un significativo ostacolo al conseguimento degli obiettivi della Risoluzione 1325. Infine, un problema molto diffuso è la tendenza a vedere le donne esclusivamente come vittime, risconoscendo il loro potenziale di partecipazione attiva al processo di costruzione di un mondo più stabile e sicuro. Benita Ferrero Waldner è Commissario Ue per le relazioni interne e la politica europea di vicinato Margot Wallstrom è vicepresidente della Commissione Ue, responsabile per le relazioni istituzionali e la comunicazione

 

(Traduzione di Elisabetta Horvat)

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