Risposta alla lettera di Alessandra De Perini
Cara Alessandra,
ammiriamo la tua costante e amorosa attenzione alle imprese delle altre. Tu offri una grande valorizzazione ripercorrendo quelli che vedi come elementi importanti e nuovi. Inoltre la precisione delle tue osservazioni obbliga a chiarire innanzi tutto a se stesse ciò che si sta facendo e dicendo. È una pratica politica importante, dunque innanzi tutto grazie.
Veniamo alle tue critiche.
TROPPE CITAZIONI.
È un’osservazione giusta. Tra noi c’è discussione su questo e già abbiamo scritto che a volte per alcune di noi la citazione è un modo per dirsi senza fidarsi pienamente del proprio sentire.
Faremo attenzione al loro uso.
Le useremo quando riterremo che le parole di altre possano aiutare chi ci ascolta a cogliere meglio ciò che stiamo facendo e dicendo.
Oppure quando i riferimenti a esperienze lette sui libri diventano ulteriori prove di ciò che stiamo dicendo. Ad esempio, riferendosi alle cause che creano difficoltà di parola pubblica autenticamente legata al proprio sentire e alle strategie per riuscire comunque a dirsi, Luciana porta gli esempi delle scrittrici Azar Nafisi e Ornela Vorspi (DWF n 3, 2012).
C’È UN LIVELLO INTERNAZIONALE DELLA RIFLESSIONE STORICA CON CUI È NECESSARIO INTERLOQUIRE.
Il tuo è uno stimolo ad avere più coraggio per intervenire pubblicamente e sappiamo che ci ha frenato il timore di disperdere le energie che rivolgiamo alla pratica.
Abbiamo però mantenuto una relazione privilegiata e costante con la storica di Barcellona María Milagros Rivera Garretas di cui abbiamo parlato in diverse occasioni e ora con le storiche di Duoda (Centro de Investigación de Mujeres de la Universidad de Barcelona y del Parque Científico de Barcelona http://www.ub.edu/duoda/web/es/home) che, in occasione del XXVI Seminario dal titolo evocativo Desxifrar el que se sent: la crida (Decifrare ciò che si sente: la chiamata), hanno invitato Marirì Martinengo a parlare proprio di storia vivente.
Abbiamo ben presente la necessità di creare mediazioni e allargare la nostra pratica e abbiamo invitato con questo intento Monica Martinat dell’università di Lione, con cui abbiamo discusso pubblicamene http://www.libreriadelledonne.it/tra-storia-e-fiction-il-racconto-della-realta-nel-mondo-contemporaneo-et-al-edizioni-2012/
I TESTI DI STORIA VIVENTE SONO ANCORA POCHI.
È vero perché si tratta di un lavoro profondo e richiede tempo ma ciò che produce la pratica della storia vivente è soprattutto un rafforzamento della propria soggettività che si ripercuote in tutti gli ambiti di azione di ciascuna di noi. Ad esempio Marina Santini e Luciana Tavernini si sono sentite autorizzate ad usare la loro competenza storica e pedagogica, chiedendo la collaborazione di decine di donne e usando modalità che vanno oltre i canoni storiografici per scrivere un libro di storia del femminismo Mia madre Femminista. Voci da una rivoluzione che continua (Il Poligrafo 2015).
Inoltre pensiamo che sia possibile una interlocuzione a distanza con chi sta creando, come noi, un simbolico diverso da quello patriarcale e capitalistico. Abbiamo individuato in altri testi pratiche simili alla nostra. Riteniamo che la ripartizione rigida dei saperi spesso abbia creato gabbie proprio per escludere la soggettività soprattutto delle donne ma non solo. Per esempio nei libri di Svetlana Aleksièvic, una giornalista che racconta le tragedie del mondo ex-comunista, del suo mondo, facendosi voce di un popolo, abbiamo riconosciuto un modo originale e soggettivo di fare storia mettendosi in gioco a rischio della propria vita.
Non consideriamo dunque solo storiche e storici. Vi sono soprattutto giovani come la documentarista Reynalda Del Carmen (2006) che esplicitano come all’origine della loro ricerca vi sia un nodo e come, indagandolo, vengano messi in luce aspetti impensati di un periodo storico: per lei, a partire dal silenzio della madre sulla scomparsa della sua amica più importante, la situazione del Cile dagli anni immediatamente precedenti la dittatura fino a oggi. http://www.libreriadelledonne.it/consonanze-tra-storia-vivente-e-il-documentario-reynalda-del-carmen-my-madre-y-yo/ . Il nostro desiderio è che altre sentano la forza che la pratica della storia vivente ha generato in noi e che, come scrivi tu stessa, mettano la pratica “in atto in prima persona in un contesto di relazioni di fiducia. È il passaggio più difficile: non si tratta di capire razionalmente, ma di mettersi in gioco, di sentirsi attraversate/attraversati dal tempo che passa e deposita nel fondo esperienze che domandano di essere nominate, “riscattate” dal silenzio.”
Insomma ci auguriamo che singolarmente, in due o in piccoli gruppi altre trovino il modo di portare alla luce i nodi sepolti in ciascuna e che questo permetta di liberare la singola e di costruire una storia libera dalle incrostazioni di quelle interpretazioni che mortificano o deformano l’esperienza femminile.
Milano 011/06/2015
Comunità di Storia vivente: Marirì Martinengo, Laura Minguzzi, Laura Modini, Giovanna Palmeto, Marina Santini, Luciana Tavernini.