14 Febbraio 2019
Duoda

La storia vivente: l’autocoscienza è l’altra

di María-Milagros Rivera Garretas

 

La Comunità di storia vivente della Libreria delle donne di Milano, che esiste dal 2006, ha pubblicato alla fine del 2018 il suo ultimo libro: La spirale del tempo. Storia vivente dentro di noi, (Moretti & Vitali). “Storia vivente” è un’invenzione simbolica di Marirì Martinengo che ha liberato la narrazione storica dalle ideologie, siano di destra, di sinistra o di centro. Questo vuol dire che la narrazione storica si è liberata, finalmente, dal potere sociale e si è trasformata in ciò che sempre desiderava essere: l’espressione scritta del vissuto, senza l’intervento di teorie interpretative che sostituiscono il vissuto con l’interpretazione. Chi si ricorda della vecchia coppia “euristica/ermeneutica”? Quasi nessuna/o. Terminato il patriarcato, la Storia non può continuare ad essere la stessa.

La storia vivente è una pratica. Una pratica per esplorare il sentire dei vissuti profondi della storica, decifrarli e collegarli con la storia che scrive. Si è detto che “tutta la storia è storia contemporanea” perché fa storia ciò che interessa al presente. Si intendeva che ciò che interessava al presente era ciò che aveva potere sociale. La storia vivente fa la rivoluzione di dire e mostrare che ciò che interessa al presente, a ogni presente, è il sentire dei vissuti di donne e uomini che viviamo nel mondo e sono vissuti costitutivi dell’essere. La storica, esplorando e decifrando i suoi vissuti, discerne quelli che sono significativi per lei e comuni nel suo contesto relazionale, nel suo mondo e, forse, nel mondo. L’autenticità sta dentro di sé, non fuori di sé.
La pratica della storia vivente si fa in relazioni duali o in piccoli gruppi composti da relazioni duali. “Il mondo interiore,” – scrive Marina Santini, una delle autrici de La spirale del tempo – “ciò che altri e altre hanno depositato nelle nostre vite è quel sentire profondo non considerato nella narrazione storica, che invece per noi è il fondamento. Vogliamo che l’esperienza soggettiva, anche se non è documentabile secondo criteri storiografici tradizionali ma è parte della vita di ciascuna e ciascuno di noi, sia considerata storia. Si tratta di compiere un doppio movimento: un’immersione profonda in sé che faccia affiorare una verità soggettiva e la offra alle altre che, riconoscendola e aiutando a illuminarla, permettano di renderla pubblica” (p. 126).
La pratica in relazione impedisce che il vissuto sperimentato e sentito sia inghiottito o usurpato dall’interpretazione ideologica. Ne schiva il giudizio e il linguaggio. Come? Essendo, come è, l’esperienza inespugnabile (Joan Scott).
Vedo un nesso tra la pratica della storia vivente e l’autocoscienza così come la intese Carla Lonzi nel femminismo degli anni Settanta del secolo XX. Nel Secondo Manifesto di Rivolta Femminile. Io dico io, scrisse: “L’autocoscienza è l’altra”, idea difficile che si capisce meglio in contesto: “Perché l’autocoscienza è stata fraintesa e abbandonata in molti gruppi che dicono di averla fatta senza averla fatta? Perché si è considerato un passo avanti l’averla sostituita con la pratica dell’inconscio? Perché nella cultura maschile e nei suoi derivati al femminile nessuno capisce niente dell’espressione di sé in quanto tale. […] E questo chiamo autocoscienza: fare in modo che chi parla prenda coscienza che trovare se stesso è riconoscersi nell’espressione di sé, che non esiste verità al di fuori, nell’adesione o nell’uso di chiavi interpretative” (Carla Lonzi, “Mito della proposta culturale”, in M. Lonzi, A. Jaquinta, C. Lonzi, La presenza dell’uomo nel femminismo, Scritti di Rivolta femminile 9, 1978, p.146 e p.147).
Vedo un nesso tra la pratica della storia vivente e l’autenticità, che è per me il maggior lascito ricevuto da Carla Lonzi. C’è Storia senza autenticità?

 

(“La historia viviente: la autoconciencia es la otra”, in Textos políticos. Llenando el mundo de otras palabras. Duoda. Centro de Mujeres, Universidad de Barcelona, 6/2/2019, http://www.ub.edu/duoda/web/es/textos/1/236/ Traduzione dallo spagnolo di Luciana Tavernini)

(www.libreriadelledonne.it, 14 febbraio 2019)

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