1 Aprile 2016

Le Vicine di casa incontrano una pratica soggettiva che fa la storia


A cura della Comunità di Storia vivente*

L’Associazione delle Vicine di casa di Mestre ha dato alla luce un prezioso libretto dal titolo “La pratica della Storia vivente”, disponibile anche presso la Libreria delle donne di Milano; si tratta degli Atti dell’incontro del 26 settembre 2014 al Centro Culturale Candiani di Mestre per discutere il numero 95 (2012) della rivista DWF in aperto confronto con altre modalità di scrittura della storia.

Perché prezioso?

Prezioso è il racconto amoroso, preciso e ragionato di Alessandra De Perini della storia della  Comunità, nata negli anni Ottanta, mostrandone i passaggi di svolta e le invenzioni. Prezioso è lo scambio con Tiziana Pleblani, della Società italiana delle Storiche, autrice di due libri importanti “Il genere”dei libri (Franco Angeli, 2001) e Storia di Venezia, città delle donne, (Marsilio, 2008), perché ha fatto una lettura attenta e critica delle nostre proposte mettendole a confronto con la sua esperienza e altre recenti modalità di fare storia;  ci ha dato così l’occasione di proseguire nella nostra ricerca e di chiarirne le caratteristiche. La Comunità è nata dall’idea di Marirì Martinengo di portare alla luce la storia vivente nascosta in ciascuna/o di noi, concretizzatasi con la scrittura della storia della nonna, La voce del silenzio, Memoria e storia di Maria Massone, donna “sottratta” (Ecig, 2005), nonna che la famiglia borghese aveva sepolto in un istituto e cancellata dalla memoria familiare. Questa invenzione, come ha detto la storica María Milagros Rivera Garretas, rappresenta il possibile inizio di un cambiamento per la storiografia europea. Una nuova pratica ha preso il via, il cui fulcro è l’indagine di un nodo irrisolto, di chi si occupa di storia a vario titolo, che attraverso l’ascolto e il dialogo attento con le altre della Comunità, porta a una scrittura femminile della storia. Potrebbero delinearsi nuove categorie interpretative per leggere la vita di donne e uomini in diversi periodi. Un’esigenza che ci sembra risuonare già nelle riflessioni di Simone Weil in Oppressione e Libertà (Orthotes, 2015): infatti una narrazione soggettiva, vera agente storica, ci orienta e ci aiuta a inventare nuove istituzioni, perché quelle esistenti non corrispondono ai bisogni e alle necessità dell’animo umano e schiacciano i soggetti. Nuove istituzioni ispirate da verità, bellezza, giustizia e amore, invece che dai rapporti di forza e di potere.  Il libretto restituisce ciò che è stato un intenso scambio di idee sulle nuove modalità di narrazione storica, sulla memoria, sull’autocoscienza e le pratiche originarie del femminismo tra donne di differenti collocazioni e linguaggi, donne che nel dibattito sono intervenute a partire dalle loro esperienze di storiche di professione, insegnanti, filosofe, impiegate, bibliotecarie, funzionarie del Comune, appassionate di storia. Gli Atti rendono conto del ricco contradditorio e di alcune obiezioni. Tiziana Plebani ha riscontrato che un eccesso di narrazioni soggettive produce un calo di attenzione; troppa emotività rischia di consegnarci all’indifferenza, come sta accadendo per la Shoah; la nostra metodologia può apparire poco scientifica poiché non basta riconoscere autorità ed essere in relazione di scambio con Milagros Rivera per fare Comunità scientifica; ci sono ancora poche narrazioni che hanno fatto proprio il metodo della storia vivente. Nadia Lucchesi ha rilevato che a lei “la storia ha insegnato a stare in contatto con la realtà, non dimenticare i rapporti di forza”. A queste osservazioni critiche fa seguito un testo a testimonianza della continuità dello scambio. Apprezzamenti nel corso del dibattito sono venuti da Grazia Sterlocchi de La settima stanza, profonda conoscitrice della filosofa María Zambrano, a cui abbiamo fatto riferimento nel momento sorgivo della Comunità, e da Adriana Sbrogiò di Identità e Differenza che considera valido riprendere elementi dell’autocoscienza per questa pratica storica. Le curatrici hanno dato spazio anche a tre racconti di Desirée Urizio, Marina Canal e Piera Moretti. Il racconto di Desirèe presenta interessanti elementi di storia vivente reintepretando con la lente della genealogia femminile l’esodo istriano della sua famiglia, mentre quelli di Marina Canal e Piera Moretti, pur traendo spunto da nodi irrisolti approdano al genere della storia personale. Inoltre il volumetto è prezioso perché mostra una pratica politica, quella di restituzione di valore alle imprese delle altre che le Vicine perseguono da anni attraverso un lavoro di elaborazione e di divulgazione. Colpisce la cura che hanno posto nella preparazione dell’incontro: si tratta di quella materia prima necessaria ma spesso invisibile di cui è fatta la politica delle donne e che continua nel far rimbalzare il senso oltre l’accadimento per non lasciarlo cadere nella dimenticanza. Un’alchimia che nasce nel lavorio delle relazioni di vicinanza e di lontananza, che si tramuta con la scrittura in riconoscimento simbolico. È così avvenuta una doppia restituzione: della pratica della Comunità e di quella delle Vicine di casa, una pratica che, come loro stesse la definiscono, fa umana la città. La città che, citando Chiara Zamboni in Abitare la vita, abitare la storia (Marietti 1820, 2015, pag. 31), “è un ponte verso altro”.

(www.libreriadelledonne.it, 1 aprile 2016)

*Laura Minguzzi, Luciana Tavernini, Mariri Martinengo, Marina Santini, Laura Modini, Giovanna Palmeto

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