1 Novembre 2007

Un inconscio di morte

Il “Movimento Uomini Casalinghi” e il gruppo di “Vivere con Cura” non sono stati presenti alla manifestazione di sabato a Roma in quanto le organizzatrici di diverse associazioni hanno espresso il desiderio che fossero presenti solo donne, quindi per rispetto e coerenza ci siamo astenuti dal partecipare.
Invio come contributo sul tema questo mio articolo invitando a scrivermi le proprie riflessioni al seguente indirizzo: barchettaebbra@tin.it
Cari saluti Antonio

Nell’Età del Rame dell’Europa centro-orientale, la Dea Gravida è di solito raffigurata seduta su uno sgabello. È decorata con una spirale doppia sulla vulva e losanghe su glutei e cosce. Karanovo VI. Pazardžik, Bulgaria; metà V millennio a.C. circa.

 

Sono state trovate migliaia di statuette femminili raffiguranti la Grande Dea nuda e con i seni, le natiche o la vulva in evidenza, quasi un’ostentazione (vedi immagine, tratta da “Il linguaggio della Dea” di Marija Gimbutas, ed. Longanesi), questo perché erano considerate sacre la nascita e il corpo femminili, e la sessualità era vissuta sia come piacere che come fonte di conoscenza, sapienza, stato di coscienza superiore e trasformazione.
Invece nelle società patriarcali la sessualità diventa esercizio e strumento di dominio, relegandola a un mero e veloce piacere senza che l’uomo patriarcale si interrogasse sulla diversità del corpo e del piacere femminile: una volta rese le donne schiave, tutto ciò che le riguardava era reso negativo, secondario o banalizzato.
Per esempio abbiamo fatto ricerche sul sangue mestruale (rivista-dossier di “Donne e Ragazzi Casalinghi” n°3, “Fermiamo le guerre”): mentre nelle antiche società era sacro così come erano sacri i cicli e gli animali che li simboleggiavano, diventerà in seguito immondo.
Succede che il modello non è più quello del maschio-compagno attento e delicato verso le donne, ma è imposto quello del maschio guerriero comandante e padrone, in cui l’uso della violenza è un segno di autostima, e il potere di dare la morte viene vissuto come identità maschile da contrapporre a quello di dare la vita delle donne, e anche la maternità sarà decisa dal marito.
Da questo ne ho dedotto che l’inconscio del maschio adulto, anche in questa società odierna, è un inconscio di morte. Dietro mille episodi di violenza sessuale emerge la vita di maschi fino al giorno prima normali, che conducevano una vita normale, un po’ come è successo sotto il nazismo: in particolare mi viene in mente l’esempio del processo Eichmann, studiato e seguito da Hannah Arendt, in cui lui era una persona normale addirittura con buoni sentimenti! La banalità del male per la Arendt era non pensare e la violenza si scatenava senza un perché.
Per cui la violenza sessuale è insita in tutta la società e le sue istituzioni, e l’educazione, o meglio, mal-educazione maschile – fondamentale e voluta in questa società mercificata – è il frutto del concorso di più idee-forza che vengono bombardate al bambino maschio fin dalla nascita, e il simbolo per eccellenza di tutto questo è lo sport inteso come modello-scuola di virilità (vedi “Donne e Ragazzi Casalinghi” dedicate allo sport, “Calci al mondo”).
Per esempio il mito del genio, cioè del maschio che si realizza nell’opera, anche a fin di bene (per il progresso, il benessere o l’equità sociale), il quale per realizzare l’opera e l’impresa tutto strumentalizza – il famoso ‘fine che giustifica i mezzi’ – in particolare il rapporto con la donna, sia essa madre, moglie o altro.
Questa ideologia porta a mettere al primo punto le opere, cioè i prodotti della mente a discapito del corpo e delle relazioni, che vengono così misconosciuti e votati all’auto-annientamento e/o resi strumentali appunto all’opera, e tutta l’educazione e la cultura di cui siamo imbevuti si riducono a un celebrare continuo le opere, anche artistiche (per esempio le strade e i monumenti intitolati ai geni, gli studi che si fanno a scuola, ecc.), mentre tutto quanto riguarda invece la sfera del corpo e la differenza tra il corpo maschile e femminile, le pratiche di cura, benessere, tenerezza, ecc., viene ignorato o banalizzato, per non parlare dell’amore che viene finalizzato al matrimonio e ai figli, invece di farne un tema-problema che nel corso della storia ha avuto tante risposte e tanti sbocchi (su questi temi invito a leggere i libri di Carla Lonzi).

L’esempio delle società matrilineari

In particolare abbiamo ricercato e scoperto quello che veniva chiamato ‘l’amore itinerante’, in cui era quasi impensabile che per amore si potesse vivere costantemente insieme, anzi ciascuno viveva vicino al gruppo materno con incontri più o meno saltuari con l’amante. Questo portava ad avere una personalità autonoma, senza cadere in quelle tristemente frequenti morbosità e dipendenze tipiche del modello matrimoniale coniugale.
Ma non solo: tutta la struttura psichica del maschio patriarca è rivolto al sociale, alla competizione e alla lotta, altro modello devastante in cui invece di considerare gli altri e le altre amiche e collaboratrici, diventano sottosotto nemiche-concorrenti da sopraffare ed eliminare in modo più o meno corretto.
Il dover essere sempre vincitori-vincenti, il modello dell’uomo di successo, la concorrenza e la competizione scaturite diventano il risultato del modello amico-nemico che richiede una tensione e diffidenza continue e un corpo e una mente educati, o meglio, mal-educati perennemente alla lotta, e la guerra e lo spirito guerriero diventano il naturale approdo di questo meccanismo vizioso.
Invece tutto ciò che riguarda le dinamiche di relazioni profonde, amicali, vengono banalizzate e ignorate e tutta una cultura delle epoche antiche, quando c’era la sapienza delle donne nell’arte del relazionarsi, viene banalizzata, ignorata o considerata “cose da donne”.
Altro elemento negativo è che il modello del fare l’amore è il coito, la penetrazione a tutti i costi, poiché dal momento in cui la religione sarà gestita dai maschi, anche la sessualità seguirà un’impostazione a misura di maschio patriarcale, ovvero sarà finalizzata alla procreazione, mentre durante le società matriarcali il sacro era gestito dalle donne, che erano al contempo soggetto e oggetto religioso, e si metteva al mondo un figlio per amore, senza altri fini.
Storicamente la Chiesa non è dalla parte delle donne, che saranno relegate a strumento sessuale e non potranno più parlare e praticare in modo libero la sessualità. In particolare nel cattolicesimo si vede come la maternità di Maria fosse stata decisa dal Padreterno che per salvare e redimere il mondo vuole sacrificare il figlio costringendola a una maternità strumentale.
Il frutto di tutta questa mal-educazione è un corpo sempre potenzialmente aggressivo, come una mina vagante, e basta tante volte la classica goccia che fa traboccare il vaso per far emergere quell’inconscio di morte che si dispiega con una violenza incredibile verso l’ex amante, la moglie, ecc.
È stato riscontrato come gli stupratori o uccisori avessero una mente devastata da ossessioni e fissazioni: spesso erano anni che covavano rabbia, rancore o desiderio di vendetta e violenza estrema. Ebbene, invece di educare ad affrontare, discutere ed elaborare i lati negativi di sé, le frustrazioni e le “sconfitte”, di fatto avviene che celebrando la banalità della felicità, che si raggiunge attraverso il possesso e il consumo di un oggetto e/o del corpo femminile (considerato l’oggetto per eccellenza), invece di smaltire e superare queste fissazioni, si amplificano fino al doverle realizzare a tutti i costi.
Inoltre mentre in quelle antiche società matrilineari c’erano mille simboli che invitavano alla trasformazione e alla presa di coscienza, simboli anche a carattere sessuale – per cui l’inconscio e la mente di allora erano in trasformazione e crescita continua – oggi ci troviamo in realtà privati di quelle simbologie e ritualità di vita-morte-rinascita, relegate invece solo alla Pasqua cristiana, e invece siamo inondati di riti di sopraffazione e forza (in particolare con lo spettacolo spor- tivo), e il maschio alla fine rimane un eterno “bamboccione”.
Tutto questo nasce soprattutto dal fatto che le donne e tutto il mondo femminile della cura, delle relazioni, e tutta la sapienza del corpo non vengono riconosciute, e quindi ci si trova con la problematica del maschio patriarca solo con la sua opera, e questo genera potenzialmente uno squilibrio interiore che lo rende un potenziale criminale.
Anche verso la natura accade lo stesso atteggiamento involutivo e oggettuale che hanno subito le donne: mentre prima la natura era fonte di ringraziamento e di meraviglia, col tempo si è imposta l’ideologia che ciò che crea l’uomo – sia in campo materiale che spirituale-artistico – è superiore alla natura, che invece è da sottomettere, sfruttare per ottenere benessere e svago, e il risultato è che invece di avere un uomo riconoscente e amante della natura, che vuole amarla, conoscerla e istruirsi con e attraverso di essa, prevale l’ignoranza considerandola al proprio servizio, e questo contribuisce a generare squilibri e macroproblemi a tutti i livelli.

Inviti e proposte concrete

Da questo breve quadro invito ad approfondire questi temi leggendo le numerose riviste “Donne e Ragazzi Casalinghi” (in particolare la collana “Maschi alla ricerca di sé”) uscite negli ultimi anni, e di seguito faccio partire alcune proposte da vivere – a partire da me stesso – che metto a disposizione di gruppi, associazioni e singole donne e maschi.

– Corsi-laboratori permanenti di educazione sessuale. Da organizzare autonomamente dalle istituzioni, in modo che ognuna/o abbia la possibilità di conoscere sia tutto quanto è stato ricercato e teorizzato nel passato, da quello remoto a quello recente, sia aggiornarsi sulle mille scuole di pensiero e pratica esistenti. Ciascuna/o poi ne trarrà le conseguenze e farà le sue scelte. In questi corsi, accanto alle proiezioni di film-cineforum, mostre, diapositive, narrazioni, gruppi di auto-coscienza, ecc., occorre per esempio chiamare ad esporre sia chi vive il credo religioso, sia gli eterosessuali, sia gli omosessuali e le lesbiche, per avere un quadro complessivo e sempre in crescita della consapevolezza della sessualità (“Uomini e sesso” di “Donne e Ragazzi Casalinghi”).

– Corsi-laboratori permanenti di educazione sentimentale e all’amore. Idem come sopra, chiaramente uniti a una visione storica – penso ai tanti libri usciti in materia. Sia approfondire tramite i romanzi, le lettere d’amore e di amicizia, i film, tutte le problematiche legate ai sentimenti e all’amore, sia tra eterosessuali che omosessuali, e le possibili forme di convivenza o meno: amore coniugale, amore itinerante, ecc.
Vorrei ricordare che il gruppo di Vivere con Cura si è ispirato al Tiaso di Saffo, dove si praticava una vita pacifica e conviviale, in armonia con la natura. Il Tiaso era dedicato alla dea Venere e l’amore, chiamato da Saffo “la bestia dolce-amara”, era ritenuto una condizione particolare che se gestita da una persona non preparata a viverlo poteva diventare distruttivo e autodistruttivo – in particolare accade che le donne implodono, mentre i maschi esplodono, con le conseguenze che conosciamo: ecco perché ritengo fonda- mentale questo corso, in modo tale che si sia preparati quando accade (v. “Il gioco dell’amore” di “Donne e Ragazzi Casalinghi”).

– Corsi-laboratori di conoscenza, espressione, cura e benessere del corpo. Tramite la conoscenza e la pratica delle tante tecniche di rilassamento e ginnastiche dolci elaborate in oriente e occidente: yoga, massaggi, ecc.

– Per questi tre corsi-laboratori sopra citati (sessualità, sentimenti e corpo), propongo che nascano comitati o circoli permanenti per la loro promozione, dedicati a due o più donne uccise da maschi violenti.

– Mi viene in mente che durante la Rivoluzione Russa le donne bolsceviche erano solite parlare liberamente di sessualità e amore con i giovani, ma Lenin proibì questa pratica dicendo che erano discorsi da “lupanare borghese”. La proposta è che questa pratica invece torni ad essere prioritaria e che non siano più considerati discorsi ‘di costume’, bensì essenziali.

– Corsi di cultura delle donne. Perché quello che è stato prodotto dalle donne è stato cancellato, banalizzato o travisato. E quindi occorre che ciascuna/o sappia quanto invece è stato realizzato, in particolare per ciò che riguarda le società gilaniche dell’antica Europa Neolitica, in cui il corpo, la materia e la sessualità erano sacre come il corpo femminile, e c’era una sapienza nel viverla. Lo stesso si può dire del sapere delle streghe e delle donne negli ultimi trent’anni. Per approfondire invito a leggere l’articolo inserito nelle pagine seguenti sulla simbologia di maiali, scrofe e gorgoni in relazione alla guerra e alla violenza sessuale, che ho distribuito in occasione della manifestazione di Vicenza contro l’ampliamento della base militare.

– Contestazione dei miti patriarcali. In particolare il mito del genio e della realizzazione nelle opere: per questa impostazione infatti vengono strumentalizzati corpi, rela- zioni e l’amore. Lo strumento più radicale ed efficace è che ciascun maschio agisca solo o sempre più nell’ambito della cura, facendo il casalingo ad una o più donne.
Inoltre la contestazione pacifica, fantasiosa e auto-ironica dei piccoli e soprattutto dei grandi eventi del genio, per esempio contro alcuni simboli: la Ferrari e le corse automobilistiche, gli sport, i saloni delle auto e delle moto, le mostre degli artisti, i concorsi di bellezza, ma anche i matrimoni dei “vip”… Uno dei modi di contestazione deve avvenire portando i lavori domestici da fare in piazza e in tutti i posti di riunioni, intellettuali e non.

– Feste tutte le settimane (per esempio il sabato sera) per ricordare ogni volta una donna vittima della violenza. Tracciarne il profilo, ricordare il suo desiderio di vivere (e dedicarle appunto una festa), unito al profilo della vita del carnefice per cercare di capire sempre più cosa accade nella testa e nella vita di un maschio apparentemente normale. Propongo anche di fare un calendario alternativo di queste moderne fate-streghe, torturate dall’ideologia patriarcale del disprezzo e dominio.
– Manifestazioni con cortei in tutte le città e paesi su questi temi. Possibilmente con una camminata-maratona che a piedi tocchi tutti gli angoli d’Italia e del pianeta, e all’arrivo in ogni città o paese si facciano incontri, massaggi (con lo slogan: “Facciamoci i massaggi, non la guerra!”) e festa con balli e danze (mi piace l’idea che un gruppo in Lombardia si chiami Balldanza, mettendo insieme i balli e le danze, chiaramente a partire da quelli delle popolazioni e culture più pacifiche, come ad esempio la Polinesia), costruendo in concreto una vita conviviale. Hannah Arendt diceva che il problema principale della società attuale è lo sradicamento, tanto che troviamo spesso single in crisi e famiglie allo sbando, mentre costruendo una rete di relazioni, partendo dalla piazza, dall’incontrarsi, come avveniva durante il matriarcato, può essere un modo per ovviare a situazioni di individualismo estremo o di legami familiari soffocanti.

– Come ho detto prima, questa società spinge o ad avere una sessualità strumentalizzata all’avere dei figli, come impone la Chiesa, oppure come diceva Pasolini, al consumismo sessuale; per contrastare questi comportamenti estremi, mi chiedo se non sia il caso di lanciare una proposta provocatoria, ovvero la parola d’ordine dello “sciopero del coito”? Un po’ come accadde negli anni ’70 a Napoli con il gruppo delle femministe Nemesiache, che proposero lo “sciopero della maternità”, al quale risposero molte donne che si sentivano ossessionate dall’idea comune che si era complete e realizzate solo se madri.
Se vogliamo considerare l’imparare a gestire le relazioni un po’ come imparare a guidare un’auto, propongo che ci sia una sorta di “patentino” che venga rilasciato a un maschio da una donna, che certifichi il suo percorso di consapevolezza e l’avvenuta sapienza-conoscenza.

– Come avveniva nelle antiche società matriarcali, ripristinare la pratica del “Re di un anno”, in cui una volta all’anno si ricontratta il rapporto d’amore, che possibilmente non andrebbe vissuto sotto lo stesso tetto; oppure fare come avviene tutt’oggi in alcune zone dell’Africa, dove sono due donne a sposarsi e convivere, ma non perché lesbiche, bensì per sostenersi a vicenda.

– Infine propongo di istituire una sorta di “Tribunali dell’amore”, su modello della società medioevale, dove se c’era un problema di carattere personale se ne discuteva in piazza pubblicamente – basti ricordare le Trovatore che nel XIV sec. andavano tra la gente a cantare storie d’amore. Oggi invece accade che si vivano queste problematiche in isolamento oppure le si subisce in modo passivo guardandole in televisione.

Antonio, Gennaio 2007

* Preferisco scrivere ‘ginocidio’ anziché ‘femminicidio’ perché il termine ‘femmina’ ha un connotato negativo in quanto deriva da ‘foe minus’, ovvero ‘qualcosa di meno’.

Nota dell’autore: questo testo è la trascrizione di una conferenza da me tenuta a Triora, pertanto mi scuso per eventuali errori e ripetizioni, che ho preferito lasciare.

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