1 Giugno 2005
"Uomini in cammino" n. 4

Un po’ di luce sul mio 2005

Beppe Pavan

Finalmente ci sono andato. Per la prima volta. Ad Asolo. Al convegno organizzato
dall’associazione “Identità e Differenza”. Il tema: “Donne e uomini per un nuovo orizzonte simbolico: amore, conflitto e azzardo politico”. Ci sono andato perché da qualche anno lo desideravo e perché, soprattutto, avevo bisogno di farmi aiutare a capire.
Così non parlerò tanto degli scambi intervenuti ad Asolo, tra le donne e gli uomini presenti, quanto del senso di Asolo per me, all’interno di un 2005 che mi stava caricando di domande a cui andavo cercando risposte.
Conflitto sugli ordini simbolici Le prime due domande mi sono state poste con chiarezza purissima durante il percorso di avvicinamento alle giornate dei “Pensieri in piazza” a Pinerolo. Un’amica mi ha invitato a coinvolgermi in un gruppo misto sulla differenza di genere e di generazione, accompagnando l’invito con ampi riconoscimenti al cammino fatto negli anni dal e nel Gruppo Uomini. Salvo poi chiedersi, perplessa, quale differenza ci sia tra me e Ratzinger quando proclamo il mio personale riconoscimento dell’autorità femminile e del senso vitale che ha, per la mia vita e per quella del mondo, l’ordine simbolico della madre e la necessità di traghettarmivi, abbandonando con consapevolezza e riconoscenza quello del padre, il patriarcato.
Alla Libreria delle Donne di Milano, nel viaggio verso Asolo, una donna ha invitato gli uomini a “restare nell’ordine del padre: in quello della madre ci siamo già noi”; mentre un’altra ha riflettuto sul fatto che “far riferimento a un ordine simbolico preciso fa parte della nostra vita, anche inconsapevolmente”, e che “le donne violente fanno parte dell’ordine simbolico patriarcale”. Illuminante mi è sembrata l’affermazione che “l’ordine simbolico della madre è l’ordine della relazione, non
dell’amore” e così, forse, sono riuscito a capire e sentire mio fino in fondo l’intervento di Lia Cigarini: intanto ha sostenuto che “ci sono solo due ordini simbolici” e poi ha invitato a “non teorizzare sugli uomini da parte delle donne: ascolto, partire da sé e relazione sono pratiche preziose per donne e uomini; è importante che siano sentite necessarie anche da uomini”.
Con Lia ho ripreso il tema anche ad Asolo; in questo credo di continuare a individuare una differenza tra me (e gli uomini in cammino) e Ratzinger: lui riconosce a parole il valore delle donne e il senso del femminismo, ma resta saldamente ancorato alle pratiche del dominio patriarcale. E’ possibile “ricostruire una virilità positiva”, come chiedeva Marirì, senza uscire dall’ordine simbolico patriarcale?
Per andare dove? Alla ricerca/costruzione di un nuovo ordine simbolico maschile, in cui gli uomini vivano in cerchio e non al centro? Praticando l’ascolto, il partire da sé e la relazione? Anche noi siamo figli di donna: perché non riconoscere valido anche per noi l’ordine simbolico della madre, sapendo che non significa rinunciare alla maschilità, ma cercare di forgiarne una più idonea alla costruzione di quell’altro mondo possibile? Mi sembra una diversa formulazione dell’orizzonte che ci è
stato proposto ad Asolo. Io continuo a desiderare di poter approfondire questo “tema”; per questo mi auguro che qualcuno/a abbia voglia di comunicare e scambiare il proprio punto di vista, magari proprio su questo foglietto.

 

Scimmiottature
La seconda obiezione mi è stata sollevata, sempre nel gruppo “differenza”, da una donna che ha sentito le cose che andavo dicendo e il linguaggio che usavo come una “scimmiottatura delle donne da parte di uomini”. Più o meno quello che ha detto un’altra donna a Milano, chiedendoci di “non svilire la mascolinità: la donna non vuole la fotocopia di se stessa”.
Sinceramente, penso che cercare di migliorare il mio modo di stare al mondo, imparando l’ascolto e la pratica delle relazioni, fatte di convivialità e rispetto, partendo da me in ogni cosa e togliendomi dal centro… sia un cammino conveniente e necessario: per me e per il mondo, per le donne e per tutte le creature che incarnano differenze rispetto a me. Restando uomo e cercando, anzi, di migliorare
la mia maschilità, difficilmente diventerò una fotocopia di donna… E la scimmiottatura? Forse ci sono donne a cui dà fastidio sentire uomini che usano le parole e il linguaggio che loro hanno inventato e creato… per “rimettere al mondo il mondo”. Di cui anche noi uomini facciamo parte: anche noi dobbiamo ri-nascere.
Ma se il linguaggio patriarcale appartiene all’ordine simbolico che stiamo cercando di abbandonare… dovremmo forse dedicarci all’invenzione di un linguaggio neo-maschile? Anche noi uomini nasciamo e cresciamo con la lingua materna: credo che possiamo diventare uomini ricostruendo “una virilità positiva”, riconoscendo valido anche per noi l’ordine simbolico della madre, a cui appartiene anche quel linguaggio. Condannare l’uso, da parte maschile, delle parole delle donne non può essere
una “teorizzazione sugli uomini da parte delle donne”, come sconsigliava Lia Cigarini?

Mediazione
Ad Asolo c’era anche Clara Jourdan ed è stata lei, con una semplicità disarmante, a farmi capire che cosa intendono le donne che a volte ci dicono di essere stufe di farci da madri. Questo è un “ritornello” che si ripete ogni volta che qualcuno del Gruppo Uomini esprime il desiderio di incontrare donne che ci aiutino a capire, ad esempio, la storia e il senso del femminismo oppure temi specifici come l’ordine simbolico della madre o il pensiero della differenza, ecc.. Succede quando qualcuno
(spesso sono io, lo confesso) usa questi termini dando per scontato che tutti ne capiscano il significato.
E di fronte alle domande di chiarimento o al desiderio di approfondire o, semplicemente, di conoscere, spesso ci sembra più conveniente chiedere direttamente alle donne di raccontarci, spiegarci, aiutarci a conoscere e capire. E loro ci rispondono: “Basta con il maternage!” che vuol dire:
“Svegliatevi, uomini: datevi da fare, cercate per conto vostro, cercate voi le risposte alle vostre domande, le informazioni e le conoscenze di cui vi scoprite carenti e desiderosi”.
Ecco, questo ho capito da Clara: che la mediazione tra uomini vuol dire leggere, ricercare, parlarne tra noi, faticando il giusto per trovare le risposte, senza chiedere continuamente alle donne di aiutarci. Quello che sembrava un atto di umiltà (riconoscerci carenti e bisognosi) può essere, in realtà, un atto di pigrizia, molto coerente e “in linea” con la maschilità. L’invito che ci viene dalle nostre
donne è a continuare a camminare in autonomia e responsabilità, a crescere verso una maschilità più autentica e positiva.

Convivialità
Mi sembra di intravvedere, su questa strada, almeno due grossi sbocchi positivi.
Il primo è rappresentato dalla possibilità, per noi uomini, di sentirci e viverci alla pari con le donne, nella misura in cui su tutti questi “temi” acquisiremo conoscenza e capacità di un nostro personale punto di vista. E il confronto, il dialogo, lo scambio sarà possibile, non in una relazione gerarchica di allievo/maestra, ma in una relazione conviviale tra uomo e donna, in cui anche il conflitto può essere agito guardandosi negli occhi e scambiandosi parole e gesti di profonda sincerità.
Il secondo è la possibilità di chiedere alle donne di stare in relazione di ascolto e di dialogo con noi senza tranciare giudizi, perché la verità è ricerca e non la possiedono neppure loro.
Ce n’è un terzo: la possibilità di cercare in gruppo, rispettando anche le differenze di capacità intellettuali e di bagaglio culturale e scolastico. Qui cerchiamo di cambiare in meglio il nostro personale e collettivo modo di stare al mondo; non stiamo facendo a gara per vedere chi è più preparato e sa usare le parole più forbite. L’attenzione maggiore deve andare alla crescita collettiva, abbandonando
consapevolmente ogni tentazione di competizione.

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