26 Aprile 2007
il manifesto

Una scuola da film Fantasia al potere, non ci sono soldi

All’Itsos, istituto tecnico «speciale» della periferia milanese, i fondi per supplenze e laboratori sono sempre meno, ma i ragazzi studiano cinema, fotografia e informatica. E imparano a parlare con le immagini.
Sara Farolfi

Studenti che maneggiano macchine fotografiche e telecamere. Professori che girano tra i corridoi, sotto le braccia una mazzetta di dvd. «Matrix», «Les amants diaboliques», «Umberto D», impilati sulla cattedra. Milano sembra lontana, a guardarla da qui. Corvetto, estremo sud, qui si trova l’Itsos, istituto tecnico statale con specializzazione in tecniche multimediali. A guardarlo sulla cartina geografica, in quello spazio limite, dove le linee geometriche della città iniziano a diradarsi, dilatandosi in spazi più ampi. Dove il verde e marrone dei campi prende spazio tra il grigio delle costruzioni. Oltre 800 studenti, e più di 100 professori, uno stabile enorme. Anche «la scuola» sembra lontana da qui. Quella scuola di cui oggi si fa un gran parlare, tra «bulli» in classe e «fannulloni» in cattedra. Al termine di una giornata trascorsa con loro, viene il dubbio di non averci capito un bel nulla. E «la scuola», più si avvicina nelle conversazioni con professori e studenti, più sembra lontana dalla rappresentazione con cui il discorso pubblico la ritrae.

 

Una scuola «speciale»
I ragazzi non leggono, e sono ossessionati dai problemi di identità sessuale, qui come altrove. Nelle prime capita di vedere immigrati, sempre più frequenti come presenza in classe, che fanno il saluto romano: del fascismo sanno poco o, più spesso, nulla. «Vivono male la scuola, ma non protestano» dice Luigi Fagioli, generazione ’68, che all’Itsos insegna psicologia. Anche qui, i professori si ammalano e le professoresse vanno in maternità. Assenteismo? «Usufruiscono semplicemente dei loro diritti» risponde secco il preside della scuola, Salvatore Simone.
E i fondi scarseggiano, anche qui come in tutte le scuole pubbliche del paese. C’è il problema delle supplenze, del mantenimento di tutti i laboratori attivati, e via dicendo. Anche qui, dove la retta scolastica non è obbligatoria, i genitori, quando possono, danno una mano. Solo formalmente ormai l’Itsos è una scuola «a ordinamento speciale», partorita all’inizio degli anni Settanta con decreto del Presidente della Repubblica. Scuola sperimentale, nata insieme ad altre per elaborare quella riforma nazionale delle scuole medie superiori mai applicata, e che da sempre ha potuto usufruire di fondi pubblici superiori alla media. Ma i tempi di vacche grasse, come si dice, sono finiti. E oggi l’Itsos è, come tutte le scuole, un agglomerato fitto di problemi, tra tentativi di soluzione, qualche successo e «clamorosi fallimenti». Un mondo di relazioni complesse, a cui le semplificazioni non possono che fare torto. «Lo specchio della società» si diceva in tempi non lontani.

 

Mi piace…non mi piace
«Il favoloso mondo di Amélie» ha avuto in classe un successo strepitoso. In quarta ne è nato, nelle ore di cinema, «A me piace…non mi piace», laboratorio in cui i ragazzi realizzano piccoli documentari di pochi minuti, raccontando di sè o di amici. Linda, che da grande vuole fare la giornalista, ha filmato la sorella ventiduenne, che adora stare sul divano davanti alla Tv a mangiare (da vedere). E ha già messo il suo piccolo lavoro su Internet. All’Itsos, come in generale negli istituti tecnici, l’aspetto laboratoriale è molto forte. Alle classiche lezioni frontali, si aggiungono quelle pratiche di cinema e Tv, fotografia e grafica, informatica, e informatica digitale. Gli studenti, con il numero di stranieri che aumenta di anno in anno, provengono un po’ da tutta Milano, ma anche da fuori, perché se vuoi studiare cinema, grafica o fotografia, non ci sono molte alternative.
La biblioteca, vicina all’ingresso della scuola, è «stranamente» piena di studenti. «I ragazzi non leggono, persino il fumetto è difficile per loro» rettifica subito Michele Corsi, professore di Cinema e attivista di Retescuole. Dalla biblioteca scelgono invece dvd da guardare a casa e di cui poi devono scrivere una scheda. «Allenano il cervello al piacere del film – continua Michele – E così facendo, imparano anche a cogliere dati nel flusso di informazioni».
Gli studenti dell’Itsos conoscono alla perfezione l’ormai famigerato You Tube. Come tutti i giovani, quello dell’immagine e del video è il linguaggio che consumano di più. «Usano sempre meno parole – dice Michele – Sono voraci di televisione anche se poi la disprezzano». Gli chiedi del Grande Fratello. E forse in tanti lo guardano, ma nessuno di loro, alla domanda, alza la mano. Dicono invece di guardare Studio Aperto, per poi aggiungere che «fa schifo, ma il Tg1 è troppo palloso».

 

Quattro conti
«Tagliare i fondi, significa mettere in crisi questo tipo di didattica – dice Luigi – E se ci tagliano i laboratori, che dall’anno scorso sono stati estesi anche agli studenti di prima e seconda, non è che improvvisamente facciamo un liceo». L’Itsos è stata una delle scuole in prima fila nella battaglia contro la riforma Moratti degli istituti tecnici (che prevedeva una polarizzazione tra la «licealizzazione» e il «professionale spinto», poi congelata). «Scuole ponte, per una maggioranza di studenti entrata in conflitto con il sistema scolastico» le definiscono Luigi e Michele. Quelli che escono dalla terza media marchiati «non hanno tanta voglia di studiare», poi magari, dopo la maturità, vanno all’Università. Negli anni, i fondi pubblici sono andati progressivamente diminuendo. «Soltanto per l’anno scorso la riduzione è stata pari circa al 40%, e quest’anno abbiamo il problema delle supplenze», dice il preside Simone. Anche perchè, da quest’anno, i supplenti potranno essere chiamati soltanto se l’assenza del professore o della professoressa è superiore agli 11 giorni. +I conti li facciamo con Giovanna Avanzo, dirigente amministrativa facente funzione. «Solo per le supplenze, l’anno scorso la scuola ha speso 115 mila euro netti, anticipati e poi rimborsati dallo Stato», spiega. Da quest’anno, i fondi arriveranno direttamente alle scuole a scadenza quadrimestrale, senza transitare per l’Ufficio scolastico regionale. La scuola anticipa, ma non c’è certezza del rimborso statale. Complessivamente, la cifra a disposizione della scuola ammonta quest’anno a 241 mila euro. Comprensiva di tutto: 170 mila euro, che sono vincolati come Fondo di istituto (per le spese cioè del personale docente e per tutte quelle attività extra insegnamento). Il resto, 70 mila euro, dovrebbe servire a coprire le spese per gli esami di maturità, la revisione contabile della scuola e, infine, le supplenze. «Per le quali – continua Avanzo – dovremmo disporre di circa 15 mila euro, poi possiamo anche spenderne di più ma non è sicuro che ci vengano rimborsati». Tutto il resto resta fuori, e a pesare, all’Itsos, sono soprattutto le spese per il rinnovamento delle attrezzature. Le quote di iscrizione all’Istituto, da quest’anno sono aumentate: 100 euro all’anno per gli alunni del biennio, e 175 per quelli del triennio. «Fermo restando però che, se per reddito una famiglia non può permetterseli, le quote non sono obbligatorie» conclude Avanzo.

 

Non è solo questione di soldi
«La poesia è di chi la scrive», è un altro laboratorio in cui i ragazzi dell’Itsos si cimentano: scelgono una poesia a piacere, e poi devono trovare musica e immagini da accostarle. Le classi sono di 27 studenti, ma la Direzione scolastica di Milano parla, da quest’anno, di classi di 31 o 32 studenti. «Già con 27 alunni è difficile – commentano quasi all’unisono Luigi e Michele – Con 32, come si fa a insegnare?». I tagli economici sono comunque solo il sintomo – sono convinti i due professori – La malattia è l’abbattimento completo di un progetto sociale condiviso. «Negli ultimi anni – dicono – la situazione è diventata ingovernabile, e parte del problema è che anche gli adulti sono cambiati: le famiglie saltano perchè pagano costi altissimi di ristrutturazione sociale e questo non può non avere conseguenze sui ragazzi».
«E poi – domandano – che cos’è un insegnante?». «Da sempre c’è il problema della formazione del corpo docente, e la scuola è sempre meno il luogo della formazione del sè, e sempre più, maldestra trasmissione di techne, che sia greco o cinema». Non tirano in ballo i magri stipendi, Luigi e Michele, «tanto a questo ormai siamo abituati». Preferiscono parlare degli studenti, che vedono e ascoltano ogni giorno. «I ragazzi stanno sempre peggio, ma il loro è un disagio spoliticizzato. Il mondo degli adulti a loro fa orrore, gli è estraneo, gli è difficile proiettarsi». «Vivono in uno stato di rimozione permanente, consumano tutto in fretta, ma senza possibilità di identificazione, e lo sforzo che facciamo noi è quello di provare a costruire una qualità della relazione, che consenta lo scambio dell’esperienza». Tentativi, sperimentazioni. Tra qualche successo e clamorosi fallimenti. All’Itsos i ragazzi non leggono libri, ma producono filmati. Un’isola felice, nella giungla di questa nuova generazione che sembra spaventare tutti con la sua interattività? Più probabilmente, una scuola che fa «la scuola», e con il linguaggio per immagini dei ragazzi ci fa i conti e lo valorizza. Una scuola che, come tante, deve farsi carico di tutto. Consapevole di essere «specchio della società».

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