Orsola Casagrande
Ha la voce squillante Cinzia Bottene, anche se è una di quelle che ha occupato per tutta la notte la basilica palladiana e quindi che «non ha dormito». Scherza questa signora diventata tra i volti più noti della protesta contro la nuova base militare che gli americani, con il placet del governo Prodi, vorrebbero costruire al Dal Molin. «Dovevamo fare qualcosa di eclatante – dice Bottene – per tornare a far parlare di noi. C’è una pesantissima lastra di cemento posta sopra la questione Dal Molin a dimostrazione del fatto che il problema scotta». Che scotti e sia destinato ad esplodere ancora una volta lo dimostrano anche le dichiarazioni delle deputate dell’Unione di ritorno dagli Stati uniti, dove hanno svolto un tour per spiegare ai politici Usa perché Vicenza non vuole la base.
«Il governo italiano – dice Luana Zanella dei Verdi – ha ancora la possibilità di trattare amichevolmente con l’amministrazione Bush sul raddoppio della base, perché il Congresso non ha ancora dato il voto definitivo agli stanziamenti per le basi americane nel mondo». La lastra di cemento di cui parla Cinzia Bottene dunque comincia, grazie ai vicentini, a creparsi. Non è vero come continua a sostenere il premier Romano Prodi che la «decisione è stata presa e non c’è più nulla da dire». Le deputate sostengono che si può e si deve ridiscutere. Lo ripete Deiana, «La partita è ancora aperta: i margini per rivedere la decisione, se vuole, il governo italiano ce li ha». I cittadini che hanno occupato la basilica e che ieri hanno nuovamente manifestato per le vie del centro lo hanno sempre sostenuto. «Noi non molliamo». Lo slogan del movimento no Dal Molin, «resisteremo un minuto di più» è dunque più attuale che mai. La domanda, che si facevano ieri molti cittadini, è un’altra, «i politici, anche alla luce del viaggio in Usa, sapranno resistere un minuto di più?» Le deputate italiane dicono che «i membri del congresso Usa non erano molto contenti di sapere che a Vicenza c’è in atto una rivolta. Non avevano molte informazioni». Nei prossimi giorni faranno interrogazioni e chiederanno al governo di riaprire la partita. Intanto i cittadini, come dice Francesco dell’assemblea permanente «continueranno per la loro strada». Che passa anche attraverso l’occupazione della basilica palladiana di mercoledì. Gli occupanti sono usciti quando, ieri sera, è arrivato il corteo di oltre mille persone partito da piazza Matteotti. In corso nell’edificio di fronte il consiglio comunale. Anche questa volta «disturbato» dal chiasso delle centinaia di cittadini che si sono riversati in piazza. La partecipazione della città è sempre alta. Non appena si è sparsa la voce che un gruppo di cittadini del presidio era entrato nella basilica palladiana, la piazza ha cominciato a riempirsi di gente. Sono arrivati quelli degli altri comitati contro la base, il mondo dell’associazionismo, cittadini contrari alla ulteriore militarizzazione della città. In un attimo sono state allestite mostre fotografiche per ribadire il perché del no alla nuova base. La piazza si è trasformata in una sorta di palcoscenico dove si sono esibiti per ore giocolieri e acrobati, si sono tenuti piccoli comizi improvvisati, si è volantinato sempre mantenendo, grazie ad un impianto di amplificazione montato davanti alla basilica, il contatto con gli occupanti all’interno dell’edificio del Palladio. Il sindaco Enrico Hullweck ha cominciato a tuonare contro i cittadini autori della protesta che ha definito facinorosi, chiedendo l’intervento delle forze dell’ordine. Ma il questore di Vicenza ha preferito evitare sgomberi. Ieri mattina verso le 6.30 invece, gli occupanti della basilica hanno potuto assistere ad una esercitazione dei militari americani.
In piazza dei Signori una squadra di soldati ha svolto la sua ginnastica mattutina. Vista non insolita, dato che i militari della Ederle escono ogni mattina per i loro esercizi. Alcuni sono in maglietta e pantaloncini grigi, ma ci sono anche le squadre in divisa, elmetto e zaino in spalle. «Neanche fossimo a Baghdad», dice Marco Palma del presidio permanente che conferma che «la ginnastica in centro la fanno soltanto da qualche mese, cioè da quando la questione Dal Molin è diventata oggetto della protesta dei cittadini». Una sorta di atto di sfida. Contrastato ogni mattina da un gruppo di cittadini del comitato contro la base di Vicenza est, che alle sei puntuale si piazza davanti ad una delle uscite della Ederle con striscioni che denunciano la guerra, oltre a dire no Dal Molin. «Oggi – dice Palma – la questione della nuova base è fortemente legata, da tutti i cittadini, al no alla guerra».
Una consapevolezza che è cresciuta nel movimento che respinge al mittente le accuse di localismo, o peggio di essere pronto a sbaraccare se solo la base venisse fatta qualche chilometro più in là.
20 Aprile 2007
il manifesto