Vita Cosentino
Guardai indietro, dicono, per curiosità,
ma potevo avere, curiosità a parte, altri motivi.
da La moglie di Lot di Wislawa Szymborska
Sento questo numero quasi una continuazione di un altro, recente, che proponeva Un passo indietro (VD 71) come una mossa pratica perché ci sia posto per l’altro e perché qualcos’altro possa capitare. Relazione, relativismo, relatività amplia e va al fondo, anche teorico, del crocevia a cui siamo, del cambiamento di cui siamo capaci. Cerca snodi per sottrarsi alla logica dei rapporti di forza, allo scontro di civiltà, al recupero di valori ingabbiati in una dottrina ufficiale; e propone la radice che è relazione e assieme parola scambiata per staccarci dai nostri assoluti e inventare/scoprire nuovi passaggi. E le due antropologhe che qui scrivono, Anna Paini e Maite Lorente, questo lo hanno vissuto alla lettera, mettendo le relazioni prima degli schemi della loro disciplina.
Sulla ricerca di passaggi simbolici Via Dogana si è interrogata spesso e qui vorrei richiamare tre pezzi che affidano e affondano le proprie riflessioni nella parte più dolorosa e tragica del ‘900. In La risposta di Etty Hillesum (VD 62) Annarosa Buttarelli si indirizza a pensare la possibilità di un universale non astratto. Attraverso l’esempio estremo del campo di smistamento di Westerbork vede Etty Hillesum capace di una mediazione che mantiene valore universale in quanto pensa ogni situazione come un assoluto che riunisce in sé il bene e il male e in cui con il proprio contributo e con la presenza viva e contingente dell’altro/dell’altra può accadere tutto il meglio possibile nel particolare. Allo stesso Diario si riferisce Chiara Zamboni per interrogarsi sul perché una pensatrice che ha un percorso religioso estraneo a chiese e dottrine introduca a un certo punto la parola Dio a indicare il silenzio interiore, il riposare in se stessi. Vede in questo un passaggio simbolico che ha a che fare con quel bisogno più femminile che maschile di collocarsi non tanto al centro quanto in una posizione seconda rispetto a qualche cosa d’altro e mantenere così una posizione relazionale. L’amore del mondo si traduce in scrittura e a questo allude il titolo Etty Hillesum. Quello che resta della vita (VD 48). Proprio attorno alla vita ragiona Una “filosofia di guerra” sulla vita (VD 10/11), in cui Laura Boella dapprima nota come nel ‘900 le guerre mondiali abbiano fatto venir meno il vecchio mondo con le sue tradizioni, i suoi valori e ogni riferimento trascendente, e abbiamo messo in primo piano la vita e la morte assolutizzandole; poi critica la posizione che da questo ricava Hans Jonas in Il principio responsabilità, vedendola come un’etica schiacciata su un valore minimo di esistenza-sopravvivenza che fa ricorso al modello patriarcale della famiglia; infine avanza la sua idea per cui la nascita corrisponde a livelli di esperienza che non sono in alcun modo riducibili a un povero e fondamentalmente disperato dir-di-sì alla vita.
Della vita, della nostra vita, si tratta. Nell’apertura a questo numero Luisa Muraro a un certo punto parla di quello che avevano in mente i poveri soldati in trincea scrivendo le lettere a casa, e dice che è il resto che è semplicemente la vita. Attorno a questo resto si dipana la seconda parte del numero. Con una discontinuità solo apparente donne scrivono di cucina, di scuola, di vite sofferenti in carcere… perché lì stanno e pensano, spesso invisibili, ma non per Via Dogana che lungamente ha raccontato e racconta il lavoro femminile della vita. Tra le tante possibilità di guardare indietro vi propongo di rileggere almeno: Le pioniere dlla condizione umana (VD 10/11), in cui Anna Del Bo Boffino, in polemica con il documento della diocesi di Milano Costruiamo il bene comune, sostiene che in questa epoca di cambiamento delle relazioni parentali tocca alle donne esplorare nuove condizioni umane in tutta la loro difficoltà, mentre quel messaggio continua ad appellarsi ai valori dell’etica ignorando la quotidianità della cura fatta dalle donne; L’arte della vita (VD 30), una lunga intervista che le Vicine di casa fanno a Leda Cossu, figlia, sorella, madre, operaia, delegata, impiegata, compagna dei morenti, amica della vita; e infine Carolina, Davide, Samuele e Alessandro. A scuola dai bambini e dalle bambine (VD 38/39) di Monica Benedetti che ci trasmette la sua scoperta: prima li vedeva come bestioline, poi ha cominciato a scorgere una modalità estremamente “seria” e competente di stare al mondo, da cui imparare.