11 Settembre 2002
Via Dogana n. 62

L’assoluto in una situazione. La risposta di Etty Hillesum

Annarosa Buttarelli

C’e’ una donna che ha lasciato una indicazione preziosa per affrontare la contraddizione che si disegna tra l’attaccamento femminile al contesto – che e’ anche una forma di amore per il contesto stesso – e il bisogno di pensare e di avere voce in capitolo sul mondo. La donna e’ Etty Hillesum, una che ha cercato di mettere in parole intensamente semplici un pensiero guadagnato tenendo i piedi ben saldi nelle vicende non certo facili della sua vita e del suo tempo. Era una colta ebrea olandese con la passione per la lettura e la filosofia, morta ad Auschwitz nel 1943, a 29 anni. Di lei restano quattrocento pagine di diario, scritte tra il 1941 e il 1943, e numerose lettere; una scelta di entrambe le raccolte e’ pubblicata in Italia presso Adelphi.
Scrive, in una lettera spedita dal campo di smistamento di Westerbork, intuendo lucidamente la fine che attendeva lei, i suoi cari, gli altri ebrei d’Europa: “Ogni situazione, per quanto deplorevole sia, e’ un assoluto che riunisce in se’ il bene e il male”. Il contesto prende qui un altro nome, piu’ crudo e intriso di necessita’: situazione, un nome che sottolinea, del contesto, il fatto che l’essere si trova situato, cioe’ deve fare i conti con la costrizione data dalla presenza reale di elementi che non dipendono dalla volonta’ soggettiva. Possiamo notare che fa entrare nel nostro ragionamento l’importanza della presenza simultanea di attivita’ e di passivita’: circostanze con elementi non scelti nelle quali puo’ entrare una scelta di liberta’ che consiste nello starci, nell’esserci ad occhi bene aperti e con la disposizione a far si’ che cio’ che e’ contingente metta al mondo qualcosa di significato e valore universali.

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