23 Giugno 2014

VD 109: Cara Maria, sei piena di pregiudizi… Cara Rachel, hai ragione…


Cara Maria, sei piena di pregiudizi… Cara Rachel, hai ragione…


di Sara Mori


Nel 1815 giunse ad Edgeworthtown, nella contea di Longford in Irlanda, una lettera dagli Stati Uniti diretta a Maria Edgeworth, che, all’età di 48 anni, ormai era considerata una scrittrice di buona fama apprezzata sia per le sue opere di pedagogia, scritte spesso a quattro mani con il padre Richard Lovell Edgeworth, che per i suoi già numerosi romanzi. Autrice della missiva era Rachel Mordecai, giovane donna del Nord Carolina impegnata anch’essa nell’educazione dei bambini. Il contenuto della lettera era stato soppesato più volte da Rachel che si era trovata nella difficile posizione di criticare una scrittrice da lei molto amata. Certa che una donna capace di dimostrare nei suoi testi tale sensibilità e acume potesse anche accettare delle critiche e anzi trovarne spunto, Rachel affida la lettera al fratello in partenza per l’Europa.

Quale era la fondamentale critica alla Edgeworth della lettrice americana? Quella di aver usato nei suoi romanzi lo stereotipo dell’ebreo malvagio e corrotto. Così era ad esempio in The Absentee, pubblicato nel 1812,dove un personaggio minore, Mr. Mordecai, casualmente ma con indubbia ironia lo stesso cognome della sua ammiratrice degli Stati Uniti, è rappresentato come un redivivo Shylock, l’odioso ebreo protagonista del Mercante di Venezia di Shakespeare. Rachel interroga Maria Edgeworth sul perché una scrittrice così acuta si sia lasciata ingannare dal pregiudizio  antisemita e la invita a riflettere sull’insensatezza di tali atteggiamenti. La scrittrice rimarrà molto colpita da queste critiche ed esortazioni e, nella cortese risposta, annuncia il desiderio di porre rimedio e di «fare ammenda per il passato».

L’osservazione della sua lettrice fu in effetti una vera e propria spinta per la Edgeworth a mettersi in discussione e a riflettere sulle opinioni, che purtroppo spesso capita di avere, basate più sulle convenzioni sociali e culturali che sulla reale conoscenza degli eventi e delle persone. Non deve essere stato semplice, anche per una donna anti-convenzionale e moderna come la Edgeworth, rovesciare stereotipi e pregiudizi radicati da secoli e sanciti anche dal genio incomparabile di Shakespeare. Il difficile percorso che la scrittrice decise di intraprendere fu proprio quello di scrivere un romanzo con al centro il tema degli ebrei e della società inglese del tempo e per fare questo studiò e si documentò moltissimo sull’universo giudaico, a lei pressoché sconosciuto.

Il risultato di questo lungo lavoro fu un romanzo breve che uscì nel 1817, Harrington. La storia, ambientata tra il 1753  e il 1780, è narrata in prima persona dal protagonista, Harrington appunto, che, traumatizzato nell’infanzia dalla balia che lo minacciava, per farlo stare buono, di consegnarlo allo straccivendolo ebreo, rimarrà vittima di una vera e propria fobia per gli ebrei. Gli incontri successivi, durante l’università e poi in età adulta, con ebrei buoni e tolleranti lo faranno ricredere tanto da innamorarsi di Berenice, figlia del suo “padre elettivo”, l’ebreo sefardita Mr. Montenero.

Appena letto il romanzo, Rachel Mordecai le indirizzò parole di ringraziamento; le due, scrittrice e lettrice, divennero corrispondenti assidue fino alla morte della seconda, nel 1838. Commentando lo stratagemma che la scrittrice aveva escogitato per far sposare senza troppi intoppi Harrington con Berenice, vale a dire il fatto che la ragazza fosse stata educata alla religione della madre, protestante, e non del padre (d’altronde la discendenza ebraica, si sa, è matrilineare), Rachel scrisse una frase di grande apertura mentale: «Se il cuore è sincero nella pratica religiosa e il comportamento è dettato da giustizia, benevolenza e moralità, i modi della fede e le forme del culto sono irrilevanti».

Parole profonde di una lettrice ammirata che si attende giustamente altrettante capacità e sentimenti dalla sua scrittrice, e le fa prendere coscienza, con cortesia ma anche con fermezza, del suo ruolo pubblico e dell’influenza che può esercitare sulla società per il progresso civile.

(Via Dogana n. 109, giugno 2014)

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