23 Giugno 2014

VD 109: E IN RISPOSTA I DUE PUNTI

Via Dogana n. 109, giugno 2014

E IN RISPOSTA I DUE PUNTI

 

vengano messi punti interrogativi,

e in risposta – i due punti:

Wislawa Szymborska

 

Intanto che franano tutti i vecchi valori con effetti disorientanti, prende respiro un cambiamento che sicuramente riguarda le donne o forse più le donne che gli uomini. Noi stesse vi siamo immerse e Via Dogana 109 cerca di dare parola a quello che, individuato e capito, può potenziarlo. L’intento principale del numero è di segnalare modalità di porsi e aperture relazionali. In prima evidenza l’accento è messo sulle pratiche di parola che ruotano attorno alla lingua che parliamo, con il suo potenziale di mediazione e di trasformazione. Questo era lo scopo del salotto aperto dalla russa Karolina Karlovna Jaenisch attorno al 1830, dove s’incontravano slavofili e filo occidentali, come racconta Laura Minguzzi. La forza trasformativa della relazione risalta anche nel carteggio tra la scrittrice Maria Edgeworth e una sua lettrice ebrea, che le fa prendere coscienza dei suoi pregiudizi (Sara Mori). In più articoli si ragiona sui rapporti tra femminismo radicale e istituti di rappresentanza e di governo, per accorciare le distanze, per mettersi a cavalcioni di un metaforico muro che divide, per attuare energiche irruzioni, per fare circolare autorità femminile.

In contrasto con quello che affermo in apertura, recentemente mi è capitato di notare una sorta di inconsapevolezza di sé e della propria esistenza trasformata, in donne (ma anche in uomini) che pure avevano intensamente desiderato questo cambiamento. Come se ne restassero fuori e indietro, senza signoria su quanto è già guadagnato e quindi senza la capacità di metterlo a disposizione con quella  fiducia che è orientante. Dimenticano che il cambiamento siamo noi (o non c’è cambiamento). Cercano traguardi fuori di sé. Si rifanno vecchi sbagli, come quello d’inzeppare un convegno con interventi predisposti, spegnendo così sul nascere la partecipazione libera. Mi fa pensare a un ritorno d’insicurezza femminile più che ai soliti meccanismi di potere.

A questo proposito ho trovato utile la lettura di Una vita tutta per sé (Moretti & Vitali 2014), un libro uscito per la prima volta nel 1934 e che non smette di essere ripubblicato. Quando Marion Milner, l’autrice, comincia la sua autoindagine, con «incursioni nel retroterra della mente», ha 26 anni, è laureata in Psicologia, è sposata, ha un figlio piccolo, si guadagna la vita con conferenze e ricerche. Sembrerebbe avere “tutto”, invece sente la sua vita monotona e insoddisfacente e ha l’inquietante sospetto di «una spaccatura tra conoscere e vivere». Comincia un cammino durato sette anni e scrive attenendosi il più fedelmente possibile alla sua esperienza personale e tentando di dimenticare quello che le era già stato detto. È un’autocoscienza in solitario. Vuole uscire da una forma mentis imperniata sul raggiungimento dei fini, sul ragionamento logico, sulla comprensione oggettiva. «Avevo certamente capito che frustavo continuamente la mia volontà ad affannarmi dietro traguardi senza fine, traguardi che in realtà non facevano che escludermi da ciò che veramente desideravo.» Con l’osservazione e l’espressione, scrive, «dovevo imparare a osservare il mio pensiero e a mantenere una vigilanza, non contro pensieri sbagliati, ma contro la negazione di essi. Significava che dovevo portare alla luce i miei pensieri e le mie sensazioni nella loro interezza». Ci sono vari modi di approcciare questo libro, io ne metto in rilievo la politicità in un’epoca in cui la soggettività è la chiave di volta della politica. L’autrice appunta il suo interesse sul cambiamento del pensare e fa delle scoperte significative per chi persegue una politica del simbolico. «Sperimentare il presente con tutto il mio corpo invece che con la capocchia di spilli del mio intelletto, mi aveva condotto a ogni genere di nuova conoscenza e contentezza. E dato che ciò che riempiva la mia mente quando ero rilassata, fluiva tanto più facilmente nell’azione, ho cominciato a vedere ogni sorta di possibilità possibili.»

Vita C.

(Via Dogana n. 109, giugno 2014)

P.S. I numeri arretrati e altri materiali possono essere ordinati in Libreria delle donne, tel. 02-70006265 e-mail info@libreriadelledonne.it, e tramite il sito www.libreriadelledonne.it

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