7 Marzo 2014

VD 82: Ovunque si decida


di Arianna Censi


I talenti delle donne sono una risorsa per l’intera collettività e possono rappresentare il vero punto di svolta per accelerare quel processo di progresso, rinnovamento e rilancio di cui il nostro Paese ha un grande bisogno.

Le donne sono portatrici di saperi diversi, di culture e competenze determinanti per sbloccare il sistema di un paese che, ancora oggi, sconta contraddizioni e ritardi molto forti nel raggiungimento di un equilibrio tra i generi.

Persone diverse, gli uomini e le donne, microcosmi infinitamente ricchi di orizzonti differenti, fatti da idee, sguardi, passioni e moti dell’anima che segnano esperienze diverse. Eppure, pur nel rispetto delle differenze tra i generi, esiste un punto di equilibrio nel riconoscimento dei diritti e delle capacità femminili al quale non possiamo rinunciare, per combattere quelle iniquità che impediscono alle donne di realizzarsi nel lavoro e nella propria dimensione personale, senza dover necessariamente rinunciare a se stesse.

Discriminazioni che sono generate da modelli culturali e che, a loro volta, generano stereotipi pericolosi, portatori di prevaricazioni sotterranee e visioni del mondo penalizzanti.

Le donne, dunque, con i loro talenti e le loro capacità sono un volano essenziale per la crescita economica e sociale del Paese, ma anche per la costruzione di un luogo dove il riconoscimento dei diritti individuali e collettivi non sia più negato a nessun individuo, alle donne come agli uomini.

Portatrici di valori differenti, quanto essenziali, le donne possono determinare quel rinnovamento così necessario delle leadership che guidano il Paese: dalla politica all’economia, al mercato del lavoro, così come nella sfera della cultura, della ricerca e dei saperi. È necessario costruire un mondo più equo, dove il potere non sia a vantaggio di pochi uomini, ma una possibilità di progresso per tutte le cittadine e i cittadini.

L’innalzamento della soglia di partecipazione delle donne in tutti i settori della società non è un tema ancorato a una rivendicazione, ma il compimento di una reale democrazia.

Un paese senza donne nei luoghi strategici e decisionali non potrà mai cogliere le opportunità di progresso che arrivano dalle cittadine e dai cittadini, quelle spinte di cambiamento che invertirebbero la rotta, eliminando gli ostacoli nel processo della democrazia.

In Italia, esistono percentuali spaventosamente basse rispetto alla presenza delle donne nella politica e nelle istituzioni, nei Cda delle aziende, nelle progressioni delle carriere all’interno delle professioni, dove –a parità di competenze e capacità rispetto agli uomini- solo lo 0,8% delle dipendenti accede a posizioni manageriali. Siamo fanalino di coda in Europa e nel mondo: siamo al 59esimo posto nella graduatoria della rappresentanza politica femminile e al 40esimo per l’eguaglianza tra i sessi, nel giusto riconoscimento economico del lavoro femminile, nell’accesso al mercato del lavoro e nella qualità della vita delle donne. Uno degli obiettivi stabiliti dagli Stati membri dell’Europa è la presenza del 25% di donne nei posti di responsabilità: nella politica, nelle istituzioni, nell’economia e in tutti i luoghi di potere.

Non mi interessano le quote, credo invece siano necessarie delle norme transitorie –come lo è il principio del 50&50 proposto dall’Udi- in grado di abbattere tutte quelle discriminazioni che rallentano il rilancio dell’economia, della società, della democrazia. Provvedimenti che vanno nella direzione dell’articolo 51 della Costituzione, secondo il quale tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.

Lo scorso 2 giugno, l’Udi ha dato il via alla raccolta di firme “50&50” per una proposta di legge di iniziativa popolare basata sul principio di un accesso più equo delle cittadine e dei cittadini ovunque si decida, per cambiare concretamente il Paese, superando ogni forma di disuguaglianza di genere, discriminazione e stereotipi culturali che ne minano un equilibrato sviluppo.

Trovo che questa proposta possa forzare un sistema che continua a frenare la rappresentanza femminile, non solo nelle assemblee elettive, ma in tutti i luoghi dove si assumo le decisioni strategiche per il Paese e dove è rilevante portare nuove competenze, le capacità e le risorse delle donne. Penso ai consigli di amministrazione delle aziende pubbliche e in quei luoghi dove si decidono gli investimenti strategici per lo sviluppo del nostro paese, come ad esempio in materia di acqua, ambiente, qualità della produzione.

Credo sia questo il tempo per cambiare, mettendo a disposizione della società i talenti delle donne e la loro voglia di politica, per poter rafforzare la democrazia del nostro Paese.

(Via Dogana n. 82, settembre 2007)

Print Friendly, PDF & Email