14 Marzo 2016
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Donne & Lavoro Nord-Sud sono sempre più lontani

di Linda Laura Sabbadini


Negli ultimi venti anni le donne hanno rappresentato la componente più dinamica e innovativa della società, quella che è cambiata di più, modificando la società stessa. Ma per decenni, insieme ad anziani e bambini, sono state invisibili nelle statistiche ufficiali. Invisibili, perché gli Istituti nazionali di statistica sono stati tradizionalmente economicocentrici. Se, infatti, il focus delle politiche era unicamente circoscritto a quelle economiche, analogamente, poco spazio veniva dato alle statistiche sociali e all’approccio di genere. L’attenzione era concentrata essenzialmente sul Pil, sulla popolazione attiva, soprattutto quella inserita nel mercato del lavoro, e costituita da uomini adulti; i bambini erano analizzati solamente in quanto nati e studenti, gli anziani come percettori di pensione, le donne come maggioranza della popolazione inattiva. Per molto tempo insomma, è stato dato poco spazio ai soggetti in quanto tali, come portatori di bisogni specifici, e alla qualità della loro vita.

Svolta
Nel quadro di una grande svolta a favore dello sviluppo delle statistiche sociali, a partire dagli anni 90, l’Istat ha investito sulle statistiche di genere, mettendo a disposizione un patrimonio informativo sempre più ricco e fondamentale per la progettazione di politiche di genere che ha fatto del nostro Paese una punta avanzata nell’applicazione della Piattaforma di Pechino. È proprio alla Conferenza mondiale delle donne di Pechino che, nel 1995, l’Italia si presenta con il volume Istat «Tempi diversi». Seguito nell 2004 da un nuovo rapporto e al quale si aggiunge oggi il nuovo volume «Come cambia la vita delle donne».

Sono passati venti anni, sono tanti, il patrimonio informativo si è molto arricchito: su molti temi non abbiamo la possibilità di fare confronti di lungo periodo come nel caso degli stereotipi di genere, delle donne migranti, delle rinunce e delle discriminazioni delle donne, della violenza di genere. Come cambia la vita delle donne descrive le trasformazioni del vivere delle donne e i principali mutamenti che conoscono nelle varie fasi della vita.

L’universo femminile è fortemente variegato e dinamico: le donne investono di più in cultura rispetto agli uomini, riescono meglio negli studi, danno maggior e rilievo al lavoro rispetto al passato, sperimentano forme nuove del produrre e riprodurre, rivestono una molteplicità di ruoli nelle diverse fasi della vita, presentano percorsi di vita più complessi e frastagliati. Un intreccio di trasformazioni, aspirazioni e comportamenti che ridefinisce le loro traiettorie biografiche (formative, lavorative, affettive, coniugali, riproduttive), modificando ampiezza e contenuti delle diverse fasi del ciclo di vita individuale e familiare. Questi elementi che già avevamo messo in luce nel precedente volume si confermano e si accentuano nel corso del tempo, e a partire dal 2008, sono fortemente condizionati dalla crisi. Nelle analisi del volume precedente era evidente la grande spinta delle donne e i grandi risultati che aveva portato. Gli anni della grande speranza e voglia di riscatto, gli anni di espressione della nuova identità femminile.

I dieci anni successivi testimoniano ulteriormente la forza delle donne e la determinazione con cui vanno avanti, ma al tempo stesso evidenziano i grandi ostacoli che si frappongono con l’arrivo della crisi.

Grazie alla lunga marcia nel campo dell’istruzione che le ha portate da una situazione di totale svantaggio al sorpasso in tutti gli ordini di studi, e dopo essere entrate con determinazione in corsi tradizionalmente maschili, le donne si affermano anche nel campo culturale e delle nuove tecnologie. Il lavoro diventa sempre più un aspetto importante dell’identità femminile, cresce il numero delle donne occupate, aumenta il coinvolgimento delle donne in tutti i tipi di lavoro, migliora la posizione lavorativa delle donne anche nei luoghi decisionali politici ed economici: il numero di parlamentari in Italia e in Europa non è mai stato così alto e così anche il numero di donne ministro, oltre ai componenti dei cda delle imprese, grazie alla legge Golfo-Mosca.

Modelli
Il modello femminile di partecipazione al mercato del lavoro assume così nuovi connotati. In passato le donne cominciavano a lavorare in giovane età, avevano minori aspirazioni, un livello di istruzione più basso rispetto a quello degli uomini e il lavoro era vissuto per lo più come una esperienza transitoria che finiva tendenzialmente con l’arrivo del matrimonio. Oggi ci si avvicina al mondo del lavoro in età più avanzata, in fasi della vita in cui le generazioni precedenti già cominciavano a uscirne, con un livello di istruzione elevato, con aspettative certamente più alte e con l’intenzione di non abbandonare il lavoro prima di aver maturato la pensione. Ma nonostante la spinta delle donne, il livello di occupazione femminile non è ancora arrivato al 50%.

La grande crescita dell’occupazione femminile comincia nel 1995 e continua ininterrottamente fino al 2008, sebbene negli ultimi anni a un ritmo meno sostenuto. In questo periodo più di un milione e 700 mila donne sono entrate nel mercato del lavoro, una vera rivoluzione per le donne e per il Paese. Ma questa crescita si è concentrata quasi completamente nel Centro Nord del Paese. Conseguentemente, sono aumentate le differenze tra donne del Nord e donne del Sud.

La crescita di occupazione femminile nel periodo di crisi è avvenuta al prezzo di un peggioramento della qualità del lavoro delle donne: è aumentato il part-time involontario, la sovra-istruzione, e sono aumentate le professioni non qualificate e diminuite quelle tecniche.

I problemi di conciliazione dei tempi di vita si sono accresciuti. Continua ad essere alto il numero di lavoratrici che interrompe il lavoro dopo la nascita del figlio, anzi si incrementa nella crisi. Inoltre a fronte di una elevata maggioranza a favore di una più equa divisione dei ruoli all’interno della coppia quando ambedue i partner lavorano a tempo pieno, emerge una sostanziale non piena coscienza da parte della maggioranza di uomini e donne del grado di asimmetria dei ruoli nelle coppie.

Ciò lascia trapelare l’esistenza in Italia di un modello breadwinner «modernizzato» in cui l’uomo lavora e, se può, aiuta in casa, mentre la donna si fa carico della famiglia e lavora quanto può, dati i carichi familiari. Non dobbiamo meravigliarci dunque se la divisione dei ruoli nella coppia si trasformi ancora lentamente anche dal punto di vista del reddito. Le coppie con uomo breadwinner, il modello tradizionale, rappresentano ancora una realtà più diffusa che in altri paesi europei. Mentre la situazione di donna principale percettore della famiglia si associa molto spesso a condizioni economiche difficili, ad esempio quando il partner è disoccupato, piuttosto che a un sistema stabile di divisione dei ruoli o a un nuovo modello emergente più paritario di divisione dei ruoli. Donne decise, che vogliono realizzarsi su tutte le dimensioni della vita sempre di più, e vanno avanti ma che devono fare i conti ancora con grandi ostacoli che vanno rimossi per lo sviluppo del Paese.

I momenti decisivi
In un’esistenza che raggiunge età sempre più elevate, il calendario degli eventi decisivi tende a spostarsi in avanti con un ritardo progressivo nei tempi delle transizioni della vita più significative: le donne affrontano carriere scolastiche più lunghe rispetto ai loro coetanei, l’età in cui escono dalla casa dei genitori tende ad approssimarsi a quella degli uomini, fanno sempre meno figli e sempre più tardi, coabitano con loro per durate maggiori, hanno una vita media più lunga rispetto agli uomini, ma il numero di anni vissuti in “buona salute” è inferiore a quello del sesso maschile. Protagoniste di importanti trasformazioni nelle modalità di fare e vivere la famiglia, le donne sperimentano la convivenza più spesso del passato sia come forma alternativa al matrimonio che come transizione verso il matrimonio. Escono dalla famiglia sempre più anche per motivi di lavoro e alla ricerca dell’autonomia. Rimettono in discussione scelte che implicano la rottura dell’unione coniugale, la loro più diffusa partecipazione al mercato del lavoro contribuisce a definire nuovi ruoli e rapporti all’interno della famiglia.

La cultura
Grazie alla lunga marcia nel campo dell’istruzione che le ha portate da una situazione di totale svantaggio al sorpasso in tutti gli ordini di studi, e dopo essere entrate con determinazione in corsi tradizionalmente maschili, le donne si affermano anche nel campo culturale e delle nuove tecnologie. Le ragazze fruiscono di cultura più dei ragazzi e si azzera lo svantaggio femminile nel campo delle nuove tecnologie. Leggono di più, si recano di più a teatro, e a spettacoli. Le differenze di genere nelle nuove tecnologie permangono ma l’età in cui si evidenziano si sposta sempre più in avanti, sottolineando l’esistenza della forte influenza del fattore generazionale. Il lavoro diventa sempre più un aspetto importante dell’identità femminile, cresce il numero delle donne occupate, aumenta il coinvolgimento delle donne in tutti i tipi di lavoro, migliora la posizione lavorativa delle donne anche nei luoghi decisionali politici ed economici: il numero di parlamentari in Italia e in Europa non è mai stato così alto e così anche il numero di donne ministro, oltre ai componenti dei cda delle imprese, grazie alla Legge Golfo-Mosca.

Il modello femminile di partecipazione al mercato del lavoro assume così nuovi connotati. In passato le donne cominciavano a lavorare in giovane età, avevano minori aspirazioni, un livello di istruzione più basso rispetto a quello degli uomini e il lavoro era vissuto per lo più come una esperienza transitoria che finiva tendenzialmente con l’arrivo del matrimonio. Oggi ci si avvicina al mondo del lavoro in età più avanzata, in fasi della vita in cui le generazioni precedenti già cominciavano a uscirne, con un livello di istruzione elevato, con aspettative certamente più alte e con l’intenzione di non abbandonare il lavoro prima di aver maturato la pensione. Ma nonostante la spinta delle donne, il livello di occupazione femminile non è ancora arrivato al 50%.

La grande crescita dell’occupazione femminile comincia nel 1995 e continua ininterrottamente fino al 2008, sebbene negli ultimi anni a un ritmo meno sostenuto. In questo periodo più di un milione di donne sono entrate nel mercato del lavoro, una vera rivoluzione per le donne e per il Paese. Ma questa crescita si è concentrata quasi completamente nel Centro Nord del Paese, il Sud ha raccolto le briciole. Conseguentemente, sono aumentate le differenze tra donne del Nord e donne del Sud.

Occupazione
L’occupazione femminile ha tenuto meglio di quella maschile durante la crisi. Gli uomini hanno perso quasi un milione di occupati, le donne presentano un segno leggermente positivo. Molti sono i fattori a cui ciò è stato dovuto: i) alla crescita dell’occupazione delle ultracinquantenni imputabile sia alle nuove misure relative all’innalzamento dell’età pensionabile, sia all’ingresso in quella classe di età di generazioni di donne con più lunghe carriere contributive; ii) alla crescita dell’occupazione delle immigrate nei servizi alle famiglie, unico settore ad essere cresciuto durante la crisi perché l’assistenza ad anziani non autosufficienti si configura come un bisogno incomprimibile e, durante la crisi, le famiglie hanno preferito tagliare altre spese piuttosto che rinunciare a questo sostegno; iii) alla crescita dell’occupazione delle donne del Sud di basso status sociale che si sono attivate per trovare lavoro a fronte della perdita del lavoro da parte dei loro compagni. Ma la leggera crescita di occupazione femminile nel periodo di crisi è avvenuta al prezzo di un peggioramento della qualità del lavoro delle donne: è aumentato il part-time involontario, la sovra-istruzione, e sono aumentate le professioni non qualificate e diminuite quelle tecniche I problemi di conciliazione dei tempi di vita rimangono elevati.

Reddito
Nonostante la condizione reddituale femminile continui a essere peggiore di quella maschile, nel corso del tempo le distanze sono diminuite, così come sono diminuite nel mercato del lavoro. Segnali di un cambiamento positivo, anche rispetto ai coetanei maschi, si rilevano tra le donne single fino a 64 anni e particolarmente favorevole, seppur meno marcata rispetto a quella degli uomini, è stata la dinamica reddituale delle anziane sole, che si accompagna al miglioramento di quelle che vivono in coppia e al miglioramento generalizzato tra tutte le donne che vivono con un partner, con o senza figli. L’unica eccezione è rappre¬sentata dalle coppie con almeno tre figli, soprattutto se minori, tra le quali l’aumento dell’incidenza della povertà assoluta è stato particolarmente accentuato. Un deciso aumento del disagio economico si rileva anche tra le madri sole con figli minori, come conseguenza della peggiore dinamica reddituale, legata a bassi livelli di occupazione, a bassi profili professionali e a una diffusa presenza di occupazioni part-time. Il problema del disagio si allarga anche alle madri sole con figli adulti. Continua ad essere alto il numero di lavoratrici che interrompe il lavoro dopo la nascita del figlio, anzi si incrementa nella crisi. E le lavoratrici che non interrompono il lavoro si lamentano per le maggiori difficoltà che incontrano nella conciliazione dei tempi di vita.

Condivisione
D’altro canto, la condivisione delle responsabilità familiari si modifica lentamente e il sovraccarico sulle spalle delle donne continua ad essere elevato. I cambiamenti sono più frutto del taglio operato dalle lavoratrici nel numero di ore di lavoro familiare che dell’aumento del tempo dedicato dagli uomini. Un’eccezione riguarda i padri di figli piccoli di elevato livello di istruzione e occupati in attività che permettono di dedicarsi di più al lavoro familiare, in queste famiglie il loro contributo è più paritario. La forte asimmetria nella divisione del lavoro familiare tra i partner viene legittimata dalla persistenza di visioni stereotipate delle competenze di genere in ambito familiare. La metà della popolazione, infatti, ritiene che «gli uomini sono meno adatti ad occuparsi delle faccende domestiche», anche tra i giovani. Un intervistato su due esprime accordo con l’affermazione «è soprattutto l’uomo che deve provvedere alle necessità economiche della famiglia». Inoltre a fronte di una elevata maggioranza a favore di una più equa divisione dei ruoli all’interno della coppia quando ambedue i partner lavorano a tempo pieno, emerge una sostanziale non piena coscienza da parte della maggioranza di uomini e donne del grado di asimmetria dei ruoli nelle coppie. Ciò lascia trapelare l’esistenza in Italia di un modello breadwinner ‘modernizzato’ in cui l’uomo lavora e, se può, aiuta in casa, mentre la donna si fa carico della famiglia e lavora quanto può, dati i carichi familiari. Non dobbiamo meravigliarci dunque se la divisione dei ruoli nella coppia si trasformi ancora lentamente anche dal punto di vista del reddito. Nel tempo, pur essendo aumentato il livello di reddito delle donne anziane, il contributo femminile al reddito familiare nella coppia è diminuito. Nelle altre famiglie è invece aumentato, soprattutto in quelle più giovani senza figli. Non cresce tanto il modello simmetrico, ma quello in cui le donne contribuiscono maggiormente al reddito familiare. Nonostante ciò le coppie con uomo bread-winner , il modello tradizionale, rappresentano ancora una realtà più diffusa che in altri paesi europei. Inoltre, la situazione di donna principale percettore della fami¬glia si associa molto spesso a condizioni economiche difficili, ad esempio quando il partner è disoccupato, piuttosto che a un sistema stabile di divisione dei ruoli o a un nuovo modello emergente più paritario di divisione dei ruoli: si tratta nella maggior parte dei casi di famiglie con livelli di reddito molto bassi residenti nel Mezzogiorno.

Immigrate
Un nuovo soggetto femminile è emerso negli ultimi dieci anni, le donne immigrate. Il modello migratorio in Italia è particolare. Non è concentrato su una unica cittadinanza, ma su una pluralità di provenienze e di esperienze femminili. Alcune comunità, come la filippina, agiscono da ‘apripista’; lasciano la famiglia nel Paese di origine e si fanno raggiungere in Italia solo dopo essersi ben radicate nel Paese. Le donne della comunità marocchina, al contrario, arrivano in Italia per ricongiungersi ai loro cari, ma mentre nel passato i permessi di soggiorno delle donne straniere erano legati fondamentalmente al ricongiungimento familiare, ormai la componente lavorativa è sempre più presente. E le donne svolgono un ruolo fondamentale insieme ai minori nel facilitare l’integrazione delle diverse comunità nel nostro Paese.

Violenza
Si sviluppa una nuova coscienza femminile. Le donne vogliono realizzarsi su tutti i piani e sempre più sono coscienti delle difficoltà che hanno davanti. I dati sulla violenza sulle donne sono di particolare interesse in questo senso: diminuiscono la violenza fisica e sessuale da parte dei partner attuali e da parte di ex partner, soprattutto tra le giovani,ma non solo, e cala pure la violenza sessuale Non si intacca però lo zoccolo duro della violenza nelle sue forme più gravi (stupri e tentati stupri) come pure le violenze fisiche da parte dei non partner, mentre aumenta la gravità delle violenze subite. Più alto è il numero di violenze con ferite. Più frequente è la paura per la propria vita. Emerge al contempo una maggiore consapevolezza della violenza subìta. Considerando le violenze da parte dei partner o degli ex partner negli ultimi 5 anni, le donne denunciano di più, ne parlano di più, si rivolgono di più ai centri antiviolenza, agli sportelli o ai servizi per la violenza contro le donne. E molte più vittime considerano la violenza come un reato. E’ un segnale importante da non sottovalutare, anzi da sostenere con politiche adeguate perché vuol dire che probabilmente le donne hanno acquisito una maggiore capacità di riconoscere la violenza, di prevenirla, anche interrompendo la relazione. Ma la crescita di questa consapevolezza e la maggiore capacità di gestire le situazioni violente può anche produrre una dura reazione nei settori maschili più tradizionali.

Terza età
Una nuova soggettività femminile emerge anche nelle età anziane. Le donne con alto titolo di studio rompono lo stereotipo della donna anziana sola, in cattive condizioni di salute e peso per la società. Per queste donne l’avanzare degli anni si sta trasformando sempre più in una età da inventare, come diceva Betty Friedan. Gli orizzonti si ampliano, soprattutto per il segmento più istruito e in migliori condizioni economiche, con una sempre maggiore fruizione culturale e il crescente coinvolgimento nelle relazioni sociali e nelle reti di aiuto informale. Le anziane diplomate e laureate sono sempre di più, anche se non ancora in maggioranza, dinamiche e multitasking prefigurano sempre più le vite delle anziane di domani. Dunque, forte spinta e determinazione femminile, progressi, ma ancora un percorso ad ostacoli verso nuovi orizzonti e nuove conquiste. Le generazioni di donne che si sono susseguite, quelle che non avevano diritti, quelle dei diritti conquistati, quelle dei diritti acquisiti passano da una fase all’altra nel loro percorso di vita e in questi passaggi con le loro differenti storie, costruiscono nuovi orizzonti. La spinta delle donne è inarrestabile, Nonostante tutto, le donne vanno avanti.


(27esimaora.corriere.it, 14/3/2016)

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