di Franca Fortunato
La presentazione del libro L’Europa delle Città Vicine (Edizioni Mag, Verona 2017) svoltasi a Catanzaro il 6 aprile scorso nella sede della Legacoop Calabria, per iniziativa mia, di Serena Procopio e Lina Scalzo, come Città Vicine e Donne della Differenza di Catanzaro, in collaborazione con la presidente regionale della Legacoop, Angela Robbe, è stata un’occasione di conoscenza reciproca, di confronto, di scambio e di dialogo con alcune imprenditrici e cooperatrici, che con le loro imprese hanno aperto anche in Calabria nuove vie, creato “nuove istituzioni” per un’Europa più vicina alle vite, ai bisogni e ai desideri. Un’Europa di cui come Città Vicine abbiamo parlato al convegno del 21 febbraio 2016 a Roma alla Casa Internazionale delle donne e di cui il libro, a cura di Loredana Aldegheri, Mirella Clausi e Anna Di Salvo, edito Mag Verona, raccoglie i contenuti e le testimonianze.
Nella mia relazione sono partita dal fare conoscere le Città Vicine, la storia, il percorso, le pratiche, i guadagni personali e collettivi, gli spostamenti di sguardo dalla città all’Europa, dall’“altra città” all’“altra Europa”, gli incontri e i saperi nati in uno spazio relazionale, divenuto nel tempo uno spazio europeo, che ci porta oggi a parlare di un’Europa delle città, o per meglio dire di un’Europa delle cittadine e dei cittadini che abitano le città europee. Una realtà questa in fieri, perché le cittadine e i cittadini europei – come è stato detto nel convegno di Roma – non hanno ancora sottoscritto alcun patto sociale, non c’è una Costituzione europea. Parlare dei contenuti del libro a partire dai due volti dell’Europa, quello duro e spietato di un’Europa senza anima e quella dell’accoglienza e dell’umanità, è stato un modo per dire del cambio di civiltà che sta accompagnando la costruzione di un’altra Europa, di cui fanno parte anche le imprenditrici presenti all’incontro.
Donne di Calabria, protagoniste – come ha detto Serena Procopio nel presentarle – «di una trasformazione del modo di pensare e di creare impresa e lavoro, o per meglio dire di nuove forme di esistenza, perché in molti casi il tempo e lo spazio di lavoro, così come i valori e gli intrecci relazionali, coincidono con quelli della vita». Roberta Caruso, Anna Laura Orrico, Deborah De Rose, Rosa Ciacci, Anna Corrado, Raffaella Conci, Angela Forti, Alessandra Grassi, Ingrid Musciacchio, sono loro le imprenditrici che hanno portato all’incontro la loro esperienza, i loro progetti, i loro desideri e i sogni realizzati. Donne diverse tra loro, per età, consapevolezza e percorsi professionali, ma tutte animate dalla passione e dalla volontà di cambiare la Calabria a partire da sé, dai propri desideri e dalla volontà di cooperare, collaborare, condividere saperi, esperienze, spazi.
Angela Robbe, la presidente della Legacoop Calabria, ha ricordato il suo impegno ventennale nella cooperazione e il coraggio di tante donne calabresi che hanno scelto di lavorare in cooperativa anche in contesti difficili, come quelli in cui vi è una forte presenza della ‘ndrangheta. A raccontare di una di queste esperienze è stata la giovane Raffaella Conci della cooperativa “Terre Joniche – Libera Terra”, nata nel 2013 con sei persone che non si conoscevano, che avevano partecipato a un bando pubblico per costituire, dietro richiesta dell’associazione “Libera” di don Ciotti, una cooperativa a cui assegnare i terreni confiscati alle cosche di Isola Capo Rizzuto e di Cirò, in provincia di Crotone. I mafiosi – come ha raccontato Raffaella – reagirono da subito con violenza, minacce e intimidazioni, danneggiando la casa che sorgeva sui terreni confiscati. Ristrutturata, oggi, è una struttura di “turismo responsabile” dove ogni estate arrivano giovani da tutta Italia, «più dal nord che dal sud», per le «Estati libere», durante le quali condividono il lavoro con i soci e partecipano a incontri, corsi sull’antimafia e sulla legalità. I terreni confiscati e assegnati alla cooperativa producono prodotti biologici e, con il marchio “Libera Terra”, arrivano anche nella grande distribuzione grazie alla rete delle cooperative riunite nel Consorzio “Libero Mediterraneo”. Raffaella si è detta convinta che la cooperativa ha sì un valore d’impresa ma soprattutto ha un valore sociale, quello di comunicare una possibile alternativa e cioè che anche in Calabria si possa fare impresa in maniera legale, utilizzando un bene confiscato e facendo dell’antimafia sociale. «Altro non vogliamo fare – ha detto – che gli imprenditori nella nostra terra per non essere costretti a scappare».
È per non essere costrette a scappare, o per poter tornare, che tre giovani donne di Cosenza, Roberta Caruso, Anna Laura Orrico, Deborah De Rose, legate tra loro da rapporti di amicizia, stima e fiducia, la cui forza si chiama passione, determinazione, creatività, entusiasmo, costanza, desiderio, che si sono inventate il lavoro, con uno sguardo all’Europa ed oltre. È il lavoro del co-working , del social eating che sbarca con loro in Calabria,e che si fonda sulla condivisione di spazi, esperienze, saperi, sapori, relazioni, convivenza, solidarietà, fiducia. Valori, tradizionali di una terra accogliente e solidale qual è la Calabria, declinati in un modo nuovo di pensare e di creare impresa e lavoro.
Roberta Caruso a Montalto Uffugo, a pochi chilometri da Cosenza, ha creato con la sua famiglia l’impresa “Home for Creativity” con cui ha trasformato la casa dei suoi genitori in una “casa condivisa”, in un’attività di co-living. Figlia unica, dopo aver studiato fuori della Calabria ed essersi laureata in filosofia, è tornata nella sua terra dove da subito si è trovata a far i conti con la casa su cui i suoi genitori – come molti altri – avevano investito «tutte le proprie energie e risorse economiche». Una casa isolata, in piena campagna, lontana dalla città, che per un certo tempo era stata una zavorra. Come trasformarla in un’impresa sociale? Roberta guarda a esperienze fuori dalla Calabria e dall’Europa, ed ecco l’idea che si trasforma in progetto e questo in realtà. Aprire la propria casa, per una giornata o per un tempo più lungo, all’accoglienza di perfetti sconosciuti e alla condivisione di tutti gli spazi interni ed esterni (orto, frutteto, uliveto), condividere il piacere della buona tavola in un ambiente familiare, condividere gli strumenti di cui dispone la casa, eventi culturali e formativi. Roberta ha come obiettivo – come lei stessa ha raccontato – di aprire le porte in maniera assolutamente gratuita, non nel senso economico ma «nel senso di non aspettarsi che l’altro risponda ai nostri criteri o alle nostre aspettative». Aprire casa a gente che viene anche per una notte e poi va via, non crea paura, né a lei né ai suoi genitori, perché – dice – «abbiamo sperimentato che la fiducia se compresa restituisce fiducia».
Fiducia, condivisione di spazi e di esperienze sono alla base anche della creazione del co-working (condivisione di un ambiente di lavoro) di cui ha parlato Anna Laura Orrico, una delle socie fondatrice di “Talent Garden”, il primo spazio word sull’innovazione digitale, l’unico che fa riferimento alla rete dei Talent Garden di tutto il sud d’Italia. Il Talent Garden di Cosenza è uno dei 18 spazi digitali distribuiti in Italia e in Europa. In uno spazio di 400 mq convivono 24 professionisti che lavorano tutti nell’ambito del mercato digitale, nel mondo delle nuove tecnologie, dove cadono frontiere e limiti perché «nel mercato digitale l’unica infrastruttura che serve è un collegamento a internet e un Pc, pertanto uno sviluppo web che sta a Cosenza, compete con uno sviluppo web che sta a Milano, senza alcun tipo di differenza se non la maggiore o migliore competenza e capacità di riuscire ad avere più fette di mercato». «Abbiamo fatto questa scelta – ha detto Anna Laura – perché il potenziale del digitale ci permette di inventarci un lavoro, di fruire di nuove forme d’impresa, restando in Calabria, e di portare ricchezza e valore sul nostro territorio». Nella sua impresa ha coinvolto molti diciottenni con il progetto di sperimentazione “Giovani e futuro comune”, nel quale viene chiesto loro di riprogettare la valorizzazione dei beni comuni che «rappresentano quel patrimonio culturale, sociale, ambientale e paesaggistico, dal quale ripartire per costruire un nuovo modello economico, sociale, quel modello di cui l’Europa ha bisogno».
Deborah De Rose, avvocata e docente di diritto all’Accademia di moda a Cosenza, dal 2014 ha creato “Interazioni creative”, un progetto di condivisione dello spazio del suo studio legale (48 mq), messo a disposizione della creatività, del saper fare e del talento. A 28 anni, con uno studio legale avviato, fa un viaggio in Sicilia in un centro d’arte contemporanea, e qui la svolta. Incontra una donna, Maria, la cui casa era stata trasformata in uno spazio di arte contemporanea, pur continuando a viverci dentro. Tornata a Cosenza, vuole fare lo stesso con lo spazio del suo studio, mettendolo a disposizione e sostenendo chiunque voglia mettersi in gioco, voglia condividere idee, progetti, sogni «anche quelli che possono sembrare insignificanti». «Noi attiviamo i progetti non li creiamo, diamo gli strumenti per realizzarli e mettiamo a disposizione tutta la rete di professionisti che hanno segnalato la loro volontà di fare sul territorio», dice Deborah e aggiunge: «Io metto lo spazio, nessuno mette un euro, io incoraggio. La fiducia chiama fiducia». Tra i tanti laboratori creati, Deborah racconta di un laboratorio di ceramica per opera di una ceramista che stava per fallire, a causa dell’alto costo delle bollette energetiche, dovuto all’uso continuo del forno. Nel laboratorio la donna ha avviato un corso a cui hanno partecipato ex ceramiste, che avevano chiuso i loro laboratori e insieme, condividendo l’infornata e la relativa bolletta di energia elettrica, hanno ripreso a vendere e forse riapriranno il loro laboratorio. “Intersezioni creative” è divenuto, dopo un anno e mezzo, quello che Deborah ha definito «un reticolato dove ognuno entra ed esce e dove si creano relazioni creative».
Quattro donne, tutte calabresi, nel 2014 a Roma, dove risiedono, si inventano un lavoro e creano la società cooperativa “Ecoplanner” che organizza eventi ecosostenibili per privati, aziende ed enti. Federica e Rosa Ciacci, Marta Veltri e Claudia Minniti sono i loro nomi. Rosa, invitata all’incontro, è rimasta bloccata da impegni a Roma e così è venuta Federica, la sorella, che oggi sta portando avanti un progetto in Brasile. Federica ha raccontato di come è nata la società in un pomeriggio piovoso. «Spinte dal fatto che dovevamo fare qualcosa per il nostro futuro ci siamo sedute a pensare e abbiamo provato a buttare giù qualche idea partendo da ciò che ci interessava di più, come: il rispetto dell’ambiente, il riuso, il riciclo, il consumo consapevole. Ed ecco Ecoplanner». Progettano e realizzano eventi sostenibili; hanno creato una rete sempre più estesa di partner tra produttori di tutti i tipi, stilisti, artigiani. Donne coraggiose che non hanno dimenticato la loro terra dove sono tornate con Ecoplanner nel 2016 a Soverato, a pochi chilometri da Catanzaro, chiamate da un gruppo di donne, che avevano preso in gestione una fabbrica dismessa e abbandonata, per arricchire il loro palinsesto con un programma green che comprendeva una mostra di arte contemporanea, una fiera, una sezione cinema, una fiera con la prima edizione di Greenexpo, la presentazione di diverse realtà calabresi sostenibili.
Anna Corrado, tornata in Calabria da Milano, vent’anni fa è entrata da volontaria nella cooperativa “Agorà Kroton” dove oggi è vicepresidente e amministratrice contabile. La cooperativa è nata trent’anni fa per occuparsi del recupero di tossicodipendenti e dal 1998, con l’arrivo dei primi migranti provenienti dal Kosovo, “accompagna” – come ama dire Anna – i rifugiati e i richiedenti asilo, attraverso la gestione di due Centri Sprar (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) in collaborazione col Comune di Crotone. La cooperativa favorisce anche l’integrazione attraverso corsi di formazione finalizzati all’occupazione. «Si cerca di trovare sempre l’azienda o l’impresa che possa assumerli per il lavoro che sanno fare». Nel suo lavoro di contabile della cooperativa, Anna mette in gioco se stessa perché «ho capito che dietro al numero, ai bilanci, ci sono le persone». Dover fare quadrare il bilancio in una cooperativa sociale, che non deve produrre profitti, per lei vuol dire cercare di soddisfare i bisogni delle persone che si accolgono, il bisogno di un minore che arriva e in cui «rivedi i tuoi figli». «Faccio quello che faccio per rendere la società migliore anche per le mie figlie».
Angela Forti a Reggio Calabria 22 anni fa e altre nove giovani donne, tutte insegnati, decisero di creare la “Cooperativa Sofia” per realizzare un’idea, che lievitava da tempo nella loro testa, cioè aprire una scuola nella quale «venissero messe in atto le più innovative metodologie psico-pedagogiche e che nello stesso tempo venisse ad essere un servizio per le famiglie del territorio». Fu un successo. Partirono con una struttura di 120 mq (due aule grandi, una più piccola, un cortile da ristrutturare) con un nido e una scuola per l’infanzia, oggi si ritrovano con una villa liberty padronale del primo Novecento, acquistata e ristrutturata con prestiti della Banca Etica e di Coopfondi. Angela ha raccontato come la loro scuola sul territorio ha sempre cercato di andare incontro ai bisogni delle mamme lavoratrici con un orario prolungato (dalle 7 alle 20) e spezzato per le donne che lavorano nel commercio. «Per molte donne del territorio – ha detto – è stato veramente avere la possibilità di tenere, trovare e mantenere un’occupazione». Dopo tanti anni Anna si è detta ancora contenta del suo lavoro perché, lei e le sue amiche insegnanti credono ancora in quello che fanno.
A credere nel suo lavoro è anche Ingrid Musciacchio, giovane ingegnera, della società cooperativa “Activa” di Castrolibero in provincia di Cosenza, che si occupa di studi di architettura e ingegneria e sta effettuando il monitoraggio di tutti corpi idrici della Calabria. Ingrid si è detta contenta dell’ambiente in cui lavora non solo perché la maggior parte sono donne ma, soprattutto, perché la società è andata sempre incontro alle esigenze di ognuna medianti “semplici accorgimenti” come: lavori part-time, telelavoro e flessibilità dell’orario di lavoro.
L’incontro si è concluso in un clima di entusiasmo e di condivisione di emozioni. Tutte e tutti hanno sottolineato la bellezza del dialogo, del confronto e dello scambio che c’è stato tra donne così diverse tra loro, ma accomunate dal desiderio e dalla curiosità di conoscersi, di conoscere e raccontare l’altra Calabria, quella che è già cambiata grazie alle donne. Alcune – come l’imprenditrice e vicepresidente della Confcooperative Calabria, Iolanda Cerrone di Cosenza – hanno espresso il desiderio di ripetere l’incontro nella propria città.
(www.libreriadelledonne.it, 19 aprile 2017)