16 Marzo 2022
Corriere della Sera

Marina Ovsyannikova: «Non potevo restare in silenzio»

di Marco Imarisio


Marina Ovsyannikova parla, finché potrà farlo. E accanto all’ovvia preoccupazione sul futuro suo e dei suoi soldi, racconta in un incontro con la Reuters com’è nata la protesta contro la guerra in diretta durante il telegiornale della sera, che l’ha fatta diventare un’eroina in tutto il mondo, anche se lei ribadisce di non sentirsi tale. Anzi, era anche una sostenitrice di Vladimir Putin, fino a quando la disillusione ha preso il sopravvento. L’invasione dell’Ucraina le ha fatto riaffiorare un ricordo. «Mi è tornata in mente la mia infanzia in Cecenia. In qualche modo, ho cominciato a capire cosa stanno passando quelle povere persone in Ucraina. Ed è qualcosa che non si può accettare».

Già ieri c’era stato qualche indizio che faceva pensare a una spinta anche personale verso quel gesto clamoroso. Il primo ovviamente è la nazionalità del padre, ucraino di nascita. Il secondo è la provenienza della sua famiglia, originaria della regione di Kuban, dove fino alla grande carestia del 1930 la popolazione era di lingua ucraina. Quell’area della Russia meridionale confina con la Cecenia, teatro di due guerre di indicibile violenza. Una persa, che segnò l’inizio della fine dell’epoca di Boris Eltsin. Un’altra vinta dal neopresidente Putin, che cominciò così la costruzione del suo potere assoluto. «Noi vivevamo a Grozny, e ricordo quando dovemmo lasciare la nostra casa all’improvviso, perché restare era diventato pericoloso. Avevo dodici anni, c’erano bombardamenti continui. Da un giorno all’altro prendemmo quel che potemmo prendere delle nostre cose, e partimmo».

Le immagini della nuova guerra hanno fatto il resto. Marina aveva già deciso di fare un gesto di dissenso. «All’inizio ho pensato di andare con un cartello in una piazza vicino al Cremlino. Ma poi ho pensato che l’effetto sarebbe stato nullo. Sarei diventata soltanto un’altra manifestante arrestata». E poi non voleva limitare il suo messaggio a uno slogan. Non era il suo unico obiettivo. «Desideravo anche mandare un messaggio al popolo russo. Non siate degli zombi, non date retta a questa propaganda. Imparate come analizzare le notizie, e cercate altre fonti, che non siano la televisione russa di Stato». Quella per cui lei ha lavorato negli ultimi dodici anni. E dalla quale dopo di lei, se ne stanno andando altri giornalisti in segno di protesta. Come Zhan Agalakova, che ci era entrata giovanissima nel 1991, diventandone uno dei volti più riconoscibili. Anche a NTV, la rete concorrente, posseduta per l’86 per cento dal colosso del gas Gazprom, pare sia in corso un esodo di massa. La parte dirompente, e scomoda per il Cremlino, perché rivela la nudità del re in quanto a partigianeria dei media statali, è questa. E non le verrà perdonata.

«Non mi sento un’eroina, volevo solo che il mio sacrificio non risultasse vano e che servisse ad aprire gli occhi alla gente». Tranne il primo, gli obiettivi sono stati raggiunti almeno in parte, perché il video della sua irruzione ormai è introvabile ovunque e oggi sui media non c’è traccia del suo nome. «Non voglio andarmene da questo Paese, perché sono e mi sento russa. Sono solo contraria alla guerra. Non credo che sia giusto che qualcuno possa essere punito per le sue opinioni; quindi, spero che non venga formulata alcuna accusa penale nei miei confronti. E soprattutto, spero che non accada nulla ai miei figli. L’unica cosa che mi preoccupa davvero è la loro sorte».

La donna rischia molto di più della multa equivalente a 280 euro che le è stata comminata per avere organizzato una iniziativa pubblica non autorizzata. Questa sanzione è solo il primo gradino della scala che attende i manifestanti fermati in piazza, una specie di infrazione amministrativa. Marina sa di non poter essere arrestata, per ora, in quanto madre di due minorenni. Ma le cose potrebbero cambiare. La magistratura ha ordinato l’apertura di una indagine nei confronti della giornalista per stabilire se la sua irruzione in studio, e quel che ha detto nel messaggio video registrato in precedenza, infrange la nuova legge che sanziona le presunte fake news sull’esercito russo con pene che possono arrivare fino a quindici anni di reclusione.

Anche per via di questa spada di Damocle che pende sulla sua testa, ha dato l’impressione di voler far calmare le acque intorno. «Credo in quel che ho fatto, ma ora capisco anche l’entità dei problemi che dovrò affrontare, e sono molto preoccupata per la mia sicurezza». Al momento, l’unica certezza è il licenziamento da Primo canale, in pratica già annunciato a mezzo stampa. «Se dovessi finire in carcere, spero che sia per breve tempo» è il suo augurio finale. Anche per questo, ripete due volte di non sentirsi un’eroina. Comunque vada, lei ha fatto la sua parte.


(Corriere della sera, 16 marzo 2022, https://www.corriere.it/esteri/22_marzo_16/marina-ovsyannikovaha-intervista-2cd23b82-a528-11ec-8f73-d81a6d7583fb.shtml)

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