20 Giugno 2005
CORRIERE DELLA SERA

Le aziende: donne al Lavoro? Troppo impegnate con i figli

“La maternità un freno per la carriera”.
Il sindacato: mobbing e discriminazioni, aumentano le dimissioni forzate La Camera di commercio: “Più affidabili e determinate rispetto ai colleghi uomini, ma creano difficoltà all’ 80 per cento delle imprese” Sangalli: pochi servizi, serve una città a misura di famiglia.
Querzé Rita

Donne discriminate sul lavoro? Vero. Donne più affidabili e determinate dei colleghi maschi? Altrettanto vero. Donne costrette ad arrabattarsi con un’ offerta di servizi inadeguata? Verissimo. Così la pensano le aziende milanesi e italiane interpellate dalla Camera di commercio di Milano. Imprenditori e direttori del personale invitano le dipendenti a fare un sincero esame di coscienza. ” Se non siete valorizzate sul lavoro – dicono in sostanza – è colpa della vostra gestione della maternità: siete troppo spesso assenti per le malattie dei figli, poco disponibili a restare oltre l’ orario, più concentrate sulla famiglia che sul lavoro ” .
L’ INDAGINE – L’ indagine della Camera di commercio ha coinvolto 1.536 imprese italiane di cui 328 milanesi. Ogni azienda ha compilato un questionario. Il risultato è un quadro dai forti contrasti. Da una parte le donne sono considerate una risorsa con grandi potenzialità: più affidabili per il 25 per cento degli intervistati, più determinate addirittura per il 40 per cento. Tanto che solo l’ 8,3 per cento esclude a priori di affidare un ruolo di responsabilità a una donna. A penalizzare le signore, per otto imprese su dieci, è la maternità. Dopo la nascita del figlio le donne sarebbero meno motivate, meno disponibili. Troppe le assenze per le malattie del bambino. E se le donne guadagnano meno dei colleghi a parità di mansioni ( una differenza di trattamento ammessa dal 30 per cento degli imprenditori intervistati), la colpa è proprio della loro minore disponibilità. Oltre che della maggiore propensione ad ” accontentarsi ” .
MILANO MISOGINA – Il mondo dell’ impresa divide le proprie responsabilità con il contesto sociale cittadino. Secondo il 59 per cento degli intervistati Milano discrimina le donne. Una percentuale di due punti e mezzo superiore a quella registrata, in media, nel Paese. In particolare, le aziende ritengono che i servizi siano inadeguati ( 11,3 per cento). Per il 35 per cento, comunque, tutte le italiane vivono e lavorano in ambienti altrettanto difficili. E se si confronta Milano con le altre capitali europee fanno meglio in materia di parità soltanto Londra, Oslo, Amsterdam, Copenhagen e Stoccolma. Invitati anche a segnalare la propria ” donna simbolo ” , imprenditori e direttori del personale propongono Margaret Thatcher, Hillary Clinton, Rita Levi Montalcini. Tutti esempi di determinazione nel proprio contesto professionale, dalla politica alla ricerca. Mapiacciono anche la fede di Madre Teresa e il glamour di Rania di Giordania.
L’ APPELLO – Secondo il presidente della Camera di Commercio, Carlo Sangalli, disparità sono tali da richiedere un intervento. ” Occorre impegnarsi per superare alcuni pregiudizi ancora presenti nel mondo del lavoro, sia dipendente che autonomo, e per creare una città più a misura di famiglia. Le donne non devono rinunciare alla loro realizzazione professionale ” . ” Una migliore valorizzazione delle risorse femminili aiuterebbe le imprese a essere più competitive ” , Gianna Martinengo, presidente del Comitato per la promozione dell’ imprenditoria femminile della Camera di commercio.
SEMPRE PIU’ DIMISSIONI – Il sindacato si associa all’ appello antidiscriminazioni. E sottolinea come la situazione negli ultimi anni sia peggiorata. ” La crisi morde e le donne che tornano dalla maternità troppo spesso vengono spinte alle dimissioni ” , denuncia Graziella Carneri, segretario della Camera del Lavoro di Milano. ” Le imprese sostengono che le donne sono meno disponibili dopo la nascita di un figlio? Non è vero, si tratta di pregiudizi ” , Sabina Guancia, presidente dell’ Associazione per la famiglia vicina alla Cisl.
LA MATERNITA’ – Ma c’ è anche chi la pensa diversamente. ” Sarà impopolare, ma va rilevato che, soprattutto nel pubblico, dove l’ impiego è più stabile, non è raro trovare donne che sfruttano la maternità a rischio grazie a medici compiacenti ” , contesta Viviana Beccalossi, An, vicepresidente della giunta regionale. ” Ciò non toglie – continua Beccalossi – che le donne continuino spesso a muoversi in un contesto culturalmente ostile. Basti pensare alle riunioni politiche convocate alle nove di sera ” .

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