9 Febbraio 2018
il manifesto

Attraverso il «pensiero-mondo» del Mediterraneo

di Stefania Tarantino

Paul Vieille. Pubblicato di recente dalla casa editrice Geuthner, un articolato omaggio all’intellettuale francese. Con la prefazione di Alain Touraine e la postfazione di Edgar Morin, in ordine la sua genealogia critica. Personaggio chiave nella lettura che Foucault diede della rivoluzione iraniana tra il 1978 e il 1979.

Ci sono libri che hanno un effetto detonatore in chi li legge. Creano movimenti profondi da far uscire dal torpore di discorsi triti e ritriti, dall’opacità che impedisce di avere un’adeguata visione della realtà. Non solo di libri si tratta. Ci sono figure che, una volta incontrate, innescano il desiderio di nuove ricerche. Il libro Méditerranée, mondialisation, démocratisation. Hommage à Paul Vieille, a cura del gruppo di iniziativa Paul Vieille, con una prefazione di Alain Touraine e una postfazione di Edgar Morin, (pubblicato di recente in Francia dalla casa editrice Geuthner) ha reso questa esperienza possibile.

La vita e la ricerca di Paul Vieille sono state consacrate a una visione plurale del Mediterraneo. Socio-antropologo di fama mondiale, direttore di ricerca al Cnsr dal 1975 al 1988 e poi professore all’Università d’Illinois negli Stati Uniti, è stato il primo sociologo a concepire in Francia un progetto Mediterraneo ancorato alle capacità di quegli strati popolari e urbani che da millenni hanno condiviso una storia comune. Distante dalle teorie dominanti delle scienze sociali e dall’orientalismo che giudicava di ispirazione coloniale, fu un profondo conoscitore dell’Iran, paese in cui visse tra il 1959 e il 1968 svolgendo le sue ricerche sul campo presso l’istituto di studi di ricerche sociali dell’Università di Teheran. Nel suo soggiorno iraniano si trovò nel pieno della rivoluzione bianca dello Shah che fece passare il Paese da una società rurale e tribale a una società cittadina e mondializzata. Fu colpito dalle ingiustizie profonde che resistevano, si rese conto del bisogno di ridare visibilità al pensiero critico arabo sempre molto forte ma quasi invisibile e comunque taciuto dalle potenze occidentali.

Ha saputo affrontare il pensiero-mondo sulla vita concreta dei popoli mediterranei a partire dalle loro rappresentazioni e aspirazioni contro le iniquità della dominazione, lo sradicamento e la dipendenza.

L’importanza delle fonti orali, della cultura e delle religioni popolari, scoprivano nuove rappresentazioni del sociale. Formatosi sul pensiero di Louis Massignon e di Henry Corbin, condivideva con Edgar Morin i tre principi che dovrebbero essere alla base delle scienze umane: la trasdisciplinarietà, la trasnazionalità e la complessità. Nell’ottobre del 1977 fondò la rivista trimestrale Peuples Méditerranéens per colmare la lacuna degli scambi in scienze umane e sociali tra tutti i paesi che costeggiano le due rive del Mediterraneo. Il riferimento costante era a un mediterraneo plurale che si spingeva oltre i suoi confini fino ad arrivare all’Iran, all’Afghanistan, ai paesi della penisola arabica, al Sudan, all’Etiopia.

In una lettera indirizzata a Evelyne Accad, sua compagna di vita e depositaria della sua eredità intellettuale, Paul Vieille le scriveva che ciò che lo aveva sempre avvilito e portato a riflettere e agire è l’idea di giustizia. Per comprendere il mondo arabo e ciò che agli occhi degli occidentali sembra incomprensibile è necessario capire che per trasformare occorre trasformarsi. Sapeva bene di non essere diventato iraniano, ma di aver acquisito una doppia cultura. Era convinto che una mancata articolazione delle differenze ne comportava necessariamente la degradazione e la manipolazione.

Per lui l’immaginario è ovunque e non può essere distrutto dal potere. L’accesso all’immaginario è una questione di libertà, né lo sorprendeva il fatto che la potenzialità dell’arte, così presente in molte rivoluzioni, funziona come elemento catalizzatore delle trasformazioni sociali in atto.

Così ha praticato un percorso aprendo la strada alla riconoscenza del simbolico e della sua assoluta efficacia. Sensibile alla causa femminista, Paul Vieille riponeva molta fiducia nelle pratiche e nei gesti inattesi che le donne agiscono nel mondo trasformando le coordinate culturali dei sistemi patriarcali. Riconobbe l’esistenza di affinità esplicite e implicite tra le donne delle differenti rive del Mediterraneo. Vale la pena ricordare che fu un personaggio chiave nella lettura che Michel Foucault diede della rivoluzione iraniana tra il 1978 e il 1979.

Foucault non ha mai smesso di essere attento all’insurrezione dei saperi assoggettati e all’emergere di una spiritualità politica come desiderio di liberazione irriducibile a qualunque presa del potere. Paul Vieille non ha mai parlato di spiritualità politica in questi termini, ma ha colto quanto la soggettività sia decisiva nella piega degli avvenimenti. Entrambi hanno riposto molta fiducia nelle credenze delle persone e si rifiutarono di leggere la rivoluzione iraniana come un movimento antimoderno reazionario. Seppur su differenti interpretazioni della rivoluzione iraniana, abbiamo molto da apprendere, come nota Alain Touraine, sia dall’uno che dall’altro dal momento che entrambi hanno cercato di evitare una scelta doppiamente distruttrice tra un imperialismo neocoloniale e un comunitarismo religioso, autoritario e repressivo.

La postfazione che chiude il libro riprende un articolo di Edgar Morin pubblicato nel 1998 che ci dà elementi per ritrovare la vocazione storica del Mediterraneo nella sua aspirazione alla giustizia, alla pace e in direzione di un universalismo plurale. Insistere sul decentramento dell’Europa in rapporto alla sua posizione di centro nella storia del mondo, potrebbe portarci alla mediterraneizzazzione del nostro pensiero e, soprattutto, dell’Europa stessa.

Scrive Morin che il contrario delle nostre verità profonde sono sempre altre verità profonde. È da queste verità che per Paul Vieille il Mediterraneo è un luogo che interroga il mondo e spazio che offre nuove letture. Ritrovare l’essenza profana del Mediterraneo, la sua sostanza materna come paradigma relazionale che veicola una visione che ha al suo centro la «vita» in tutte le sue forme. Solo da questa realtà è possibile lasciarsi alle spalle la grande necropoli liquida che abbiamo creato e dire, con Paul Vieille, di essere di nuovo felici di andare verso il mare.

L’ITINERARIO DEL VOLUME

Sarebbe auspicabile una traduzione italiana degli articoli più significativi del volume «Méditerranée, Mondialisation, Démocratisation. Hommage à Paul Vieille» (1922-2010), che riunisce 37 autori e autrici originari di 8 paesi differenti. Il libro è diviso in 4 parti a loro volta divisi in capitoli 1) «Itinerario di Paul Vieille. Studi e testimonianze», saggi di C. Veauvy, E. Accad, B. Hourcade, L. Hurbon, D. Spieth, J. Jenny. 2) «Mediterraneo, Mediterraneità, Scienze Sociali» diviso in due sezioni. A) «Elaborare, editare, mettere on line la rivista» in «Popoli mediterranei», saggi di P. Eftékhari, G. Grandguillaume, R. Siebert, C. Fauré, K. Chachoua, E. Dupuy, B. Stafford. B) «Il Mediterraneo come luogo che interroga il mondo, spazio che si dà a leggere», saggi di E. Hooglund, H. Bresc, C. Veauvy, M. Marié, N. Abdi, E. Rota, A. Bayat, R. Sebaa, C.C. Hahn. 3) «Politica, Religione, Movimento sociale, guerra», saggi di B. Ghamari-Tabrizi, R. Naba’a, C. Brandabur, L. Pisano, B.M. Scarcia-Amoretti, F. Khosrokhavar, I. Sobhani, F. Zabbal, M. Cooke. 4) «Cultura, Globalizzazione, Convinzione, Libertà», saggi di A.H. Bani-Sadr, J. Ireland, J. Alagha, S. Dayan-Herzbrun, W. Dressler, L. Taghian Eftékhari, B. Lawrence. Postfazione di E. Morin (1998-1999), «Pensare il Mediterraneo, mediterraneizzare il pensiero»

(il manifesto, 9 febbraio 2018)

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