“Donne e chiesa tra mistica e istituzioni”, il primo dei quattro volumi che raccolgono l’intera opera di Romana Guarnieri
Maestre d’amore Comunità nate dal bisogno di un cristianesimo libero e povero e dal disgusto per la chiesa del potere. Animate da donne che pagarono con la vita la loro scelto
Rosetta Stella
Mistica è una parola che ha fatto e fa discutere in ambito religioso e non solo e che si può prevedere diventerà parola corrente nei dibattiti intorno alla religione e ai rapporti di questa con la laicità e i suoi intellettuali. La si userà a proposito o a sproposito ma servirà per descrivere tutto quanto dell’esperienza religiosa esula dal consueto codice di riconoscimento e di controllo. Vale la pena allora di segnalare un libro non di facile lettura, ma necessario per chi volesse attrezzarsi. Si tratta di Donne e Chiesa tra Mistica e Istituzioni (secoli XIII -XV), edito dalle Edizioni di Storia e Letteratura (2004), primo di una serie di quattro volumi (i prossimi sono in via di pubblicazione) che raccoglieranno finalmente tutta l’opera scientifica di Romana Guarnieri purtroppo scomparsa ormai sei mesi fa. Grande studiosa del fenomeno socio/religioso in genere, qui appunta la sua attenzione su quanto esso sia andato sviluppandosi in tutta l’Europa cristiana a partire dal 1100 fino al Concilio di Trento. Si trattò di secoli tormentati, attraversati da movimenti altamente radicali – albigesi, valdesi, fratelli e sorelle del libero spirito, gioachimiti, ecc. – tutti in vario modo disgustati dalla Chiesa ufficiale del momento, spudoratamente interessata e senza scrupolo, dalla sete di denaro e di potere. E tutti pervasi da un bisogno di cristianesimo più alla lettera evangelica, semplice, casto, libero e povero.
Essi vedevano fiorire al loro interno una presenza in gran numero di donne, che cercavano e spesso lì trovavano, un modo congruo di fuoriuscire da una condizione avvilente della propria dignità di esseri umani liberi e pensanti. Donne spesso di alto rango, literatae, teologhe, scrittrici e poete, che andavano esprimendo tali qualità senza nascondersi in cura da dilettanti, ma con ruoli riconosciuti e gran rispetto di seguito. Non più badesse, essendo concluso il periodo delle grandi “badesse mitrate”, esse si sottraevano alla condizione sociale del loro tempo di spose coatte o monache forzate, attraverso una libera scelta di vita laica ma religiosa interiormente, nei costumi e nelle “virtù”, mantenendosi in un rapporto complesso e difficile con le autorità e con gli ordini monastici riconosciuti da Roma.
Tutta l’Europa fu attraversata dallo scoppio dei cosiddetti Ordini Mendicanti, altamente rivoluzionari e molto pervasivi. In essi prolificavano esperienze religiose di stampo mistico di estremo interesse, non governabili da nessun codice e, per propria natura si potrebbe dire, sottratte a giudizi di ortodossia regolare, nonostante per quasi tutte, i tribunali ecclesiastici non risparmiarono indagini e condanne. Di esse, molte donne furono depositarie privilegiate e maestre. Conducevano una vita schiva, dedita prevalentemente agli studi e a opere di misericordia non ostentate verso gli ultimi. Mostravano libertà in presa di coscienza di se stesse, autorevolezza e spesso autorità esercitata verso discepolati espliciti, autentico amor di Dio e dedizione a ciò che costituiva il nerbo portante della loro esistenza e cioè il manifestare fedeltà alla Verità, praticabile nella vita terrena, di un rapporto privilegiato e in presa diretta, senza necessità di mediazioni clericali e maschili, col Dio/Amore.
Le “Amiche di Dio”, come le ha chiamate Luisa Muraro in suo libro, prendevano vari nomi sul territorio europeo: beghine nei Paesi Bassi per esempio o bizzoche nell’Italia centrale, papelarde o santerelle o monacelle… tutte precorritrici, come fa notare Guarnieri, delle ottocentesche congregazioni a vita mista, una volta che tali nomi hanno assunto i significati di disprezzo che, per opera occulta della propaganda clericale, sono andati diffondendosi nelle dicerie popolari. Al contrario, all’epoca, essi qualificavano persone di sesso femminile, del tutto speciali, al servizio della cultura in presa diretta sulle Sacre Scritture. Persone che si misuravano, assolvendo così ad un compito spirituale, nella esegesi e nello studio, intesi entrambi come strumenti ineludibili di santificazione personale e di salvezza propria e di chi accorreva ad ascoltarle.
In forma, diciamo così, semireligiosa, esse davano vita e consistenza ad esperienze del tutto nuove all’interno della Chiesa, difficilmente accettabili dal potere ecclesiastico centrale, ma che trovavano eco e risonanza vistosa nelle comunità di popolo ampiamente inteso (frequenti i discepolati di carattere aristocratico e colto). Vere e proprie animatrici spesso, di cenacoli culturali e di pratica alternativa e critica nei confronti delle pratiche consuete di stampo devoto tradizionale, accoglievano al loro “desco” chiunque, gente umile e persone acculturate, cattedratici e persino, a volte, uomini con responsabilità di governo di città e nazioni. Ma soprattutto erano ascoltate e seguite da altre donne, con le quali stabilivano rapporti speciali di confidenza e amicizia feconda, oltre che di magistrale scambio di risorse d’amore e di saperi.
Romana Guarnieri, storica di professione, dal titolo guadagnato prevalentemente sul campo, le ha sapute scovare – la grandissima Margherita Porete, autrice dello splendido Specchio delle anime semplici, l’ha proprio letteralmente scoperta lei – riconoscere, studiare e amare con perspicacia particolare, avendo seguito ella stessa, una vocazione simile alla loro, per esistenza vissuta alla loro maniera e per altrettanto spirito di innovazione che non si risparmiava di esercitare nei confronti della Chiesa cattolica di oggi.
Amava proprio definirsi così a chi aveva la fortuna di godere delle sue calde e grate conversazioni e lo ha anche scritto in un suo altro fortunato libro: “… per chi non lo sapesse sono una Beghina, – ha esordito di sorpresa – una di quelle che otto-nove secoli fa diedero tanto da fare a vescovi ed inquisitori, chi le voleva sante, chi demoni scatenati…”.
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