29 Novembre 2014
il manifesto

E’ morta P.D. James, per fortuna ci sono i suoi libri

di Guido Caldiron

 

Le sem­plici regole di scrit­tura che le ave­vano assi­cu­rato un suc­cesso costante e senza fron­tiere per più di quarant’anni, le aveva rive­late al grande pub­blico solo di recente in Tal­king About Detec­tive Fic­tion, tra­dotto nel nostro paese con il titolo di A pro­po­sito del giallo, e pub­bli­cato lo scorso anno da Mon­da­dori. il suo edi­tore ita­liano. Quat­tro i punti pre­sen­tati come «deci­sivi»: «Un mistero cen­trale da risol­vere, quasi sem­pre un omi­ci­dio; una pic­cola cer­chia di sospetti; un detec­tive, improv­vi­sato o pro­fes­sio­nale ma che possa incar­nare sim­bo­li­ca­mente una qual­che giu­sti­zia; un per­corso a testa bassa verso la ricerca della soluzione».

Phyl­lis Doro­thy James, meglio cono­sciuta come P. D. James, scom­parsa gio­vedi nella sua casa di Lon­dra a 94 anni, era nata a Oxford nel 1920, si era pre­sen­tata così, sfog­giando il biglietto da visita di quello stile che le era valso il titolo ono­ri­fico di «regina del cri­mine» e, a coro­na­mento di una car­riera scan­dita da oltre una ven­tina di romanzi, molti dei quali dive­nuti dei bestsel­ler in Gran Bre­ta­gna, i para­goni della stampa lon­di­nese con alcune delle pio­niere del giallo, come Mar­gery Allin­gham e soprat­tutto Aga­tha Christie.

Pro­ta­go­ni­sta indi­scusso di alcuni dei più noti lavori della scrit­trice, l’ispettore e poi coman­dante a Sco­tland Yard, Adam Dal­gliesh, un uomo segnato per sem­pre dalla per­dita del figlio e della moglie morta di parto, incarna per­fet­ta­mente quella volontà di iscri­versi nella tra­di­zione dei clas­sici del genere che que­sti romanzi espri­mono fin nei det­ta­gli. Al tempo stesso sbirro e poeta, cere­brale e sen­si­bile, pro­vo­ca­tore e paziente, Dal­gliesh ini­zia spesso le sue inda­gini fis­sando inte­sa­mente il volto della vit­tima, pro­met­tendo di ren­der­gli giu­sti­zia acciuf­fando il suo assassino.

Altra carat­te­ri­stica delle sto­rie di P. D. James, quella di muo­vere sem­pre da un luogo pre­ciso e facil­mente rico­no­sci­bile, una chiesa, un tri­bu­nale, una scuola o un museo e di con­durre il let­tore a sof­fer­marsi su quei det­ta­gli appa­ren­te­mente insi­gni­fi­canti che celano però indizi deci­sivi per la solu­zione del mistero. Il tutto, seguendo Dal­gliesh passo dopo passo, senza lasciarlo mai. «Uno scrit­tore — aveva con­fes­sato in un’intervista apparsa su Le Monde nel 2009 -, è qual­cuno che va a dor­mire alla stessa ora dei suoi per­so­naggi, che si alza con loro e che ne cono­sce, quando non le con­di­vide, tutte le pic­cole manie quo­ti­diane. Qual­cuno che sa anche dove hanno “nasco­sto” le chiavi della mac­china che non rie­scono più a trovare…».

Avvi­ci­na­tasi alla scrit­tura gra­zie all’amore per autori come Doro­thy L. Sayers, Gra­ham Greene e Eve­lyn Waugh, anche se aveva più volte ammesso che il suo prin­ci­pale modello era Jane Austen del cui Orgo­glio e pre­giu­di­zio ha scritto anche una sorta di seguito poli­zie­sco, Morte a Pem­ber­ley.

P.D. James aveva pub­bli­cato il suo primo romanzo solo nel 1962, Copri­tele il volto, pro­ta­go­ni­sta Adam Dal­gliesh, dopo che era stata dap­prima costretta ad inter­rom­pere gli studi a soli 16 per volontà del padre, ultra­con­ser­va­tore, che rite­neva che una gio­vane donna non neces­si­tasse di una par­ti­co­lare istru­zione, e poi dovendo tro­vare un impiego nella pub­blica ammi­ni­stra­zione per man­te­nere le figlie e il marito, un medico della Royal Army, tor­nato trau­ma­tiz­zato dalla guerra in India e che non si sarebbe mai più ripreso.

Spesso con­trap­po­sta ai più recenti autori di noir, per­ché con­si­de­rata poco inte­res­sata alle con­trad­di­zioni sociali, la scrit­trice bri­tan­nica aveva stu­pito tutti, spie­gando — l’intervista è citata da Luca Crovi nel suo Noir, istru­zioni per l’uso, Gar­zanti — come in realtà, con­si­de­rasse il romanzo poli­zie­sco come «il vero romanzo sociale dei giorni nostri. Anzi, lo è stato fin dai suoi esordi: era più facile farsi un’idea di come fosse l’Inghilterra di un certo periodo attra­verso que­sta let­te­ra­tura di genere che attra­verso i romanzi mainstream».

Nomi­nata baro­nessa di Hol­land Park dalla regina nel 1990, P. D. James era entrata alla Camera dei Lords dove sedeva sui ban­chi del Par­tito Con­ser­va­tore. Faceva anche parte della Com­mis­siome litur­gia della Chiesa angli­cana, isti­tu­zione che aveva per altro pas­sato al setac­cio per scri­vere Morte in semi­na­rio un romanzo popo­lato di pre­lati per­versi e di preti pedofili.

(il manifesto, 29 novembre 2014)

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