16 Giugno 2017
Leggendaria

Femminismo. Una rivoluzione viva che guarda al futuro

di Graziella Bernabò

 

Una rivoluzione tuttora in progress. Una fitta rete di relazioni – prima di tutto quella tra una madre e una figlia – e una pratica di scrittura condivisa sostengono il racconto di cinquant’anni di femminismo.

Marina Santini e Luciana Tavernini (a cura di), Mia madre femminista. Voci da una rivoluzione che continua, Il Poligrafo, Padova 2015, Euro 20.00

La storia di cinquant’anni di movimento delle donne raccontata dal di dentro e in una prospettiva di futuro è l’impostazione di Mia madre femminista. Voci da una rivoluzione che continua. Si tratta di un ampio volume che ha preso le mosse dalla mostra Noi utopia delle donne di ieri, memoria delle donne di domani, presentata alla Società Umanitaria di Milano nel 2006 ed esposta in varie città italiane ed estere.

Un libro ricco, documentato senza essere pedante, corredato da un centinaio di fotografie, quasi tutte inedite, che, come in uno spartito, intreccia la narrazione con la voce di femministe storiche, da Luisa Muraro a Bia Sarasini, da Lea Melandri a Letizia Paolozzi, da Lia Cigarini a Marisa Guarneri, oltre a quella di artiste, editrici, operaie, sindacaliste, insegnanti, scienziate, donne di ambiti e età diverse. Si tratta di testimonianze raccolte in parecchi anni di lavoro, piccoli racconti di esperienza che rivelano aspetti poco conosciuti del “femminismo della libertà”. Una rivoluzione che ha sostanzialmente cambiato sia l’immaginario sociale sia la vita concreta delle donne (e, di riflesso, anche quella degli uomini) in termini di libertà, agio e civile costruzione di vita.

Il libro non intende essere esaustivo e si differenzia in modo netto dai resoconti storici tradizionali. Nell’introduzione le curatrici precisano infatti di aver voluto evitare la sovrapposizione di un sistematico e asettico «censimento del femminismo italiano» alla storia concreta delle donne, perché il loro intento era piuttosto quello di ricostruirla attraverso il racconto, certamente parziale ma autentico e vivo, di donne e qualche uomo che hanno vissuto quelle vicende in prima persona.

Tutto parte dalla polemica di una figlia nei confronti di una madre da sempre attiva nel mondo delle donne, la quale decide di scriverle una lunga lettera in cui racconta la propria esperienza di femminista all’interno del movimento. A questo filo narrativo si intreccia, come già accennato, la variegata serie delle testimonianze e delle fotografie.

Il libro è suddiviso in quattro capitoli dai titoli molto significativi. Il primo, Le parole per dirlo, dal libro di Marie Cardinal, è dedicato al nuovo linguaggio per significare la realtà femminile senza tradirla con le stereotipie tradizionali. Il secondo, Noi e il nostro corpo, riguarda argomenti come la differenza tra liberazione e libertà sessuale, la contraccezione, il divorzio, la depenalizzazione e la legge sull’aborto, la violenza maschile contro le donne. Il terzo, Le tre ghinee, mette in evidenza i luoghi della libertà delle donne, dai collettivi all’imprenditoria femminile, al teatro, al cinema… Il quarto, Immagina che il lavoro, rinvia al titolo di un manifesto del 2009 – scritto a più mani e pubblicato dalla Libreria delle Donne di Milano – e tratta temi come la conciliazione tra lavoro e maternità, le esperienze delle “150 ore” per casalinghe e operaie, l’ingresso massiccio delle donne nella scuola e la pedagogia della differenza sessuale, le lotte delle operaie sui tempi, la salute, il part time e molto altro. Il discorso è dunque centrato su quattro temi essenziali: parola, corpo, luoghi, lavoro.

L’impressione determinata dal libro non è di nostalgia ma di forza e fiducia. A maggior ragione perché le testimonianze riguardano anche donne più giovani che mostrano di non aver disperso l’eredità delle loro madri, così come mostra di comprenderlo, strada facendo, la figlia a cui la madre indirizza il proprio racconto. A poco a poco capisce infatti che la qualità della propria vita – dalla libera scelta degli studi e della professione da intraprendere al controllo delle nascite alla collaborazione domestica con il partner, alla possibilità di un protagonismo anche al di fuori della famiglia – sarebbe stata ben diversa senza il femminismo; e sviluppa, interloquendo anche con un’amica della madre, un interesse sempre più vivo per l’azione delle donne, soprattutto nell’ambito del lavoro, perché è proprio in questo capitolo che è lei a prendere la parola. Si rende perciò progressivamente conto non solo dei risultati delle lotte femminili nei campi più vari, ma anche del significato che hanno avuto pratiche di gruppo, come l’autocoscienza, e duali, come l’affidamento con riconoscimento dell’autorità femminile. Percepisce quindi che la vera libertà di ogni donna non nasce da un percorso solitario, ma da una concreta e fattiva relazione con le proprie simili.

D’altra parte, alla base del lungo e articolato lavoro delle stesse curatrici, si intravede una pratica viva di relazioni, riguardante sia il loro rapporto con le molte donne da loro interpellate e con alcuni uomini– sia quello stesso legame di stima e affetto che le ha portate, in un reciproco affidamento, a una scrittura sempre condivisa. Da qui il tono fermo, ma caldo e cordiale, e il senso di apertura alla molteplicità delle esperienze che stanno alla base dell’intero libro e che contribuiscono a determinare, nel corso della lettura, sensazioni piacevoli di gioia e libertà. Un libro che permette di ripercorrere e di ripensare la propria storia e fornisce uno strumento di conoscenza a chi per età o per vicende personali non ha vissuto quegli anni, un ‘oggetto di mediazione’ che consente di aprire un’interlocuzione con le ragazze e i ragazzi su una rivoluzione che ha segnato il ’900 ed è tuttora viva.

(Leggendaria 122, marzo 2017)

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