29 Giugno 2006
il manifesto

Flash da un festival a misura d’uomo

Sul calendario della prima edizione di questo Festival tentato dalla rivoluzionaria scelta di affidarsi alla qualità dei partecipanti a dispetto della quantità di pubblico, prosegue stasera con la lettura di Nathan Englander, e domani con quella di Jeffrey Eugenides. I1 primo luglio sarà la volta di Jonathan Franzen e il 2 è stato chiamato a chiudere la manifestazione David Foster Wallace. Intervistata, come gli altri autori, da Antonio Monda, Zadie Smith ha intrattenuto il pubblico, il 25 sera, alternando brevi racconti sui suoi romanzi tradotti, Denti bianchi e Della bellezza (Mondadori) a flash su di sé, sulle sue passioni, sulle sue idiosincrasie. Questi sono frammenti sparsi di quel che ha detto. «Uno dei piaceri che ho provato nella scrittura è quello di travestirmi, mi dà una grande libertà, per esempio, calarmi in panni maschili per poi tornare in quelli di una donna.» E, ancora, «mi è difficile pensare che scrittori e artisti utilizzino la loro opera per esprimere l’essenza della femminilità piuttosto che quella della mascolinità. Quanto a me, mi sento una femminista, proprio perché ho sempre trovato difficile mettermi in relazione con ciò che riguarda la femminilità. A mio parere, la scrittura femminile ha una componente di passività, di autoillusione, e entrambe non tornano utili a chi intende dedicarsi a elaborare romanzi.»
«Condivido quel che ha detto una volta Iris Murdoch, ossia che il più grande nemico dell’eccellenza nell’arte è costituito dalle fantasie personali, dai sogni di grandezza, dagli ideali su di sé che ci impediscono di accorgerci di quel che abbiamo intorno. Ed è soprattutto alle donne che viene impedito di vedersi come sono.» Interrogata sul fatto che nelle prime righe di Denti bianchi si leggono locuzioni che rimandano al rapporto con la religione, ha raccontato come i suoi genitori le abbiano fatto respirare una «religiosa convinzione atea». E a proposito del suo guardare a Edward Morgan Forster in Della Bellezza ha negato di avere chissà quale predilezione per lui: «è una passione che mi ha, eventualmente, imbarazzato. Del resto un po’ tutto il mio ultimo libro è seminato di negazioni per gli amori di una vita, è un romanzo pieno di peccatucci nascosti e Forster è uno di questi peccatucci.» L’ironia è forse la virtù che l’ha resa più gradita al pubblico della serata, per esempio quando ha espresso la sua adesione alla teoria per la quale, secondo lei, spesso si diventa scrittori dopo avere fallito in qualche altra aspirazione. «Per quel che mi riguarda, sarei voluta diventare ballerina di tip tap, ma era un obiettivo superiore alle mie possibilità.»

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