21 Gennaio 2003

“La carne degli angeli” di Alda Merini

Fernanda Rosso Chioso

Forse il modo migliore per parlare di Alda Merini sarebbe prendere qui e là le sue poesie e presentarle l’una dopo l’altra, perché le loro “risonanze nuove”, come lei scrive, ci muovano all’emozione e al pensiero. Dico questo perché molto mi colpisce la lettura dei suoi versi. Una lingua lirica che traduce in parole il profondo dello spirito, del pensiero, che è insieme “carne” vera e propria, carne dell’esperienza (… “i miei poveri versi / sono brandelli di carne”…).
Carne, profondo, anima, cuore, parole queste, e molte altre ancora, insondabili e ampie, che perdono il loro carattere abusato e ridiventano dirette e ‘primigenie’, quasi ricreassero il loro legame con l’esistenza, in questa poesia. La quale poesia prende i suoi suoni in un “profondo” che lascia trasparire il carattere di un’esperienza esistenziale estrema.
[…]
Nulla vale la durata di una vita
ma se mi alzo e divoro
con un urlo il mio tempo di respiro,
lo faccio solo pensando alla tua sorte,
mia dolce chiara bella creatura,
mia vita e morte,
mia trionfale aperta poesia
che mi scagli al profondo
perché ti dia le risonanze nuove”.
[…]

Per la stanza del “Paradiso” scelgo di proporre La carne degli angeli, una raccolta di componimenti in prosa e versi pubblicata nel 2003 da Frassinelli (prezzo 8 euro).
“Si dice che la creazione del Paradiso fosse la favola di un ignoto amore che a un certo punto sprigionò le ali dalla crosta terrestre, e così, raffreddandosi la terra, comparvero, al di là delle credenze bibliche, i primi voli degli angeli”. Così esordisce la raccolta, presentandoci questi esseri favolosi e però sorti, ai primordi del mondo, dalla crosta della terra, ali dunque della nostra stessa sostanza e però anche di un desiderio amoroso che fa sì che essi possano essere via via “angeli offesi”, “angeli di luce”, “angeli morti”, e altre figurazioni ancora (“… pulviscolo amoroso e traccia del respiro divino, polmone del desiderio, fiore che cresce nella carne, fiore che si identifica con l’io e si pone al centro dell’amore …” per non citare che un breve passaggio). Essi appaiono come figure di un limite-passaggio: della carne dei nostri corpi (la “putredine” di morte), del nostro amore umano, e insieme della conoscenza amorosa, con tutte le sconfitte, perversioni, accecamenti, (“i molti erronei vicoli della nostra demenza”), anche sino allo spegnimento dell’amore (“La verità di Satana non è la verità di Dio ma è l’amore spento”).
Possono darci insomma, queste figure degli angeli, l’intuizione di un limite che è passaggio di conoscenza sconvolgente e che ha a che fare con la nostra carnale umanità. Così l’amore dell’adolescenza forse più di ogni altro amore ce lo ricorda:
“Ci sono donne e uomini che sognano l’amore.
Essi lo sognano in figura di un angelo, di una carezza estrema.
Ma alcuni lo incontrano in modo perverso. Anche un demone sulla terra può diventare un angelo e confiscare per un attimo tutti i beni di una fanciulla, tutta la poesia della vita.
Mi ricordo del periodo dell’adolescenza, in cui la curiosità del sesso diventava la curiosità della parola.
…Mi ricordo dell’adolescenza, questa fiaccola d’usignolo che scaturiva nei miei seni acerbi e la grande voglia di incontrare l’amore come prima forma di spiritualità, prima forma di viaggio.
E la voglia di lasciare la casa paterna per andare incontro alla suggestione del limite.
In quel limite un angelo aveva deposto l’uovo della conoscenza divina”.
Fra i testi, illustrazioni di Mimmo Paladino. Sulla quarta di copertina una fotografia di Alda Merini, un bel volto, con un guizzo infantile e ironico negli occhi e nel sorriso.

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