19 Luglio 2005
il manifesto

“La politica delle relazioni umane” di Gina Lagorio

 Maria Rosa Cutrufelli

Tipico di Gina, di una donna tenace nelle sue passioni, e soprattutto in quella passione-principe che per lei era la scrittura. Tipico di Gina Lagorio congedarsi da tutti noi che l’abbiamo ammirata e amata, solo dopo aver finito di scrivere il libro che racconta la sua malattia. E dopo averlo consegnato alla casa editrice. Particolare che mi ha stretto il cuore. Perché so bene cosa rappresenta questo gesto per uno scrittore o una scrittrice: il distacco vero, definitivo, dalla propria opera. L’ultima volta che ho visto Gina è stato un anno fa, più o meno. Ero andata a Milano per chiederle di farmi da madrina allo Strega. Lei stava già molto male, ma la malattia non era ancora riuscita a fiaccare quella stupefacente vitalità che era caratteristica forse più evidente del suo carattere.

Un modo gioioso d’accostarsi all’esistenza. Una voglia di godersi la vita nei piaceri più grandi come in quelli più piccoli, magari trascurabili all’apparenza. Lei non «rasentava la vita in punta di piedi», come il suo amico Raffaello Baldini o il suo maestro Sbarbaro: lei la gustava con pienezza. E chiedeva agli amici di farsi complici di questo suo inesauribile trasporto vitale.

Così quel giorno a Milano mi accolse con una bottiglia di Veuve Clicquot: era ben consapevole, Gina, dell’importanza dei riti quotidiani, dei festeggiamenti familiari e amicali che rendono memorabile l’evento più scontato. Era maestra nel trasformare un incontro o un semplice appuntamento in qualcosa di speciale, da ricordare: lo champagne nei calici, i fiori bianchi sul tavolo…

Quel giorno mi mostrò anche come si era organizzata per riuscire a lavorare nonostante la pesantezza della malattia. Era ben decisa ad approfittare di ogni ora, di ogni minuto che il dolore le lasciava. Ad ognuna di queste ore, ad ognuno di questi momenti si aggrappava per continuare a vivere, cioè a scrivere: le due cose non sono scindibili, per una scrittrice.

Poi, prima di congedarmi, Gina si raccomandò: «Se ci sono iniziative politiche che ti sembrano importanti, interventi, manifesti, metti pure la mia firma, mi fido di te». Perché questa era l’altra passione di Gina Lagorio: la politica. Sì, è stata parlamentare. Ma non era tanto la politica istituzionale che l’appassionava, quanto la politica intesa come civiltà delle relazioni, come lavoro comune teso a inventare e a intessere rapporti umani più giusti e più felici.

E questa cifra politica è il motore, più o meno segreto, di molti suoi libri, dei racconti di viaggio come dei romanzi o dei saggi di critica letteraria. Non a caso c’è chi ha notato in tutta la sua opera una forte «tensione saggistica»: che poi, molto semplicemente, non è che il desiderio di ancorare l’immaginazione ai fatti del mondo. Una suggestione stilistica. Un’indicazione di metodo. Un magistero letterario di cui, Gina, ti sono e ti sarò sempre grata.

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