Maurizio Bono
C’è un complotto internazionale, il rapimento su suolo norvegese, durante una visita di Stato, del presidente degli Stati Uniti. Ma dietro c’è il giallo delle ragioni private che concorrono a rendere possibile l’atto terroristico. E infine, a tenere insieme le scene in esterno da spy story e le ombre tutte interiori di vittime, investigatori e sicari, un po’ di fantapolitica appena distopica: il presidente Usa è una donna (un personaggio scherza: “Avrei scommesso che ci sarebbe stato prima un presidente nero”). Scelta necessaria, perché il centro del terzo romanzo di Anne Holt, a sua volta donna un po’ speciale (è stata anche ministro), è l’idea che femminile è la dimestichezza con sensi di colpa e segreti, quasi sempre legati ai bambini: amati o disamati, annientati o protetti fino all’annientamento degli altri. Di donne speciali vive il romanzo: con madam the President, Joanne Vik (metà forte della coppia con l’investigatore Stubo) e Hanne Wilhelmsen, ex detective ora in sedia a rotelle felicemente sposata con una donna (siamo in Norvegia, anche Holt lo è). Intorno, molti uomini si danno da fare abbastanza inutilmente. Recitando intanto uno scontro di civiltà che non potrebbe che avvenire a Oslo: agenti Fbi palestrati e armati contro riflessivi ma testardi locali, fieri di un paese in cui alla festa nazionale (tutto inizia il 17 maggio) non sfila l’esercima ma una folla di bimbi in costume.