23 Dicembre 2012

“La storia nascosta in La valle delle donne lupo” di Laura Pariani

Donatella Massara

Il nucleo originario del nuovo libro Lavalledelledonnelupo (Einaudi, 2011) di Laura Pariani è la leggenda del prato delle balenghe di cui la nonna le parlava. L’ha dichiarato anche nell’intervista-commento e lettura del libro che è in rete sulla nostra web radio Donne di parola. La leggenda raccontata nelle valli della bergamasca dice che in un certo prato venivano sotterrate le donne che erano state diverse per il comportamento o per qualche segno esteriore di non conformità che le indicava come ‘balenghe’, cioè non conciliate con l’esistente, ovviamente, quello pensato dagli uomini, padri reali, mariti, padri della chiesa o della patria. La parola ‘balenga’ appartiene ai dialetti del nord. So che è usato nella zona del varesotto, ma fa parte anche dei miei ricordi di bambina vissuta fra Torino, Biella e Vercelli. Balenga/balengo erano una donna o un uomo che avevano un comportamento stonato, non lineare, non ortodosso, anche poco gentile perchè originato dalla discontinuità di umore. Era usato in tempi recenti anche in modo più morbido, mio padre diceva “oggi mi sento balengo” e noi donne della famiglia intendevamo che quel giorno era malfermo, gli girava la testa, forse voleva dire che non si sentiva perfettamente in sintonia con il mondo intorno.

 

Nel romanzo di Laura Pariani le balenghe sono donne che si sono ribellate al comportamento dominante. L’isolamento della sepoltura poteva anche derivare dall’essere zoppe, rosse di capelli, strabiche e ovviamente ‘streghe’ o comunque donne che praticavano ‘la fisica’, cioè che curavano con le conoscenze della medicina popolare, con le erbe, ma anche con la magia. Dal punto di vista della storia delle donne il ricordo che è una notizia di tipo storico, culturale ma che è anche di politica prima mi colpisce molto e ho visto chiaramente, leggendo, come il senso del libro parte da lì. Mi è ritornata con particolare urgenza, chiarezza e evidenza, la convinzione che c’è una storia nascosta nella storia più conosciuta.

Essa non può semplicemente essere identificata con la storia delle donne, ormai ampiamente accettata. Le donne importanti sono state riconosciute, filosofe, scienziate, politiche, scrittrici, e grazie al grande lavoro svolto dalle donne medesime. La partecipazione femminile alla storia politica sta avendo sempre più notorietà. L’importanza della presenza femminile nel processo di unificazione italiana ha avuto libri, riconoscimenti, incontri. E’ la storia nascosta, quella che ha agito nelle popolazioni, congiungendo non sempre in annodamenti di razionale evidenza l’immaginario, le nozioni correnti e i fatti documentati, che ancora è sottaciuta. La leggenda del prato delle balenghe ha questo contesto. Ha avuto però un’ospitalità di alto livello nell’immaginazione della scrittrice, dando, a noi che leggiamo il romanzo, la percezione del filo rosso che lavora nella storia. E’ un filo che congiunge i fatti ma anche li dissocia o li fa implodere nell’inafferrabilità. Il rischio è che nel momento in cui dai un segno positivo a questi fatti essi si allineino, escludendone altri così che nella rete dell’immaginazione si assommano all’infinito, mentre nella storia propriamente detta diventano pezzi selezionati, delimitati e fissati in una memoria che non ha conseguenza nella vita delle donne. Per spiegarmi su questa storia nascosta sono obbligata a pensare alla mitologia femminile confusa nei secoli con i simboli della religione cristiana. Il culto della dea fa parte di questa storia nascosta. E’ quella che racconta bene Luisella Veroli, amabilmente definita da Silvia Vegetti Finzi, “un’archeologa dell’immaginario”. E’ attraverso i suoi insegnamenti che ho imparato a vederne i segni nell’arte. La promiscuità di immagini femminili derivate da diverse religioni ha una lunga resistenza fra le classi popolari e finisce per essere estromessa dalla chiesa, dal potere politico e dagli stessi credenti. Penso alla confusione che per secoli c’è stata fra Iside e la Madonna. Come è noto esistono delle statue che sono più la raffigurazione della prima che della seconda. Più correntemente è facile imbattersi in statue popolari della Madonna rappresentata come Iside con il bambino tenuto in piedi, con un accenno di corona in testa e il nodo isideo sulla cintura della veste. Il culto della dea resiste. A Oropa la chiesa dove è custodita la statua della Madonna nera è costruita su un pietrone considerato un santuario sacro di origine pre-cristiana dove le donne andavano a strofinarsi per ottenere la fertilità. Sono le ricerche di Marija Gimbutas che hanno messo insieme una copiosa raccolta di testimonianze e hanno legittimata la presenza del culto della dea in tutti i continenti. E’ questa una parte della storia nascosta a cui mi riferisco . Essa è però molto più intricata e raggiunge   risvolti  terribili come quelli, all’alba della modernità, della caccia alle streghe. Una storia che Laura Pariani aveva già raccontato in Lasignoradeiporci (Rizzoli, 1999.) Il folclore nei riti, nelle feste, nei simboli ne conserva qualche traccia. Laura Pariani va oltre, però. Gli studi sul folclore hanno irrigidito i segni di una tradizione controllata, con le varie feste sulla befana, per la gibigianna, per i passaggi di stagione, sono culti spesso misogini, allusivi della sessualità maschile e che mistificano cosa queste cerimonie significassero originariamente. Quello che ho visto invece nel romanzo di Laura Pariani è una rielaborazione di quella storia che parla della sconfitta (o della vittoria, in definitiva) dei culti femminili. Raccontata in una forma verosimile la storia della Fenisia, una donna anziana delle valli dell’alto Piemonte, che ha attraversato più di ottantanni del nostro tempo, impone la possibilità di una storia nascosta, e senza avere la pretesa di renderla autenticamente vera, lavora sull’immaginario per farla diventare narrabile. Prendendosi la libertà di esistere arriva all’agire politico delle donne del presente e ci apre all’idea che oltre a una società tutta sottomessa agli uomini contro cui le donne si scontrarono, esista la storia sotterranea delle donne che contendono e contesero il potere agli uomini e che è da questa lotta che esce la nostra storia. Essa è così da subito, attraverso i percorrimenti non lineari del nostro immaginario, storia dei due sessi. Lavalledelledonnelupo è un libro impegnativo che ci insegna come la letteratura, la storia, la politica delle cose prime lavorino bene insieme e attraverso la scrittura impongano una maniera diversa di pensare, di acquisire idee e allargare la nostra mente, una prerogativa che, quando è forte, non è indifferente per l’agire.

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