15 Settembre 2015
il Manifesto

L’adolescenza non innocente

Festivaletteratura di Mantova. Jana Simon, nipote di Christa Wolf e oggi brillante giornalista, presenta il suo libro nato dalle conversazioni, ad alta densità politica e letteraria, con i suoi due nonni molto speciali

 

di Alessandra Pigliaru

 

«Cara Jana, questo regalo di Natale è forse un po’ egoista. Ma penso che tu sia (quasi) cresciuta e da tempo avresti dovuto prendere confidenza con la mia scrittura». È il 1988 e una ragazzina di sedici anni riceve in dono undici volumi, tra romanzi e rac­conti. Insieme al diso­rien­ta­mento provato all’epoca per la mole delle letture che la attendevano, in quel sug­ge­ri­mento severo e affettuoso vi era il pri­vi­le­gio di avere una nonna d’eccezione: Christa Wolf.

Jana Simon oggi è una giornalista brillante, col­la­bora dal 2004 con il settimanale Die Zeit, è autrice di numerose inchie­ste, repor­tage e inter­vi­ste, scrive libri ma, soprattutto, in questi anni non ha mai smesso di stare in rela­zione con Christa e Gerhard Wolf.

Un legame cer­ta­mente faci­li­tato da ragioni familiari ma anche dal costante scambio tra loro. «Lei e mio nonno hanno sempre seguito la mia for­ma­zione, abbiamo discusso molto di poli­tica, let­te­ra­tura, scrittura. Mi manca ancora oggi soprattutto il dialogo con lei».

Quest’anno c’è anche Jana Simon al Festi­va­let­te­ra­tura di Mantova, partecipa al focus dedicato a Christa Wolf. Pensato da Annarosa Buttarelli con la pre­senza fon­da­men­tale di Anita Raja, tra­dut­trice ita­liana e amica di Wolf, Anna Chiarloni, tra le mas­sime auto­rità ita­liane in ger­ma­ni­stica, e e letture dell’attrice Anna Bonaiuto. L’occasione è for­nita da due recenti tra­du­zioni inedite della scrit­trice tede­sca, Parla, così ti vediamo (recensito su questo giornale il 25/3/2015) ed Epi­taf­fio per i vivi. La fuga (recen­sito il 30/04/2015), entrambe edite da e/o.

Quando Jana Simon si rende conto di non avere stru­menti adeguati per codi­fi­care lo stra­vol­gi­mento poli­tico e culturale che, alla fine degli anni Ottanta, inve­ste la Ger­ma­nia, comincia dun­que a riflet­tere sull’importanza di domandare a chi, per scelte let­te­ra­rie ma soprattutto politi­che, quel tumulto prima e quel pas­sag­gio sto­rico poi, ha avuto il coraggio di metterlo in parola. Così, ulti­mati gli studi tra Lon­dra e Ber­lino, dal 1998 – men­tre già lavo­rava presso la reda­zione del quo­ti­diano Tagesspiegel – comin­cia a incon­trare siste­ma­ti­ca­mente Christa e Gerhard Wolf. Ini­ziano dieci anni den­sis­simi, colmi di col­lo­qui su temi tra i più diversi, dall’amicizia all’amore, dal nazio­nal­so­cia­li­smo alla vita nella Ddr e nella Ger­ma­nia dopo la caduta del Muro.

È in que­sto modo che prende forma il volume Sei dennoch unverzagt (Ullstein, 2013), in cui Jana Simon ha rac­colto e ordinato cinque lunghe con­ver­sa­zioni intrattenute con i nonni dal 1998 al 2012. Le prime quat­tro fino al mag­gio del 2008 e l’ultima nel 2012 – quindi solo con Gerhard Wolf, un anno dopo la morte della sua ado­rata moglie.

 

Il titolo scelto è un verso del poeta tede­sco Paul Fleming che non a caso esorta a rima­nere impa­vidi. «Sono stati molti i momenti in cui hanno dimo­strato auda­cia e coraggio», sot­to­li­nea Jana Simon che risponde a qual­che nostra domanda. «Per esem­pio penso all’undicesimo Plenum del comi­tato cen­trale della Sed nel dicem­bre 1965. In quell’occasione, che viene ricor­data come il Plenum-del-Disboscamento, mia nonna è stata l’unica a intervenire con forza con­tro la linea ostile verso l’arte pro­po­sta dall’apparato buro­cra­tico del par­tito. Per lei era irri­ce­vi­bile la messa al bando di film e del lavoro di molto scrit­tori e intellettuali».

Nel frat­tempo i libri della nonna li aveva letti tutti, certo, ma senza cono­scerne pro­fon­da­mente i con­flitti, le lotte, ciò che aveva con­trad­di­stinto l’esistenza di chi l’aveva pre­ce­duta. In quel momento Jana Simon, ven­ti­seienne, ha pen­sato che se un giorno avesse avuto un figlio avrebbe desi­de­rato par­lar­gli della pro­pria pro­ve­nienza.

I temi trattati nel volume Sei dennoch unverzagt sono molti, alcuni più controversi di altri. Cominciano dall’infanzia sotto la guerra, la vita di un tempo scuro e inizialmente indecifrabile, «sicu­ra­mente tutto ciò non è stato vano. Come non può essere vano affinare contemporaneamente lo sguardo su ciò che chiamiamo presente».

È tuttavia il ruolo della politica che innerva tutte le con­ver­sa­zioni. La vita nella Ddr, l’ingresso nel par­tito comu­ni­sta, l’entusiasmo di sentirsi parte di un progetto anti-fascista e di giustizia sociale.

Poli­tica, amore e sodalizi irri­pe­ti­bili, così come l’incontro tra Christa e Gerhard Wolf, poco più che ventenni, la prima gra­vi­danza e la nascita nel 1952 della prima figlia Annette, madre di Jana. Sembra quasi di sentirla ancora quella irrequietudine anche se a rife­rirne sono due set­tan­tenni che a Woserin in un pomeriggio asso­lato rian­no­dano i fili di un’unione spe­ciale per rac­con­tarli alla propria nipote.

È la seconda con­ver­sa­zione, seguita da una lunga pausa. Solo nel 2008 si sono svolti e inten­si­fi­cati gli ulteriori col­lo­qui, tutti docu­menti storico-politici che percorrono l’arco di più di quarant’anni di storia tedesca ed europea.

La gene­ra­zione di cui fa parte Simon è stata definita da Christa e Gerhard «non politica». È lei stessa ad ammetterlo. «Credo che per un lungo periodo di tempo questo sia stato vero nel senso della man­canza di atti­vi­smo come lo hanno sem­pre inter­pre­tato loro, in questa totale aderenza tra vita, affetti, scelte cul­tu­rali e poli­ti­che. Anche su que­sto aspetto però mi hanno insegnato molto: lo sce­na­rio attuale è talmente com­plesso e ingar­bu­gliato che non si può non avere uno sguardo politico, bisogna cercare di capire. E agire. Ora ho una bambina di sette anni, Nora. Questo libro l’ho imma­gi­nato anche per lei».

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