2 Settembre 2016
AP Autogestione e politica prima

L’architettura necessaria di Laura Gallucci

recensione di Stefania Giannotti

 

Ho scoperto presto che spesso l’opacità era nei miei occhi tanto più quando cercavo di usare categorie “neutre” e così dette oggettive nell’interpretare la società, oppure quando cercavo di annullare gli scarti negandoli con semplicistiche soluzioni. Ho cercato allora, grazie alla mia militanza nel movimento delle donne, di individuare un punto di vista non più neutro ma legato alla mia “differenza sessuale”, che arricchisce la capacità di percezione e la creatività nel progettare.

Siamo a pag. 61 di L’architettura necessaria di Laura Gallucci, libro edito da Quodlibet 2015 e voluto da Irene de Guttry e Cristina Liquori per trattenere tra noi e sulla terra la preziosa opera di architettura e di pensiero dell’architetta morta nuotando nel mare di Capalbio nel 2012.

Il testo, corredato dalle immagini delle sue opere e dagli ironici disegni “quotidiani”, è libro da meditare, da leggere, da portarsi dietro, perché di certo così lo hanno voluto le autrici, ma anche perché nel lavoro di Gallucci c’è altro oltre le opere. La sua è architettura consapevole, in cui la professione di architetta progettista non si separa mai dall’esperienza e pratica femminista. Progetto architettonico, pensiero politico, punto di vista non neutro sono tenuti insieme da un legame forte e sempre presente.

Lo sa, lo vuole, lo mette in parole l’architetta Gallucci. È la sua battaglia. E grazie alla capacità di dare senso e all’impegno nel mettere in parole e narrare un processo complesso come il progetto d’architettura, questo libro è ricco non solo di belle e suggestive immagini dell’opera realizzata, ma anche di spunti e indicazioni progettuali, di occasioni per riflessioni politiche.

Già nel 1979 nel documento per la candidatura alle elezioni provinciali, tema «la casa: un problema per la sinistra», critica l’idea della «casa in proprietà», che si fa strada in alcuni settori della sinistra, mettendo al centro la figura femminile e la ricaduta sulla donna della struttura piramidale della città, delle logiche speculative, dell’assenza di servizi sociali. E lo diceva con grande chiarezza e autorevolezza, anticipando così, di qualche decennio, l’idea di cohousing e legando in una visione unica lo spazio dell’abitare a quello urbano e al territorio: Ci ritroviamo allo stato attuale con alloggi che non funzionano senza la presenza di una donna e con una configurazione piramidale della città, con l’esaltazione di un centro che riunisce le funzioni e i servizi più prestigiosi e numerosi, via via decrescenti verso la periferia… la conseguenza è la totale assenza di qualità urbana… (pag. 47).

Nell’ammasso informe della progettazione in cui non si butta niente, neppure gli scarti, Gallucci si muove agilmente mettendosi in gioco fino in fondo con la sua esperienza di donna e con la pratica del partire da sé, che non è ideologia politica ma diventa necessità professionale. La relazione con l’altra/o cliente diventa indispensabile per incontrare il desiderio vero del cliente, e tradurre lo stereotipo con cui può succedere che questo si esprima. Il coinvolgimento emotivo accompagna e impronta tutto il viaggio nella progettazione. È così che Gallucci esce dalla fase in cui tutto si presenta come possibile per individuare ed estrarre l’architettura necessaria.

Gallucci è progettista soprattutto di spazi abitativi. La mano è leggera alla ricerca di dinamicità fluidità trasparenza. Lo spazio cartesiano si rompe a favore della compenetrazione degli spazi con linee spesso curve. Le abitazioni realizzate si scoprono lentamente con punti di vista e scorci sempre diversi, suggeriti da tagli orizzontali e verticali, da sipari che si aprono su nuove prospettive.

Tutto questo e molto altro in L’architettura necessaria di Laura Gallucci, di Irene de Guttry e Cristina Liquori, Ed. Quodlibet 2015.


(AP Autogestione e politica prima, luglio-dicembre 2016)

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