31 Agosto 2021

Laura Lepetit, «Autobiografia di una femminista distratta»

di Antonella Nappi


Il libro di Laura Lepetit è tranquillizzante per me che sono anziana e ho paura della vecchiaia. Ci mostra che la vita compiace comunque, non è il caso di spaventarsi del vuoto e della solitudine, si può godere dell’esserci nel contesto e guardar fuori: è un fare che ci può accompagnare finché si vive. Ma di più ancora: «In natura ci sono molto vuoto e molta attesa. Se tocca anche a noi vuol dire che stiamo partecipando a un modo naturale di vivere» (pag. 34). Quando poi viviamo piccole burrasche si può aspettare che passino, perché passano.

Per chi voglia guardarsi dentro, come a me piace, narrarsi invece di deperire (pagg. 120-121) è proprio ciò che può accompagnarmi a vedere e a capire, a occuparmi e a fare funzionare il cervello.

È un libro utile anche politicamente, nel tormentone teorico delle donne, nell’assenza teorica di altre donne, nell’inventiva un poco allucinata di altre ancora, Laura dà indicazioni preziose. Come togliere energia all’animosità, con il perdono – con la comprensione dico io –, con un poco di allontanamento, non creare sentimenti di vendetta. Questo è il massimo, secondo me, placarsi o placare è un esercizio fantastico. Questo bastare a se stessi nel conflitto con gli interlocutori è un esercizio che permette l’ascolto. L’hanno fatto quegli ebrei che non hanno più necessità di essere le uniche vittime e sanno vederne altre, lo fanno quelle donne che agli uomini insegnano o li ascoltano soltanto per quel che loro conviene.

L’umiliazione delle donne lascia correre alla guerra, lo spiega in poche righe (pag. 112-113), «Quante cose si potrebbero risolvere con le chiacchiere invece di fabbricare armi mortali!»

Le importanti riflessioni sulla depressione delle casalinghe le troviamo documentate da testi, che in tutto il libro percorrono i suoi incontri letterari e danno indicazione di che cosa leggere per arricchirsi.

Nel testo ho finalmente trovato una donna che come me parla con ammirazione di Leni Riefenstahl, l’inventrice del cinema – con pochissimi altri –. L’antinazismo godette nell’identificare il Nazismo in una donna invece di studiare quanto fosse maschile e ancora oggi la depreda delle sue opere. La cultura che opprimeva le donne negli anni delle nostre madri, e a cui per età Laura è appena sfuggita, era una tenaglia per le donne intelligenti: le spingeva a esistere controcorrente e nel contempo a adeguarsi ai ruoli femminili introiettati e anche richiesti per sopravvivere nella società. Molte sono state lacerate nella capacità di intendersi sane e valide per questa doppia identità che finalmente il femminismo ha dissolto permettendo di sapersi e dirsi e agirsi donne con i propri occhi, i propri sentimenti, le proprie ambizioni. Laura è stata capace di disvelare per sé e per tutte che l’identità potente femminile è una sola per ciascuna, la propria.

Segnalo la pag. 71: che cosa vogliono le donne? Il piacere sessuale. L’attrazione per gli uomini è il limite all’indifferenza delle donne verso gli uomini; è una ragione del continuare ad animare il conflitto con loro per non rinunciare al proprio piacere in favore di quello dell’altro. «L’ambiguo favore» che non assegna agli uomini un limite intrapsichico va combattuto da entrambi i sessi.


(www.libreriadelledonne.it, 31 agosto 2021)

Print Friendly, PDF & Email