29 Gennaio 2025
il manifesto

L’odissea di Rezwana, bambina in ostaggio

di Luca Tancredi Barone


Sospesa”, il libro della reporter Mariangela Paone, pubblicato da Add


Settembre del 2015. La foto di Alan, il piccolo di tre anni, trovato morto su una spiaggia turca stretto nel suo giubbino rosso, lanciava un grido lancinante alle coscienze di tutti gli europei. Alan stava scappando dall’orrore della guerra in Siria. Era morto alle porte dell’Europa, e, per un istante, non era più solo un numero. Si stima che altre circa trentamila persone abbiano perso la vita nel Mediterraneo negli ultimi dieci anni.

Solo pochi giorni dopo, il 28 ottobre, arriva la notizia di un altro naufragio di enormi proporzioni in quello stesso tratto di mare, attraversato da ottocentomila persone quell’anno: una fragile imbarcazione in legno di due piani con più di trecento persone a bordo si rovescia davanti alle coste dell’isola di Lesbo. Almeno quarantatré persone perdono la vita. Fra di loro, Fatima, Naseer, Negin (11 anni), Hadith (5 anni) e la piccola Mehrumah, di soli 14 mesi, rispettivamente madre, padre, e sorelle e fratello di Rezwana, unica sopravvissuta al naufragio. Allora aveva solo 13 anni. Fu quel giorno che nacque l’ong Open Arms come la conosciamo oggi, i cui volontari, ancora privi dei mezzi adeguati, cercarono come poterono di aiutare i pescatori che portavano in salvo i naufraghi, sotto gli occhi indifferenti di Frontex e della guardia costiera.

La giornalista Mariangela Paone, reporter e inviata speciale, che oggi lavora a eldiario.es, racconta la storia di Rezwana nel libro Sospesa (Add Editore, pp. 152, euro 18), appena uscito in italiano. Rezwana è afgana. Suo padre fa il cameraman quando nel 2015 la situazione si fa troppo pericolosa per rimanere a Kabul. Il paese è sotto la costante minaccia dei talebani. Lei andava a scuola, portava a casa buoni risultati e in casa la incoraggiavano a continuare. Ma un doloroso giorno, d’improvviso, devono lasciare la loro vita alle spalle. Montano su un volo diretto a Teheran. Da lì inizia un lungo viaggio per terra per arrivare fino alle coste turche da dove partirà l’imbarcazione che li avrebbe dovuti portare in Europa. Un’imbarcazione molto meno sicura di quello che avevano promesso a Naseer per il prezzo che aveva pagato. Salgono lo stesso e nelle fredde acque dell’Egeo ha luogo la peggiore tragedia che possa colpire una bambina.

A partire da quel momento, Rezwana è una minore non accompagnata, sola in un paese dove non conosce nessuno. L’unica familiare vive in Svezia. Durante gli anni successivi, Rezwana passa per tre famiglie affidatarie, cerca di ambientarsi in Grecia. Ma non è felice. Resiste alle pressioni di uno zio che vuole che torni a Kabul. Vuole andare in Svezia. La fredda burocrazia europea che tratta le persone migranti come un fascicolo numerato la tiene bloccata ad Atene.

Anche quando riesce, per un breve periodo, a farsi mandare in Svezia, il trattato di Dublino e una schiera di burocrati la costringono a tornare in Grecia, il primo paese di arrivo, che già le ha concesso un permesso. I desideri, le aspirazioni e il dolore delle persone non contano per un’Europa impegnata in un cinico scaricabarile fra paesi indifferenti. Con un’opinione pubblica che vede le persone migranti solo come un problema, senza scorgere dietro il loro sguardo la disperazione.

«Restiamo umani», diceva Vittorio Arrigoni. Di umana, nella storia che racconta Paone raccogliendo le testimonianze delle tante persone che hanno incrociato le peripezie di Rezwana, c’è la sofferenza di chi cerca, nonostante tutto, di ricostruirsi una vita, di ripescare dal fondo del mare le speranze, i sogni e le aspirazioni, e si scontra contro un muro di cinismo burocratico. Quello di un sistema di accoglienza inadeguato, senza mezzi e ottuso rispetto alle persone che dovrebbe proteggere. Quello di istituzioni europee sorde alle necessità degli esseri umani che scappano dalla barbarie.

Sono passati più di nove anni e Rezwana è ancora bloccata in Grecia: senza la nazionalità, non può andare a vivere con la sua famiglia svedese. Ora sì, può viaggiare liberamente: ma dopo anni, a scegliere per lei non sono i suoi desideri, ma un sigillo su un pezzo di carta.

In mezzo a tutto il dolore in cui vivono i migranti, sballottati da un punto all’altro, prima dai trafficanti e poi dai governi, c’è però un briciolo di umanità. Le ong come Open Arms o Emergency, le volontarie che lottano per non lasciare sola Rezwana, la madre di una famiglia affidataria, un insegnante di una delle scuole per cui è passata, la volontaria che si scontra contro tutto e tutti per non far dimenticare quella bambina ammutolita dalla tragedia, la maestra in pensione svedese che le fa da madrina legale, la avvocata di una ong. E i giornalisti e i fotografi che si accaniscono a voler documentare e raccontare il dramma. Come Paone.

Sospesa è la storia di un’odissea, ma anche una missione: riuscire a trovare i resti della famiglia di Rezwana. Cosa che riesce grazie a persone che cercano di fare di questo mondo un posto migliore.

Il libro sarà presentato l’8 febbraio nelle librerie Arlette e Il Ponte sulla Dora di Torino, il 10 febbraio al Librificio del Borgo di Genova e il 12 presso Casetta Rossa a Roma.


(il manifesto, 29 gennaio 2025)

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