30 Maggio 2015
gasparastampa.es

Luisa Muraro, Gugliema e Maifreda Storia di un’eresia femminista

Luisa Muraro, Gugliema e Maifreda Storia di un’eresia femminista, La Tartaruga, 1985/2003

Edizione digitale della Libreria delle donne di Milano, 2015

Questo libro intenso e ormai introvabile nelle librerie torna a parlarci in digitale delle vicende di Guglielma Boema, di Maifreda da Pirovano e degli altri suoi seguaci.

Negli ultimi decenni del tredicesimo secolo fiorì a Milano un movimento religioso, relazionato con la vicina abbazia di Chiaravalle, cui presero parte donne (in maggioranza) e uomini, religiosi e laici, gente del popolo e membri di eminenti famiglie milanesi.

Figura centrale di questo gruppo eterogeneo e socialmente trasversale fu una donna laica, Guglielma, che giunse a Milano con un figlio tra il 1260 e il 1270. Non si sa quale potesse essere la meta del suo viaggio, comunque a Milano si stabilì. Secondo i suoi seguaci era di famiglia reale e proveniva dalla Boemia. In seguito fu nota come Guglielma Boema. Luisa Muraro argomenta a favore di quell’origine e discendenza (una questione su cui gli storiografi rimangono discordi).

Il gruppo di Guglielma privilegiava la terza persona della trinità cristiana, lo Spirito Santo, l’elemento dell’amore. Un punto, questo, comune a tanti altri movimenti religiosi di quell’epoca piena di tensioni e anche di ansia rinnovatrice. Gioacchino da Fiore, sul finire del secolo precedente, aveva profetizzato l’avvento di una nuova era, quella dello Spirito Santo, che sarebbe succeduta e avrebbe superato quella del Padre (Vecchio Testamento) e quella del Figlio (Nuovo Testamento). Gioacchino prefigurava inoltre una nuova comunità (Monasterium) in cui sarebbero confluite spiritualità diverse e di cui avrebbero fatto parte anche i laici sposati e le loro famiglie.

La grande singolarità del gruppo milanese stava nel fatto che Guglielma era considerata l’incarnazione attuale dello Spirito Santo, per lo meno nel pensiero dei suoi due principali seguaci, la suora Maifreda e il laico Andrea Saramita: Dio si era fatto donna in Guglielma come si era fatto uomo in Gesù.

Guglielma morì di morte naturale nel 1281 o nel 1282, e fu subito oggetto di ulteriore grande venerazione presso i suoi seguaci e nella stessa abbazia di Chiaravalle, dove le si dedicava un culto particolare e furono eseguite pitture che la raffiguravano con la Madonna o nelle sembianze di sante già canonizzate.

L’idea che in Guglielma fosse incarnato lo Spirito Santo non era gridata ai quattro venti, ma coltivata nell’ambito più ristretto del gruppo e non è dato sapere se e quanto gli stessi frati di Chiaravalle ne avessero sentore.

Il culto di Guglielma era espresso prevalentemente nelle forme tradizionali della devozione cattolica per figure di grande spiritualità, tanto che Guglielma sarebbe potuta diventare un’altra santa del popolato pantheon cattolico se non fossero giunte all’Inquisizione milanese voci o delazioni in relazione a pratiche e credenze non ortodosse dei guglielmiti.

Nell’anno 1300 fu celebrato un definitivo processo per eresia in cui, nel corso di vari mesi, furono interrogate molte persone del gruppo e loro parenti o conoscenti. Al termine del processo i principali inquisiti furono condannati al rogo. Ad altri, pentiti, furono comminate pene lievi. Con ogni evidenza fu messo al rogo anche il corpo di Guglielma, appositamente esumato dalla sua sepoltura in Chiaravalle.

Di quel processo, in Gugliema e Maifreda Luisa Muraro offre un resoconto ragionato basandosi in primo luogo sull’esame rigoroso dell’unico verbale superstite.

Muraro propone inoltre un’avvincente ricostruzione delle relazioni interne al gruppo prima e dopo la morte di Guglielma, interrogandosi in particolare sulla figura di Maifreda come “sostituta” di Guglielma.

Maifreda, dopo la morte di Guglielma, divenne la leader del gruppo, a capo di una sorta di chiesa parallela o alternativa fondata sul culto di Guglielma: risulta che, oltre ad amministrare sacramenti al pari di un sacerdote, avesse introdotto nel cerimoniale che la riguardava atti di venerazione che erano dovuti esclusivamente al Papa.

Fu, probabilmente, una delazione relativa a una messa celebrata da Maifreda nel giorno di Pasqua dell’anno 1300 a provocare un giro di vite nel processo inquisitorio già in corso.

Muraro sottolinea come il culto celebrato da Maifreda non fosse eterodosso nella forma, rimanendo nel solco della liturgia cattolica eccetto che per il fatto, questo sì scandalosamente eterodosso, che era condotto da una donna.

 

«Suor Maifreda disse messa – sono parole di Sibilla Malconzato – e aveva l’ostia e la elevò e fece tutte le cose che fanno gli altri sacerdoti per la messa». La conformità del rito metteva in risalto, per contrasto, l’elemento assolutamente nuovo rappresentato dal sesso del celebrante. Per quanto possa suonare paradossale, suor Maifreda non era un’eretica riformatrice, non aveva cioè in mente di rinnovare la Chiesa in senso morale o spirituale. Quello che pensava e voleva era un mutamento dello stato femminile […]

 

Una questione centrale affrontata nel libro è quale fosse stato il pensiero della stessa Guglielma sul tema dell’incarnazione. La questione, tra l’altro, era importante per gli inquisitori che cercavano, con il fine di poter stroncare il movimento guglielmita alla radice, qualcosa che dimostrasse che la stessa Guglielma era caduta nell’eresia prima di morire: un compito non facile, perché gli inquisiti facevano normalmente riferimento a cose che avevano sentito dire da Maifreda o da Andrea, non da Guglielma.

Gli inquisitori, osserva Muraro, non potevano comprendere appieno il mutamento simbolico implicito nella spiritualità di Guglielma, né sarebbero stati in grado di affrontarlo su un piano dottrinale complesso. E in ogni caso avevano tutto l’interesse a non parlarne:

 

La questione teologica che l’inquisitore vuole evitare è infatti quella della differenza sessuale in rapporto all’incarnazione di Dio. Del Dio incarnato in Gesù Cristo si insegna che lo ha voluto e che ha voluto essere ebreo ed essere povero e nascere a Betlemme e che ha voluto morire in croce. Ha voluto anche essere uomo piuttosto che donna? E che senso si deve dare a ciò? La ricerca spirituale di Guglielma riguardava questo tema.

 

Gli inquisitori si concentrarono piuttosto su questioni di dettaglio, chiedendo per esempio alle persone inquisite se ritenevano Guglielma superiore alla Madonna: una risposta affermativa sarebbe stata eretica in base a un punto ben definito della dottrina cattolica.

Alla fine trapelò comunque qualcosa di fondamentale riguardo a Guglielma e al suo coinvolgimento nell’eresia:

 

Guglielma stessa avrebbe insegnato che il suo corpo e quello di Cristo erano un medesimo corpo, quello dello Spirito Santo. E che di conseguenza era superato il regime della salvezza attraverso il sacrificio di Cristo.

Leggiamo le parole del verbale: Guglielma, quando viveva, disse che «dal 1262 in avanti non si sacrificava né consacrava il corpo di Cristo soltanto ma insieme al corpo dello Spirito Santo, che era la stessa Guglielma […] Perciò, continua il testo, Guglielma diceva che «a lei non interessava vedere il corpo di Cristo né il suo sacrificio, perché vedeva se stessa».

Guglielma parlava del suo corpo come luogo di una passione che si compie senza sacrifici cruenti ma semplicemente per il suo essere un corpo di donna. Si tratta dunque della passione della differenza sessuale.

 

Riguardo a ciò che veramente Guglielma abbia detto, insegnato, pensato, Muraro fa presente che noi conosciamo il pensiero di Guglielma solo indirettamente, attraverso le parole di altri e le idee elaborate da altri, oltretutto semplificate e schematizzate dalle procedure processuali.

Ciononostante, il libro riesce a restituire Guglielma come una figura di grande respiro, una donna che non si esprimeva in modo dottrinale ma sapienziale. Le affermazioni che le sono attribuite durante il processo non furono il contenuto di prediche pubbliche, bensì parole dette in situazioni concrete, personali, in una intimità di soggetti. Più di una volta qualcuna/o del gruppo chiese a Guglielma se era vero, come aveva sentito dire da altri, che lei era lo Spirito Santo. Guglielma negava incollerita dicendo che era una donna in carne ed ossa, nata da una donna e da un uomo ecc.: un atteggiamento che si può attribuire alla saggia volontà di proteggere il gruppo dei seguaci insieme con se stessa, ma anche al rifiuto di essere incasellata dentro una formula, una definizione teologica.

 

(www.gasparastampa.es, maggio 2015)

 

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