Monica Farnetti
Come si vede, il titolo finisce con una virgola. Ovvero non finisce ma si sospende, per poi continuare dentro ogni pagina e ogni lettera che il libro contiene e riversarvi i suoi tesori. In questa sospensione infatti c’è tutto lo slancio che la scrittura epistolare sempre promette e che in questo caso scoppia più che mai gioiosa e travolgente. Sono, per la maggior parte, lettere della madre alla figlia, ma non mancano alcune risposte di quest’ultima che si chiama Colette anche lei, e che però nonostante il gioco di specchi (che Colette madre instaura impegnandola ben oltre il nome: “Non sei degna di tua madre”, “Non ti ho messa al mondo perché tu diventi una donna qualunque”, “Mi somigli e me ne compiaccio” ecc. – cito a memoria) risulta alla fine dei conti una donna del tutto diversa.
Tranquilla, organizzata, legata alla terra (fa la contadina con passione e provvede, negli anni di guerra, anche al vitto della madre e degli amici e amanti suoi), serena nella sua solitudine (che solo un brevissimo matrimonio sbagliato interrompe), e miracolosamente capace di non risentire del fatto di essere cresciuta senza le cure materne (che vengono prodigate, in sostanza, solo per lettera o poco più), Colette figlia è un “personaggio” bellissimo, e molto importante fra l’altro, come si deduce, per l’equilibrio della madre stessa. E all’altro polo della corrispondenza ecco esplodere lei, la sempre e comunque grande Colette. La donna traboccante d’amore per tutto (umani, bestie, alberi, teatro, scrittura, cinema, cucina, abiti, mare, monti, mondo). La madre che fa i salti mortali per garantirsi e meritarsi l’affetto della figlia.
La scrittrice di romanzi incantevoli dei quali perfino i titoli sono magia (“Il grano in erba”, “La nascita del giorno”, “Il puro e l’impuro”, “Chéri”, “Sido”, ecc.). L’ epistolografa infine la cui scrittura è eccitante, sfrenata, freschissima, bella perché vera e cioè attaccata alla vita e capace di volare dalle castagne alla gamba malata alla prima di uno spettacolo a una delusione erotica a una gioia intima. Con una scrittura che tiene fisicamente insieme tutto, che si fa scuola in questo senso e
che ci lascia piene di gioia e di gratitudine.