18 Settembre 2015

Mia madre femminista. Storia da una rivoluzione che continua

Carissime Luciana e Marina,

ho appena finito di leggere il libro da voi curato Mia madre femminista. Storia da una rivoluzione che continua (Il Poligrafo, Padova 2015) e vorrei comunicarvi, a caldo e con semplicità, le impressioni che mi ha suscitato.

Prima di tutto mi ha lasciato un senso di contentezza, anzi di benessere.

Certamente questo è dipeso in buona misura dal mio interesse per l’argomento trattato: il mondo delle donne negli ultimi cinquant’anni circa, partendo dal Sessantotto. Aggiungo poi che l’ottica della differenza, chiaramente privilegiata nel libro rispetto a quella dell’emancipazione, mi trova da tempo consenziente e, quindi, mi comunica un senso di appartenenza positiva. Ma le mie impressioni sono derivate anche da altri elementi. Il vostro libro è estremamente ricco e, in larga misura, esaustivo, però non è né un tradizionale resoconto storico né, tantomeno, un semplice repertorio. Al dialogo vivo tra una madre e una figlia che fa da cornice si intrecciano infatti costantemente le testimonianze di donne che, in campi diversi, hanno avuto nel movimento un ruolo importante e che, nel loro racconto, vanno al cuore delle vicende cruciali che le hanno viste protagoniste, restituendole con molta vivezza e con una forte consapevolezza della loro importanza per il presente. Il tono che ne deriva non è perciò di nostalgia ma di forza. A maggior ragione perché le testimonianze riguardano anche donne più giovani che mostrano di non aver disperso l’eredità delle loro madri simboliche, così come mostra di comprenderlo, strada facendo, la figlia a cui la madre indirizza il proprio racconto, rendendosi conto a più riprese dei vantaggi che le specifiche lotte delle donne nei campi più vari, e soprattutto le pratiche con cui hanno portato avanti le loro lotte (in particolare l’autocoscienza e l’affidamento con riconoscimento dell’autorità femminile), hanno determinato, per la propria generazione come per quelle successive, in termini di libertà, di agio e di vera grandezza femminile. La stessa rete di testimonianze, fondamentale nella struttura dell’opera, rimanda a una pratica viva di relazioni, riguardante sia le molte testimoni sia voi stesse nella relazione diretta o indiretta con loro. Da qui il tono fermo, ma caldo e cordiale, e il senso di apertura alla molteplicità delle esperienze che sta alla base dell’intero libro e che non poco contribuisce a creare, nel corso della lettura, una sensazione positiva.

Infine mi è sembrato molto giusto l’inserimento, nel titolo, del richiamo letterale al femminismo. Molte donne infatti, pur libere e apparentemente aperte, si sottraggono assurdamente a questa parola, non rendendosi conto che anche l’emancipazione individuale può essere un guscio vuoto, se scissa dal rapporto consapevole con le altre e dalla gratitudine per ciò che esse, in vari campi, hanno fatto nel passato, o che fanno nel presente, non solo per una difesa dei diritti tradizionali, ma anche e soprattutto per il nostro esistere nel mondo a partire veramente da noi stesse.

In questo senso il vostro lavoro potrà essere prezioso, in termini di consapevolezza, per tante donne, e soprattutto per le giovani. In ogni caso è stato molto importante per me.

 

Graziella Bernabò

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