12 Agosto 2023
il manifesto

Michela Murgia, il corpo politico della scrittura. Una partigiana della differenza

di Laura Fortini


Il corpo ha un suo sapere e forse per questo Michela Murgia ha vissuto così intensamente la sua vita, attraversando modi e stili assai diversi di scrittura, ma sempre con grandissimo amore per la parola, detta e scritta. Si può provare oggi solo ammirazione e gratitudine per la sua passione per il mondo e l’empito corale che accompagna la sua morte è partecipazione viva e commossa che la riconosce interamente.

Passione partigiana quella di Michela Murgia e la parola partigiana non è scelta a caso e nel senso orgogliosamente migliore del termine, perché Michela si è posizionata sempre in modo esplicito e senza infingimenti o tatticismi di sorta, cosa assai rara di questi tempi, capace di una non facile ma voluta esposizione pubblica della propria differenza, che ha rappresentato in un modo originale e creativo, facendone leva per un dibattito pubblico assai asfittico e a volte, anche troppo spesso purtroppo, violento. Con il quale Murgia ha interloquito con ironia e intelligenza già a partire da Il mondo deve sapere, romanzo tragicomico di una telefonista precaria, che raccontò nel 2006 la realtà dei call center di cui oggi nessuno parla più perché ritenuti ormai la prassi normale del lavoro precario e ingiusto cui non riusciamo a trovare limiti né contenimento, del quale il lavoro femminile costituisce la forma più sfruttata.

In esso Murgia rielabora, come poi farà con continuità, una sua propria esperienza, perché Michela è sempre partita da sé, esercitando una pratica del movimento femminista prima ancora di divenire femminista: a partire dal lavoro, argomento della sua opera prima, e dal suo essere nata in Sardegna, con cui si confronta in Viaggio in Sardegna nel 2008 nel quale riflette anche sugli scrittori e scrittrici della Sardegna e sulla complessa eredità deleddiana, che valorizzerà nelle sue prove drammaturgiche nel 2017 nello spettacolo Quasi Grazia, scritto da Marcello Fois con la regia di Veronica Cruciani. Per affrontare poi in modo del tutto originale e nuovo il tema del fine vita nel bellissimo Accabadora del 2009, di cui rimane stagliata nella memoria collettiva la figura della fill’e anima, nome della forma con cui in Sardegna ci si è presi cura in famiglie diverse da quelle cosiddette naturali di figli e figlie d’altri senza con questo passare necessariamente attraverso forme di adozione normata, che anticipa di molto quanto è oggi al centro di un dibattito molto acceso.

La Sardegna come terra d’elezione, di memoria e d’affezione oltre che di nascita, è al centro di molti suoi racconti, come quello scritto nel 2012 per la raccolta a più mani Piciocas. Storie di ex bambine dell’isola che c’è, e quello del 2014 nel volume Sei per la Sardegna, insieme a Salvatore Mannuzzu ed altri, i cui proventi sono andati per l’alluvione in Sardegna: e chi ricorda più la rovinosa alluvione della Sardegna insieme alle innumerevoli altre di questo nostro devastato territorio? Michela insieme ad altre e altri non ha dimenticato e la sua è stata una scrittura orgogliosamente e dichiaratamente partigiana sempre, anche quando apparentemente lontana dalla forma saggistica.

Come avviene altrimenti in Ave Mary. E la chiesa inventò la donna, del 2011, dove Murgia ha messo a tema la sua formazione religiosa indagando il difficile rapporto tra il cattolicesimo e le donne a partire anche dai suoi studi teologici, affrontando poi in moltissimi libri scritti a più mani temi e questioni apparentemente meno letterarie e sempre più politiche con titoli di per sé parlanti: nel 2013 con Loredana Lipperini L’ho uccisa perché l’amavo: falso!, nel 2019 con Chiara Tagliaferri Morgana, storie di ragazze che tua madre non approverebbe, e ancora con Chiara Tagliaferri nel 2021 Morgana. L’uomo ricco sono io, mentre interamente a lei si devono libri come Istruzioni per diventare fascisti, del 2018, tradotto anche negli Stati Uniti come molte altre sue opere, Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più (2021) e Good Save the Queer. Catechismo femminista, del 2022.

In realtà, il corpo politico della sua scrittura è sempre stato saldamente nelle mani di Michela Murgia nella sua breve e intensissima vita, intessuta e arabescata di una miriade di parole nei modi più diversi, in rete come sulle pagine di carta, negli interventi sui media e nelle infinite e più varie modalità che ha esercitato. Un pensiero e una pratica politica volte alla nascita di nuove forme di scrittura anche quando ha parlato di morte e ne ha fatto volutamente tema pubblico: l’esposizione del corpo malato è così divenuta forma politica della rappresentazione della famiglia queer che ha scelto come forma elettiva del proprio vivere e insieme della malattia come preannuncio del decadere del corpo biologico ma non del corpo politico della sua scrittura, che ha sovvertito il binomio letteratura/saggistica facendone qualcosa di altro e diverso.

Così anche nella sua opera Tre ciotole. Rituali per un anno di crisi, del 2023, che si potrebbe definire ultima se non fosse che Murgia ha continuato a scrivere in rete e a intervenire su tutto quello che riteneva essenziale e importante fino a tre giorni fa.

Molto si sta scrivendo e molto si scriverà di lei, molti i nomi che si sono fatti e che si faranno per collocarla in una tradizione che va da Gramsci a Pasolini, ma si potrebbero fare anche molti nomi di donne altrettanto rivoluzionarie, diverse e simili a lei tanto quanto Gramsci e Pasolini: occorrerà tempo per trovare i modi per nominare adeguatamente una scrittura così precursora nel suo essere partigianamente volta al presente e ancora di più al futuro, ma intanto la sua scrittura ci accompagna e ci accompagnerà con le parole e il mondo così tanto appassionatamente amato da Michela Murgia.


(il manifesto, 12 agosto 2023)

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