9 Settembre 2020
il manifesto

Nino Haratischwili, un romanzo fiume che racconta gli intrecci del tempo

di Giacomo Giossi


Vita familiare, rivoluzioni e dittature si intrecciano nel Novecento come forse mai prima nella storia, come già ha indicato nel suo brillante e approfondito saggio, Famiglia Novecento (Einaudi), Paul Ginsborg.

E di famiglia e rivoluzioni (collettive e individuali) racconta con grandi qualità narrative e affabulatorie la drammaturga Nino Haratischwili che con il romanzo fiume L’ottava vita (Marsilio, pp. 1129, euro 24, traduzione di Giovanna Agabio) rende omaggio a una storia familiare che è anche il racconto delle intime diversità di generazioni e popoli che sotto l’etichetta dittatoriale dell’Unione Sovietica hanno patito la cancellazione oltre che della libertà anche delle proprie origini.

Haratischwili sviluppa nell’arco di un secolo che si distende tra due voci narranti femminili il racconto di una famiglia che è anche quello di un territorio e di un’epoca attraversati da cambiamenti politici e sociali rapidissimi e straordinari. La qualità principale del romanzo sta nell’offrire uno spaccato storico senza che mai i due piani, quello privato e quello pubblico, si contrastino o entrino narrativamente in conflitto appesantendo la narrazione: tutto è in perfetto equilibrio anche grazie a un non banale tono ironico, leggero che fa di questa famiglia il veicolo ideale per raccontare le contraddizioni spesso ridicole di un tempo così tremendamente segnato dall’ideologia.

Sette le donne che segnano il racconto di una vicenda che va dagli Zar fino alla caduta del muro di Berlino e che utilizza tutti gli strumenti tipici dell’avventura che fanno di questo romanzo un testo ricco e storicamente puntuale, che per certi versi può essere equiparato al lavoro di Stefano Massini, Lehman Trilogy, non a caso anche da questo romanzo Haratischwili ha tratto un lavoro teatrale.

La ricostruzione agisce meno per elementi simbolici e affonda di più in quella che può essere definita l’emotività dell’epoca. Si potrebbe quasi azzardare un confronto tra quello che sembra un racconto femminile che si oppone a uno maschile, il crollo di due ideologie, ma anche la vivacità generativa di una famiglia, quella raccontata da Haratischwili che supera ed evita i legami con il potere e mantiene generazione dopo generazione un’energia sentimentale che ai Lehman non è permessa.

A est, nel vecchio impero comunista, là dove ogni cosa sembra cancellata da un crollo che ha chiuso un secolo, ritroviamo la forza di legami non retorici che intrecciandosi alla Storia la superano mantenendo sotto la cenere dei movimenti e delle ideologie una brace viva pronta a espandersi nuovamente riaccendendo passioni ed entusiasmi. Un romanzo popolare, potente e avventuroso nella migliore accezione del termine, capace di attrarre il lettore e renderlo partecipe appassionandolo senza nulla concedere a un’eccessiva o ricolorata ricostruzione storica.

I due piani convivono felicemente aggiungendo qualità e curiosità alla lettura e non appesantendola. L’ottava vita fa i conti con la storia collettiva di un territorio e di un tempo attraverso il racconto libero e a tratti leggero di una storia privata. L’autrice si pone così come parte integrante di una vicenda, ma anche quale elemento successivo a ciò che convoca e quindi libero di reinterpretare senza trascolorare il tempo trascorso.


(il manifesto, 9 settembre 2020)

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