15 Settembre 2023

Paola Elia Cimatti, “Lo sguardo di Bianca”, Ali&no editore, 2021, pp. 84, € 12,00

di Loredana Magazzeni


Anticipiamo questa recensione di unopera di Paola Èlia Cimatti in uscita sul prossimo numero di Leggendaria, ricordando che sabato 23 settembre alle 18.00 lautrice sarà presente a un incontro sulla sua raccolta di poesie Passioni. Poesie scelte 2000-2022.

La redazione del sito


Paola Elia Cimatti, che da molti anni fa parte del Gruppo ’98 di poesia, perché è soprattutto poeta, ama molto la scrittura narrativa e ha vinto nel 2020 il Premio letterario intitolato a Clara Sereni, con i racconti di Lo sguardo di Bianca, che hanno per tema l’esistenza di una persona albina.

Non si tratta però di racconti sull’albinismo, sono racconti e basta, ironici, a volte surreali, che narrano la condizione di una donna la quale, sul finire degli anni Settanta, vive l’uscita dalla famiglia, immersa nel suo universo provinciale e magico, l’arrivo nella città per l’università e il lavoro, la metamorfosi e il passaggio dall’età infantile a quella adulta, ovvero la costruzione di sé attraverso una condizione particolare e sensibile.

I dieci racconti non seguono un ordine temporale che non sia quello del ricordo e dell’associazione mentale per improvvise accensioni, gesti, modi di dire, spezzoni di frasi che si sono innestate e hanno inciso, dolorosamente o giocosamente, sulla condizione della giovane donna che è Bianca.

Un libro sulla ricerca di libertà, e soprattutto sull’essere e continuare ad essere sé stesse. C’è una raccolta di poesia della poetessa inglese Kate Tempest, che si intitola Hold your own, “Resta te stessa”, esortazione che invita a tenere insieme orgogliosamente i propri pezzi a dispetto di tutti, e soprattutto di chi ci vuole conformati, mimetizzati, inermi e infine sbagliati.

In questi racconti Paola ha tenuto fede al “partire da sé” del pensiero della differenza, e al motivo della gratitudine e dell’affidamento fra donne caro alla filosofia femminista, dedicando il suo lavoro a Donatella Pannacci, che in tante abbiamo amato e apprezzato per la sua pluridecennale attività nel gruppo bolognese del Movimento di Cooperazione Educativa, che ci ha insegnato soprattutto l’ascolto l’una dell’altra. L’ascolto profondo dell’altro può essere insegnato, se appunto abbiamo la fortuna di incontrare maestre capaci di insegnarlo o libri altrettanto in grado di suscitare cambiamento, come quelli di Simone Weil e di Etty Hillesum, amati e studiati da Paola, che sono per lei punti di riferimento non solo teorici.

La scrittura di questi racconti è situata, nasce da un posizionamento preciso: la campagna romagnola degli anni Cinquanta, in cui si snoda l’infanzia della protagonista, campagna immersa in un pensiero magico che esclude senza reticenze il diverso, chi nasce con un segno o uno stigma, come può essere il colore della pelle o dei capelli. La trasparenza dei capelli costa a Bianca l’ostracismo dalla comunità, a partire dalla sua stessa famiglia e dalla figura di riferimento, così importante nel libro, che è quella della madre, Ottavia.

Il suo è un essere “una bambina fuori posto”, un’appartenente a “il mondo di sotto”, di cui negare l’esistenza coprendone la diversità, in questo caso il colore dei capelli, con continue tinture, tema del racconto Capelli trasparenti. È qui che Bianca comincia a perfezionare la sua “arte di scomparire”, dando forma al senso di esclusione che derivava dall’essere, suo malgrado, “l’errore che era”.

I dieci racconti sono però percorsi dal tono prediletto, che è quello dell’autoironia a tratti surreale, a tratti attenta dalle esperienze estreme, come può essere, per la ragazza Bianca, l’uccisione cruenta di una gallina, con atmosfere di suspence, come quando “una cupa aria elettrica faceva stridere i coltelli sui piatti”, sottolineando una violenza che era tipica di un mondo ancestrale contadino. Di converso, attraversa il libro la musica, con i brani dell’amata fisarmonica, e l’amore per le canzoni di lotta degli anni Settanta. Ma l’altro amore che muove Bianca è l’amore per la sua città d’adozione, Bologna, amore che ci rimanda in vividi quadri attraverso il racconto Finestre, le tante finestre che hanno accompagnato i suoi traslochi, con visioni dei tetti e del verde nascosto di Bologna. Surreale e quasi comico appare infine il racconto Scrivere il proprio nome, tutto incentrato su giochi di parole ed espressioni e quello dedicato a Calimero, il pulcino nero, cui simbolicamente si avvicina la bambina Bianca, con una immedesimazione al contrario.


(www.libreriadelledonne.it, 15 settembre 2023)

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