21 Gennaio 2005

“Quel che il cuore sapeva” di Marta Boneschi

Bianca Pitzorno

Bianca Pitzorno è così brava che solo a lei permettiamo di saltare la nostra regola aurea: poche righe che dicono perché un libro ci è piaciuto. Ma noi non siamo scrittrici e lei sì, dunque viva la differenza!

Le biografie dei personaggi famosi possono dividersi in due categorie: quelle malevole, in cui il biografo cerca di ‘smontare’ il mito del personaggio mostrandone la quotidianità nei suoi aspetti più sordidi, e quelle dettate dalla simpatia e dal desiderio di riabilitazione.
Marta Boneschi, fine indagatrice del costume italiano femminile dell’ultimo secolo, in questa sua prima biografia simpatizza e parteggia appassionatamente per la donna oggetto della sua accuratissima ricerca. E ricostruendo la vita di Giulia Beccaria, figlia del filosofo Cesare (autore del celebre trattato ‘Dei delitti e delle pene’) e madre di Alessandro Manzoni, ci offre anche uno straordinario quadro di vita milanese a cavallo tra il Sette e l’Ottocento. La Milano galante e ipocrita dei matrimoni combinati e dell’adulterio tollerato nella figura del cicisbeo, della aristocrazia bigotta e dei filosofi illuministi, delle ‘Accademie’, della amministrazione austriaca e dall’entusiasta intermezzo napoleonico.
Di Giulia ci aveva già raccontato Natalia Ginzburg nel suo ‘La famiglia Manzoni’, una biografia familiare che rientra nella categoria di quelle malevole. Giulia vi appariva già anziana, bigotta, fanatica e prepotente matriarca, e, come il suo più illustre figlio, non suscitava la simpatia del lettore.
Marta Boneschi ci racconta invece la vita della sua eroina fin dalla nascita e ce la rivela intelligente, sincera e appassionata; vittima sacrificale degli illustri parenti maschi colti e illuminati, che in teoria sostenevano l’emancipazione femminile e in pratica negavano libertà e dignità alle donne di casa.
Due famiglie eccellevano in quegli anni a Milano, per l’antico sangue aristocratico e per il pensiero libero e innovatore dei membri più giovani: i Verri e i Beccaria. Il libro è anche la storia di queste due famiglie e del contrasto tra i ‘vecchi’ avari e retrogradi e i giovani proiettati verso il futuro e insofferenti di tutele e di censure.
Cesare Beccarla, giovanissimo, fugge di casa per sposare una ragazza non gradita ai suoi, e solo l’intervento dell’amico Pietro Verri convince il vecchio marchese padre a non diseredarlo e a riaccoglierlo in famiglia. La primogenita di questo matrimonio d’amore viene chiamata Giulia in onore della roussoiana ‘Julie’, ma passato il primo entusiasmo dei genitori viene trascurata e poi dimenticata in convento fino all’età di diciotto anni. Appena uscita dal convento Giulia si innamora di Giovanni Verri. Lei un’ingenua diciottenne, lui un cinico libertino trentaseienne che non ha alcuna intenzione di sposarla. Cesare Beccarìa infatti, che ha un’altra moglie e un erede maschio, vuole sì liberarsi dal fastidio di questa ragazza troppo vivace e spontanea, ma senza darle la dote necessaria a un buon matrimonio. Vengono così combinate in gran fretta le nozze tra Giulia e il conte Pietro Manzoni, più vecchio di suo padre e notoriamente impotente. Giusto in tempo perché il frutto della relazione tra Giulia e Giovanni Verri nasca all’interno della sacra istituzione del matrimonio.
La vita matrimoniale per Giulia è un inferno, ma troppo sincera per prendersi un cicisbeo, come il costume le avrebbe consentito, dopo dieci anni la giovane donna chiede e ottiene la separazione, suscitando grande scandalo. Adesso è povera, isolata, sola. Giovanni da tempo si è allontanato, il bambino è in collegio, lei ha compiuto trent’anni… Ma a questo punto un colpo di fortuna illumina la vita della nostra eroina. Io scapolo più ricco, più nobile, più bello, più intelligente e generoso di Milano la incontra, la apprezza, se ne innamora. E’ Carlo Imbonati, l’allievo prediletto, il ‘garzon bellissimo’ cantato dell’abate Parini. Poiché, non essendovi il divorzio, Giulia non può risposarsi, i due non più giovanissimi innamorati sfidano l’opinione pubblica vivendo more uxorio e dopo qualche tempo si trasferiscono a Parigi, dove frequentano le persone più interessanti, colte e illuminate della capitale francese. Questo è per Giulia uno straordinario intermezzo di felicità, crudelmente interrotto, dopo tredici anni, dalla morte improvvisa di Carlo, che però anche questa volta ha sfidato le usanze lasciando in eredità alla ‘speciale ed unica amica’ l’intero, enorme patrimonio, che renderà Giulia finalmente ricca e libera del suo destino e permetterà ad Alessandro Manzoni di dedicarsi per tanti anni a scrivere e riscrivere I Promessi Sposi, senza preoccupazioni finanziarie. Da questo momento Giulia si dedica interamente al figlio e alla sua sempre più numerosa figliolanza. I suoi ultimi anni saranno rattristati dai contrasti con la seconda nuora, dai lutti familiari, dai rigori di una religione troppo severa.
Ma al lettore resta l’immagine di una giovane donna spontanea e appassionata, tenace nei suoi affetti, colta e curiosa, che combatte per tutta la vita la tirannia maschile familiare e che viene premiata da un amore eccezionale per i suoi tempi (e forse anche per i nostri). Un amore che le tributa apprezzamento per le sue doti morali e intellettuali, che le riconosce, alla lettera, pari dignità.

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