29 Agosto 2015

Recensione a “Fuochi”

di Marina Terragni

 

La cucina per le donne è stata luogo di detenzione –in certi posti del mondo lo è ancora- e ad un tempo luogo di relazione e di creazione (quanti uomini hanno raccontato di se stessi bambini nascosti sotto il tavolo a spiare il segreto del mondo altro delle donne).
In Toscana si dice crudelmente “donna da acquaio” per indicare quella prigionia. Ma la sapienza delle cuciniere -economia, buon uso delle risorse, amore, bellezza, salute- portata fuori di lì saprebbe riaggiustare le cose storte del mondo.
“Fuochi- La cucina di Estia”, scritto da Cuoche Varie e pubblicato dalla Libreria delle Donne di Milano, racconta il cucinare come gesto politico praticato in un luogo (la Libreria) di libertà femminile.
Si comincia un bel po’ di anni fa, per fermarsi a cena dopo una riunione e un dibattito e scivolare in una convivialità felice, fatta di buon cibo e buone conversazioni. Nel nome di Estia, piccola dea dimenticata: l’emancipazione le ha sempre preferito Atena, messa al mondo direttamente dal padre saltando la genealogia femminile.
Nei resoconti di Ida, Stefania, Clelia, Rossella e delle altre che si alternano nella cucina-backstage-antro alchemico della Libreria, i racconti di vita non si separano dall’intento politico e dal dono di ricette antiche, eredità di madri e zie (amatriciana comme il faut) o innovative (Bliny con salmone marinato all’aneto e panna acida).
Sempre attente alle indicazioni di Estia, spesso ignorate dagli chef-star: avere cura, “stabilire relazioni e risolvere conflitti”, saper rimediare e trovare la misura, “lotta tra il troppo e il troppo poco che in cucina si esprime con il misterioso q.b.”.

(Io donna, 29/8/2015)

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