18 Febbraio 2023
Il Fatto Quotidiano

Rossana Rossanda: “Sono stata sconfitta, ma resto comunista” 

di Crocefisso Dentello


Aperte lettere, in libreria per Nottetempo, raccoglie con la curatela di Francesco de Cristofaro una selezione di saggi critici di Rossana Rossanda, scomparsa all’età di 96 anni nel 2020. Un’occasione per ripercorrere la parabola intellettuale della storica dirigente del Partito comunista e fondatrice del manifesto, nonché giornalista e scrittrice.

Il volume restituisce una passione divorante per la letteratura. Rossanda scrive – ora elogiativa ora idiosincratica – su opere come L’inganno di Thomas Mann, Le tre ghinee di Virginia Woolf, Antigone di Sofocle, La Storia di Elsa Morante. Tra gli autori studiati a fondo figurano Dostoevskij, Emily Dickinson, Pessoa, Franco Fortini, Garcia Marquez. Una fedeltà a se stessa che si traduce in un “leggere fuori tempo”. Un rimuginare instancabile e sempre lontano da ogni gusto corrente anche per il grande schermo. Ne Il film del secolo – dialogo a tre voci con Ciotta e Silvestri (Bompiani, 2013) – si abbandona a un liberatorio: «Il cinema di Godard non mi cambia niente». In Quando si pensava in grande (Einaudi, 2013), nel raccontare la sua duratura amicizia con Jean-Paul Sartre, si lascia sfuggire una frase rivelatrice: «Era più interessato alle idee che alle persone, e quindi il rapporto con lui fu facile e costante».

Le idee – prima di metabolizzare la rivolta ungherese del 1956 – sono state anche uno schermo contro la realtà. Quando aiuta Anna Maria Ortese a realizzare un viaggio in Unione Sovietica e la scrittrice racconta il Paese come povero e malandato, Rossanda reagisce con veemenza. Quando il Pci tenta di impedire la pubblicazione de Il dottor Živago di Pasternak, è sempre lei a rimbeccare Giangiacomo Feltrinelli sul pericolo di una propaganda anticomunista. A bilancio della sua esistenza ha dichiarato: «Ho cercato di cambiare qualcosa nella società in cui vivevo. Non ci sono riuscita. E sento molto pesantemente la sconfitta. Sono comunista e lo resto. Non formalmente, lo sono davvero: sono persuasa delle ragioni per esserlo». Ragioni che sono messe nero su bianco ne La ragazza del secolo scorso, edito da Einaudi nel 2005 (l’anno successivo sfiora il premio Strega, che finisce per pochi voti in più nelle mani di Sandro Veronesi). Un romanzo autobiografico che – tra i due estremi della sua nascita a Pola nel 1924 e la sua radiazione dal Pci nell’autunno 1969 – ripercorre l’utopia rossa dei seminterrati e delle sezioni di strada, il partito di «quelli che passavano di reparto in reparto o di casa in casa, a fine lavoro, a raccogliere i bollini del tesseramento». Legge i testi sacri di Lenin e di Marx e compie la sua scelta definitiva dopo avere incontrato sul tram tre operai «sfiniti di fatica e di vino, malmessi». Si laurea in filosofia alla Statale di Milano, allieva di Antonio Banfi. Col nome di battaglia “Miranda” partecipa alla Resistenza.

Nel dopoguerra, in virtù della sua erudizione e della sua rete di amici intellettuali, conquista un ruolo di primo piano nel Partito comunista. Prima dirige la Casa della Cultura di Milano e poi, su invito di Togliatti, diventa responsabile a Roma della sezione culturale di Botteghe Oscure. Nel 1963 è eletta deputata. L’anno della rottura è il 1969, che coincide con i postumi delle mobilitazioni studentesche e l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Critica contro il socialismo reale, fonda insieme ai compagni Pintor, Natali e Magri la rivista e poi quotidiano il manifesto. Fatale per la radiazione dal Pci l’editoriale “Praga è sola”. Un coraggio da “comunista eretica” che si riverbera anche nel 1978 quando firma forse l’articolo più celebre e controverso della sua lunga carriera di giornalista. In pieno sequestro Moro, nel tentativo di comprendere la logica terrorista, con l’espressione “album di famiglia” riconosce una contiguità con alcune istanze storiche dei comunisti.

Nel Novecento italiano – lei che ha infine riconosciuto il valore del femminismo come cultura antagonista – spicca come una delle donne meno al rimorchio del potere e pertanto mai sotto il plagio maschile nella politica come nella speculazione. In Questo corpo che mi abita (Bollati Boringhieri, 2018) il segreto di una libertà irriducibile: «Ho corso sempre, continuo a correre per capire un mucchio di cose… in ogni modo è un bel vivere, non mi sono annoiata mai».


(Il Fatto Quotidiano, 18 febbraio 2023)

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