16 Marzo 2015
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“Scrittrici d’infanzia”

di SILVANA MAZZOCCHI

Mentre i lettori adulti diminuiscono, a sorpresa aumentano i piccoli fruitori di libri, almeno negli ultimi tre anni e secondo uno degli ultimi studi sulla media di chi legge in Italia. Il dato fa senz’altro ben sperare per il futuro ma, a questa tendenza, si aggiunge il merito di emanare, finalmente, una nuova e positiva luce sulla letteratura infantile, un genere, relegato nei secoli, a una sorta di emarginazione immobile e, per certi versi, contraddittoria. In un momento in cui educazione, scuola e formazione sono tornate in primo piano, interessante e densa di spunti sull’argomento, esce l’antologia Scrittrici d’Infanzia (Progedit), raccolta di saggi  che spazia “dai libri per bambini ai romanzi per giovinette” a cura di Barbara De Serio, insegnante di Storia dei processi educativi e formativi all’Università di Foggia. Un libro che descrive personaggi e contesti, rileva diverse correnti interpretative e ricorda come, a partire dal ‘700, il grande fiorire di autrici di libri destinati ai bambini e ai ragazzi, ha fatto nascere fino al XX secolo una letteratura per l’infanzia che, se da una parte veniva chiusa nel recinto dell'”invisibilità socio-culturale” e relegata in serie B in quanto scritta e destinata a soggetti “deboli” come donne e bambini, dall’altra servì a far nascere e a consolidare un settore di grande valenza educativa.

Scrittrici d’infanzia mostra quel percorso accidentato, ma ricco di stimoli che ha funzionato come un laboratorio di temi pedagogici strettamente legati al lavoro di cura mirato alla crescita infantile. E racconta come siano cambiati, nel tempo, i rapporti tra generi e come le donne abbiano sempre considerato la formazione delle nuove generazioni un trampolino per l’emancipazione sociale. Numerosi i ritratti di pedagoghe e scrittrici, esponenti della letteratura per ragazzi,, da Anna Vertua Gentile, a Maria Messina. Dalla “Contessa Lara” ad Astrid Lindgren, la creatrice della bambina protagonista, “rivoluzionaria ” (per l’epoca), Pippi Calzelunghe.

Infine è utile sottolineare quanto accennato nella prefazione. Che, secondo un’altra corrente di pensiero, la scrittura per l’infanzia non nacque per “emarginazione”, ma sia stata invece una scelta libera e consapevole, in quanto mezzo ideale “per parlare agli adulti e ai bambini che sono stati”. Probabilmente ai nostri giorni è vera questa seconda considerazione. Se il numero di lettori adulti è più basso di quello rilevato tra i più piccoli, potrebbe essere necessario, oltre che utile, rilanciare e potenziare la letteratura infantile attraverso libri che parlano “dell’infanzia” e non solo “all’infanzia”. Volano auspicabile per un futuro migliore di grandi e piccini.

Perché un libro sulle scrittrici e l’infanzia?
“La storia racconta di scrittrici d’infanzia che hanno vissuto una duplice emarginazione connessa, da un lato, alla secolare svalutazione delle donne, legittimata dall’appartenenza al genere femminile, e dall’altro lato alla scelta di scrivere per i bambini, comune a molte scrittrici, con particolare riferimento a quelle che per prime hanno coraggiosamente fatto della penna la loro ragione di vita. Individuare nell’infanzia un pubblico privilegiato ha dunque accentuato la condizione di isolamento socio-culturale del genere femminile. Ad accomunare le donne e i bambini è infatti un destino di invisibilità sociale, che ha naturalmente indotto a cogliere nelle pratiche educative loro riservate, tra cui la lettura, veri e propri dispositivi formativi per imporre rigide condotte e per tramandare un sapere stabilito, controllato e regolato sui criteri maschili di interpretazione simbolica del reale. La scelta di ripercorrere la biografia di alcune scrittrici è in questo caso legata alla volontà di valorizzare i saperi di cura, che hanno contribuito a conferire alla letteratura una dimensione formativa più accentuata. Nel binomio “scrittrici e infanzia” è infatti possibile cogliere un’opportunità per promuovere nuove e più approfondite riflessioni sui rapporti di genere, che le scritture femminili hanno inteso dischiudere, moltiplicando le occasioni di incontro e confronto per rivedere la relazione uomo-donna nell’ottica di una complementarietà. Una formazione creativa, che intende puntare sulle competenze femminili per valorizzare le differenze, di cui le donne possono farsi portavoce, e che trova nella prima età il suo destinatario principale”.

Quanto leggono oggi le bambine e i bambini?
“Le ricerche più recenti in questo settore sembrano abbastanza confortanti perché descrivono una situazione straordinariamente migliorata rispetto al passato per quanto riguarda l’attitudine dei bambini a leggere, a collezionare libri e a frequentare librerie, biblioteche e altri luoghi preposti alla promozione della lettura. Da uno degli ultimi studi relativo all’analisi della media dei lettori italiani – bambini e adulti – negli ultimi tre anni risulta che più è bassa l’età, maggiore è il consumo di libri. In altri termini sembra che i bambini leggano molto più degli adulti, contribuendo ad aumentare il numero medio dei lettori. Questi dati conferiscono un elevato valore pedagogico ai numerosi progetti di promozione della lettura avviati nel corso degli anni e orientati a sottolineare le valenze cognitive ed emotive della lettura e della narrazione sin dalla primissima età, soprattutto ai fini di un corretto sviluppo relazionale dell’individuo. Ciò che lascia perplessi è invece il basso numero di lettori adulti, che evidentemente incide sul rapporto dei bambini con la lettura. Occorrerebbe dunque moltiplicare le occasioni di incontro dei bambini con il libro a partire dalla primissima età e dall’ambito familiare. Si pensi all’utilizzo dei “libri giocattolo”, che consentono anche ai più piccoli di leggere attraverso l’uso dei sensi. Un approccio dalla forte carica emotiva, lo stesso sul quale bisogna puntare per favorire la “lettura di pancia” negli adulti. E’ chiaro il riferimento metaforico alla maternità, che non esclude la necessità di avviare percorsi di promozione della lettura già in età prenatale, attraverso la collaborazione delle madri, che dovrebbero diventare le principali mediatrici dell’incontro dei giovani lettori con la “buona” letteratura”.

Donne e linguaggio. Esiste una scrittura al femminile?
“Esiste una scrittura al femminile, quella del cuore, delle emozioni, delle “stanze tutte per sé”, della cura degli altri, ed esiste una scrittura delle donne, quella “che ha fatto la storia”, che ha speso tempo ed energie per riappropriarsi di un’identità e per conferire un nuovo senso alla realtà, che è riuscita ad affrontare l’invisibilità socio-culturale del genere femminile e ha puntato sulla capacità di mediazione, da sempre caratteristica principale del pensiero delle donne, per riflettere su alcuni valori radicali – la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà – e per costruire un nuovo rapporto con il genere maschile, fondato sulla valorizzazione della differenza, della pluralità di idee, di pensieri, di visioni del mondo. Scrittura di tras-formazioni, di costruzioni del sé e della propria identità storica e sociale; storia di denunce, di cambiamenti, di emancipazioni, che ha contribuito a conferire un carattere nuovo anche alla letteratura, con particolare riferimento alle scritture per l’infanzia. Proprio grazie ai saperi femminili la letteratura per l’infanzia si è infatti arricchita di una varietà e creatività di forme e contenuti, più capaci di educare menti critiche e plurali, libere e trasgressive, impertinenti e ribelli. Sono le menti delle giovani donne, che rivendicano con fermezza il diritto di pensare in modo autonomo, che rifiutano di rivestire ruoli sociali stereotipati e che appaiono indignate nei confronti di sistemi culturali che tendono a inibire la libertà di espressione e le molteplici possibilità di realizzazione, della donna come dell’uomo”.

Scrittrici d’Infanzia
A cura di Barbara De Serio
Progedit
Pagg.186, euro 20

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