21 Gennaio 2006

“Una giuria di sole donne” di Susan Glaspel

Renata Dionigi

Non è facile raccontare questo ironico “poliziesco al femminile” senza nominare alcune circostanze che possano invogliarne la lettura ma che ovviamente tolgono il piacere dell’esito finale, davvero più che sorprendente.

Dirò solo che c’è stato un omicidio e che nella casa del delitto gli uomini della legge cercano indizi per scoprire il colpevole. Accanto a loro, relegate in cucina, le mogli, due donne che si conoscono appena, in maniera sommessa iniziano un’indagine parallela osservando piccoli dettagli, intuendo situazioni che fanno parte del loro quotidiano e della loro esperienza, cercando di immaginare e di capire ciò che può aver causato un gesto così estremo.

Ciò che colpisce nel breve romanzo è la capacità dell’autrice di rappresentare la differenza tra i sessi, una diversa modalità di agire tra donne e uomini davanti a un avvenimento inconsueto per entrambi. Le donne infatti, seppur in tono dimesso, si mostrano più libere nell’interpretazione degli indizi e seguono un’idea di giustizia che non corrisponde a quella socialmente riconosciuta, ma che tra di loro si sentono tranquillamente di legittimare. Gli uomini invece, occupati come sono a mostrare la loro efficienza e affermare l’importanza del loro ruolo alla comunità perdono di vista, nonostante l’atteggiamento di consumati detective, l’essenza dell’indagine e, irridono con paternalistico sarcasmo i particolari donneschi che le mogli osservano e che loro considerano “inezie”.

“Inezie” è il pezzo di teatro da cui è stato tratto questo racconto recitato con successo dalla stessa autrice nel 1916 e pubblicato in Italia, insieme a due altri testi americani, dalla casa editrice “La Tartaruga” negli anni ’80.

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