9 Novembre 2009
la Repubblica

“Un’amica per Darwin” di Tracy Chevalier

Susanna Nirenstein

Questa è una storia vera. Vera, poetica e sorprendente. Al centro, una ragazzina di umilissime origini con una smodata passione per la “caccia” ai fossili che in genere vende per aiutare la famiglia: siamo all’ inizio dell’ Ottocento, sulle coste del Sussex, e Mary Anning, questo è il suo nome, scopre sulle scogliere i resti preistorici di quelli che verranno chiamati ictosauri e plesiosauri, ossa pietrificate di grandi dinosauri che dimostreranno la teoria dell’ estinzione delle specie e, dunque, apriranno le porte al pensiero di Darwin.

I visitatori dei Musei della Scienza anglosassoni forse avranno visto il suo nome su qualche vetrina: riconoscimenti che furono difficili da ottenere perché nel mondo di allora le doti scientifiche femminili semplicemente non erano ammissibili. Mary è una piccola donna con un’ energia e un occhio speciale. Colpita da un fulmine quand’ era bambina, si aggira determinata per spiaggee rocce con un piglio selvaggio. L’ unica ad avvicinarla e a stringerci una salda amicizia è Elizabeth Philpot, educata trentenne di ottima famiglia già considerata zitella per sempre, invaghita come Mary Anning di quelle Strane creature, titolo del romanzo che Tracy Chevalier, la best seller della Ragazza con l’ orecchino di perla, le ha dedicato (Neri Pozza pagg. 288, euro 16,50).

Questa è la storia vera di un universo femminile dotato di una vita intellettuale anticonformista propria, che attraversa le classi, e nel romanzo non disdegna affatto uomini e amori (personaggi realmente esistiti) nonostante non possa, per consuetudine sociale, riceverne gioie e favori determinanti. Una storia con cui Tracy Chevalier, anche se ogni tanto si abbandona a un tono da fiaba, ha voluto ancora una volta rendere omaggio a eroine che vogliono sottrarsi al loro destino e spiccare in volo.

 


Mary Anning

 

Quando ha scelto di raccontare Mary Anning?
«Ho scoperto Mary in un piccolo museo di dinosauri dove ero andata con mio figlio. Non ne avevo mai sentito parlare, ma mi ha attratto immediatamente. Mi è piaciuto molto anche il fatto che fosse stata colpita da un fulmine da bambina. Lì, fin da subito, ho saputo che ne avrei scritto».

Quando si viene informati, alla fine del libro, che questa è una storia vera e non una favola, il romanzo diventa molto più coinvolgente. Perché non lo ha scritto all’ inizio?
«Avrei allontanato il pubblico dalla fiction, gli avrei fatto pensare di star leggendo una biografia. Non volevo distinguere così marcatamente realtà e racconto. Penso che la maggior parte dei romanzi siano simili- ti assorbono così tanto che il loro mondo immaginario finisce per esistere davvero. Ecco, vorrei che il lettore creasse quel nuovo universo dentro di sé, e poi, alla fine, scoprendo che Mary e Elizabeth sono esistite, semplicemente confermasse le sensazioni già avute».

Cosa l’ attraeva maggiormente in Mary? Che fosse una ragazza povera con una forte passione intellettuale? Che le sue scoperte abbiano provato la teoria dell’estinzione delle specie?
«Due elementi: era una donna e apparteneva alla classe operaia. Ero comunque affascinata anche dal fatto che fosse una figura femminile eccezionale e volesse un riconoscimento nel mondo degli uomini. Certo, l’ impatto del suo lavoro sul mondo scientifico fu fondamentale, tanto più che ancora oggi ci sono molti creazionisti (specie in America) che rifiutano Darwin».

Nel dibattito di allora che cosa l’ ha colpita?
«Nel XIX secolo i fossili trovati da Mery Anning costrinsero le persone a mettere in dubbio l’ assunto comune che il mondo fosse stato creato da Dio seimila anni fa, in sei giorni. Fecero capire che la Bibbia non poteva essere presa alla lettera, ma doveva essere interpretata: la terra era molto più vecchia, e tante specie si erano estinte».

Cambiamo argomento. Jane Austen ha scritto molto di donne povere, sole e coraggiose dell’ Ottocento. Ma alla fine le sue eroine si sposano sempre. Qui, invece, le protagoniste rimangono tutte zitelle. «Mary Anning e Elizabeth Philpot – l’ altro personaggio principale – furono donne che non si sposarono in una società che da loro si aspettava solo questo. Senza matrimonio non c’ era né sicurezza né autorità. Una zitella non era nessuno. Jane Austen dà ai lettori l’ happy end che desiderano; nella realtà, invece, molte – e la stessa Austen – restavano sole, senza denaro, completamente dipendenti dagli altri membri della famiglia. In un certo senso Strane creature analizza quel che succederebbe alle misses della Austen se non trovassero un uomo da sposare. Avrebbero altre opzioni? Credo che Mary e Elizabeth le abbiano trovate: i fossili, e se stesse, l’ una per l’ altra. La loro amicizia è molto importante nel romanzo».

Dall’ altra parte qui tratteggia uomini sempre lontani, chiusi, senza alcuna percezione dell’ altro. Li vede così?
«Non sempre, ma in questo libro sì. Questa è una storia sulle donne che devono trovare una propria strada: gli uomini rimangono ai margini».

Lei scrive spesso di incontri, amicizie, amori tra persone che appartengono a classi diverse. Penso anche a La ragazza con l’ orecchino di perla o a Quando cadono gli angeli.
«Non ci avevo mai pensato. Il fatto è che scrivo spesso di individui (in genere donne) che non sono felici della loro condizione sociale e cercano un’ altra vita. Un atteggiamento che comporta l’ attraversamento di frontiere sociali ed economiche».

Lei è rimasta per tutti l’ autrice dell’ Orecchino di perla. Le pesa? Paragona sempre i risultati dei suoi nuovi libri a quelli del romanzo su Vermeer? Ha capito quali furono le ragioni profonde di quel successo?
«È meraviglioso essere stata un best seller, ma sì, è anche un peso. Tutto quel che faccio viene confrontato all’ Orecchino di perla, e non solo da lettori e editori, ma da me stessa. Quanto ai motivi del successo, penso abbia qualcosa a che fare con l’ eccezionalità di Vermeer, come se il suo appeal si fosse riflesso sul mio libro».

Lei è americana, eppure ambienta tutti i suoi romanzi in Europa. Come mai?
«Ho vissuto in Inghilterra 25 anni, ma mi sento ancora americana. Credo mi piaccia il mio essere una outsider. Mi tengo da una parte e guardo quel che succede, senza sentirmi responsabile. È un’ ottima posizione per uno scrittore». Scriverà mai una storia contemporanea? «Ho pensato più volte di farlo, poi ho cambiato idea. Invece sto scrivendo un altro romanzo storico, ma questa volta, finalmente, si svolge in America! Parlerà di una famiglia quacchera del XIX secolo che aiuta degli schiavi a scappare dal Sud verso il Nord e la libertà».

Tracy Chevalier

Strane creature

Neri Pozza pagg. 288, euro 16,50

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