19 Giugno 2022
Alias - il manifesto

Ursula K. Le Guin, dal confine mobile di mondi inventati

di Umberto Rossi


Ricordiamo tutti quella scena di 2001: Odissea nello spazio nella quale Kubrick immagina – per metterla in termini antropologici – il primo dispositivo culturale: un osso con il quale uno dei nostri antenati quadrumani abbatte un suo avversario. La cultura avrebbe dunque inizio, per un pessimista e misantropo come Kubrick, con un’arma e un assassinio. Per Ursula Le Guin, invece, come ci spiega nel saggio La teoria letteraria del sacchetto della spesa, il primo dispositivo culturale deve essere stato un recipiente, qualcosa per portare a casa il cibo raccolto in giro, che consente dunque di conservare, non di distruggere.

Questo sovvertimento di tutte le mitologie che mettono alle origini dell’umanità qualche eroe armato (e ovviamente maschio) è un’immagine che ben rappresenta la raccolta I sogni si spiegano da soli. Immaginazione, utopia, femminismo (a cura di Veronica Raimo, BigSur, pp. 249, € 18,00), selezione tratta da una ben più ricca antologia uscita nel Regno Unito quattro anni fa, autentico «sacchetto della spesa» contenente scritti assai diversi: discorsi di accettazione di premi letterari, saggi sulla scrittura, introduzioni a riedizioni di romanzi, brevi pezzi a carattere autobiografico, riflessioni occasionali, anche un vero e proprio monologo, «Mi presento», scritto per essere recitato, allo scopo di evidenziare e scardinare i pregiudizi di genere impliciti nel linguaggio. Scrittrice prolifica, nella sua lunga carriera Ursula K. Le Guin ha attraversato i due territori solo in apparenza distanti – ma in realtà contigui – della fantascienza e del fantasy, lasciandoci alcune pietre miliari.

I temi di affezione

Nei vari pezzi inclusi nei Sogni si spiegano da soli la scrittrice esplicita ciò che nella sua narrativa è criptato, nascosto nella tessitura delle trame, rappresentato in modo anamorfico: il suo rapporto con l’antropologia, con la California, con l’ondata femminista degli anni Settanta. Figlia del grande antropologo Alfred L. Kroeber, Le Guin ne eredita l’interesse per le culture native della California, alcune delle quali spazzate via dagli insediamenti dei bianchi succedutisi dalla metà dell’Ottocento in poi. Emblematica è la storia di Ishi, tratteggiata in uno degli scritti nella raccolta, «Zii indiani di Ursula Kroeber Le Guin»; Ishi era l’unico superstite di un’intera cultura nativa, l’ultimo a parlarne la lingua, e a poterla insegnare a Kroeber. Il contatto con queste civiltà, e il caparbio tentativo degli antropologi di comprenderle, si rispecchieranno nel rapporto con civiltà aliene su pianeti extrasolari ripetutamente messo in scena da Le Guin nel ciclo fantascientifico Hainish. Si parte dal presupposto che le popolazioni dei vari pianeti (inclusa quella terrestre) discendano tutte da un’originaria specie umanoide colonizzatrice, perché nei mondi di Le Guin non c’è spazio per le farneticazioni pseudoscientifiche razziste; c’è invece attenzione ai complessi processi di mediazione, di traduzione, di comprensione e fraintendimento che intercorrono negli incontri-scontri tra civiltà.

Teatro di questi processi è stata la California fin dai primi insediamenti umani, poi con la colonizzazione spagnola, quindi con l’annessione agli Stati Uniti, infine con l’immigrazione di massa dagli anni Trenta in poi: è un territorio alieno, questo, più a ovest del mitico west, terminale della frontiera che secondo lo storico Frederick Jackson Turner ha plasmato il carattere degli Stati Uniti (incluso l’amore morboso per pistole e fucili). Non è un caso se lo stato sul Pacifico ha ospitato, oltre a Le Guin, anche Philip K. Dick, suo compagno di high school, più vecchio di un solo anno, con il quale Ursula intratteneva una corrispondenza intermittente; ma mentre Dick ambienta alcuni dei suoi migliori romanzi tra San Francisco e Los Angeles (da L’uomo nell’alto castello a Un oscuro scrutare), Le Guin traspone sempre questo estremo ovest su altri mondi, dove si ripresenta in una serie di affascinanti variazioni l’incontro tra culture e la loro difficile convivenza. Talvolta, come nel romanzo breve Il mondo della foresta (1972) l’incontro diventa guerra, o meglio guerriglia, in una straniata raffigurazione del Vietnam che allora infuriava; altre volte, come nei Reietti dell’altro pianeta (1974) l’incontro tra una società utopica anarchica e una sorta di distopia capitalistica planetaria non porta apparentemente a nulla, se non a svelare limiti e contraddizioni di entrambe le civiltà.

Il tema utopico è potente in tutta l’opera di Le Guin e ben rappresentato dal saggio «Una visione non-euclidea della California come luogo freddo», compreso nei Sogni si spiegano da soli, dove ancora una volta antropologia, politica, storia e archeologia dialogano in modo originale e spiazzante. A questi temi ricorrenti s’intreccia inevitabilmente la riflessione sul genere, sulla scrittura delle donne, sulla tutt’altro che risolta questione dell’emancipazione femminile: un problema di cui, per sua stessa ammissione, Le Guin ha preso coscienza solo progressivamente, come attestano le note a piè di pagina aggiunte a «Il genere è necessario? Versione aggiornata». Qui la scrittrice, riflettendo su La mano sinistra delle tenebre, fa i conti con se stessa e la sua passata consapevolezza, solo parziale, in materia di femminismo, offrendo così prospettive inedite su uno dei suoi romanzi più noti.

Giudizi critici

A fronte delle perplessità destate dal giudizio che Le Guin dà di Hemingway (ricorrente bersaglio di una garbata ironia) e della sua maschera da macho man che oggi sappiamo essere una ingannevole finzione, non si può non restare affascinati dall’acuta rilettura di Piccole donne in «La figlia della pescatrice», o dai commenti sul tragico diario dello sventuratissimo esploratore polare R. F. Scott in «Eroi». Le Guin contrappone qui alla posa di eroismo guerresco di Ernest Shackleton (che «aveva fatto la cosa giusta ma ha detto quella sbagliata»), all’assunzione di responsabilità di Scott, che «ha ammesso completamente il proprio fallimento», senza contrapporsi a qualche nemico o avversario incarnato nei ghiacci polari. E sono queste intuizioni a costituire l’innegabile valore aggiunto di questi scritti.


(Alias – il manifesto, 19 giugno 2022)

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