18 Marzo 2023
Il Quotidiano del Sud

Vera e Anna Politkovskaja, una figlia e una madre

di Franca Fortunato


Vera Politkovskaja con la giornalista Sara Giudice nel suo libro Una madre edito Rizzoli, da poco in libreria, onora sua madre Anna, la giornalista assassinata a Mosca il 7 ottobre 2006. Guarda con i suoi occhi di figlia la madre e racconta di lei affinché il mondo non dimentichi il suo nome, come è avvenuto nel suo Paese, dove era diventata “la pazza di Mosca”. Racconta per ricordare la lezione lasciata a lei e al fratello, «siate coraggiosi e chiamate sempre le cose con il loro nome, dittatori compresi». In un andirivieni tra passato e presente, tra madre e figlia, Vera ci racconta la sua Russia e quella della madre, la sua vita in quella della madre, legate dal filo della guerra. Ieri la seconda guerra in Cecenia (1999-2009) di cui la madre divenne con i suoi reportage testimone della verità, dei crimini e degli orrori, oggi la guerra in Ucraina che ha portato Vera a lasciare il suo Paese, con la figlia Anna: «La guerra in Ucraina ha stravolto la nostra vita. Dopo il 24 febbraio 2022 il nostro cognome è tornato a essere oggetto di minacce, ancor di morte, questa volta verso mia figlia, che è solo un’adolescente. Da quando a scuola hanno iniziato a parlare del conflitto in Ucraina, i compagni si sono scagliati contro di lei. Così abbiamo scelto l’esilio volontario, la fuga in un altro Paese. Da un giorno all’altro abbiamo fatto le valigie e ce ne siamo andate da Mosca, che già ci aveva tolto tanto. A me la madre, a mia figlia la nonna».

Una madre, una nonna, una giornalista «testimone viva di quella mattanza in Cecenia», dove partiva per testimoniare, per ascoltare le vittime, per dare parola al dolore. «Io sono come un poeta. Io vivo la vita, e scrivo di ciò che vedo». Odiata dal potere, era sola, profondamente sola. «La maggior parte dei colleghi non la capiva o non voleva capirla. Reagiva con sconcerto ai suoi reportage, che spesso venivano apertamente criticati. Per paura o per invidia». Non meraviglia che a distanza di anni «tutti si sono dimenticati in fretta di Anna Politkovskaja, soprattutto la gente che conta», il suo nome è avvolto dal silenzio, mentre in Occidente sopravvive ancora il ricordo di lei e del suo coraggio. Vera testimonia ciò che è accaduto in Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Ricorda le proteste contro la guerra, le manifestazioni con «una significativa presenza femminile». «Quasi 22 mila russi sono stati fermati per aver manifestato pacificamente». Ricorda il movimento delle madri dei soldati, nato durante la seconda guerra cecena quando le madri andarono a prendersi i figli vivi o morti e oggi sono scese in piazza per impedire la partenza o il ritorno dei figli in guerra. Pagine commoventi sono dedicate alle ultime ore passate con la madre, alle ultime parole che si sono dette per telefono, allo sconcerto e al dolore alla notizia del suo assassinio. Un dolore che non passa, fatto di amarezza perché, a distanza di anni, se sono stati processati e condannati gli esecutori restano impuniti i mandanti politici: «Non è cambiato nulla. Gli uomini che mia madre ha combattuto con le parole sono ancora lì». L’immagine con cui si chiude il libro ha un grande significato simbolico. Il 6 maggio 2022 la dacia, luogo della memoria familiare, va a fuoco ma dall’incendio si salva solo il giardino dove in estate fioriscono gli iris e le peonie della madre. Un enorme salice, che aveva piantato lei, si ricopre di foglie. Il prato è di nuovo un manto verde, come il ricordo di Anna Politkovskaja rinverdito dalla figlia. Un libro che è un atto d’amore di una figlia verso una madre che ha fatto della verità la sua passione e la sua ragione di vita.


(Il Quotidiano del Sud, 18 marzo 2023)

Print Friendly, PDF & Email