Rosanna Fiocchetto
Uno dei motivi di felicità e di buon auspicio per questo 2006 è per me la pubblicazione in italiano (Il Dito e la Luna, Milano, pp.149, 12 euro) di “Virgil, non” (1985) di Monique Wittig: un libro che ho tanto amato da tradurlo, sebbene io non sia una traduttrice professionista, spinta da quella che Wittig ha chiamato “passione attiva”. Mi sono innamorata di questo libro per la sua poesia, per il suo coraggio, per la sua lucidità provocatoria, per il suo umorismo dissacrante. E’ una riscrittura lesbica, ironica e polemica, visionaria e combattiva, della “Divina Commedia” dantesca: parla dell’inferno in terra in cui le “anime dannate” sono i corpi vivi delle donne, del limbo in cui le “schiave fuggiasche” possono trovare scampo nell’illusione della libertà, di un paradiso tanto difficile da raggiungere quanto esaltante nella sua utopia.
Ma anche la stampa in Italia di quest’opera cosi’ dirompente e “scandalosa” sembrava essere un’utopia: un’utopia realizzata grazie a due complici e cospiratrici, l’editrice Francesca Polo e Margherita Giacobino, direttrice della collana “Officine T – Parole in corso”, che hanno contribuito in modo sostanziale a portare sotto gli occhi di nuove lettrici questa “Profana Commedia” in cui “a nessuna è negato l’ingresso nella città celeste”, con un bellissimo modo di ricordare Wittig a tre anni dalla sua morte. A loro dedico un brano del testo nel quale un girone infernale si tramuta in cerchio di sorellanza: “Qui non ho bisogno di fare domande. E non devo neppure temere gli insulti che generalmente le accompagnano. Qui al contrario vengo invitata ad entrare nel cerchio e a sedervi in compagnia di Manastabal, la mia guida, per prendere conoscenza dei fatti. Qui le lamentele vengono esposte liberamente, non vanno suggerite a creature che si comportano come se le avessimo inventate. Qui al contrario si è pronte a sventare il meccanismo e ad uscire dalla trappola. Si hanno pugni per tutte quelle degli altri cerchi dell’inferno che non ne hanno, e si è pronte ad usarli…”.