GUARDARE INDIETRO: Via Dogana n.98 settembre 2011

Vita Cosentino

 

Guardai indietro, dicono, per curiosità,
ma potevo avere, curiosità a parte, altri motivi.
da La moglie di Lot di Wislawa Szymborska

 

Senza cadere in facili trionfalismi, appare sempre più evidente che il 2011 sta portando cambiamenti a lungo aspettati e desiderati, da chi, come questa rivista, ha scommesso e scommette su una politica che è una pratica di vita, con relazioni che ti fanno esistere e mantengono vivi i luoghi in cui si è e si opera. L’abbiamo chiamata politica prima e la riaffermiamo ora che vibra nel corpo sociale, anche se qualche intellettuale si ostina a definirla impolitica. Nessuno perde quando vincono le donne ragiona attorno a questi cambiamenti, a partire da fatti salienti degli ultimi mesi come la vittoria ai referendum e le nuove giunte di Milano e Napoli, come la ripresa del movimento delle donne e i suoi appuntamenti di Siena e dell’Aquila. Il numero considera che i giochi sono tutti aperti e non privi di trabocchetti, trappole, vicoli ciechi su cui necessita attenzione critica.
Una delle questioni in ballo è se in questo cambiamento può essere l’uguaglianza a avere l’ultima parola. Su questo invito a rileggere una donna e un uomo: Fina Birulés, Università di Barcellona, Il prezzo dell’uguaglianza (VD 26/27) e Dino Leon, avvocato del lavoro, Eguali a chi? (VD 14/15). La filosofa spagnola segnala il malessere serpeggiante tra le donne per il fatto che il progresso nell’uguaglianza dei diritti si presenta come assimilazione ai valori maschili. Ciò mette le donne di fronte all’alternativa tra “una sventurata maternità e un banale tentativo di indipendenza” (Zambrano). L’autrice è alla ricerca di strade diverse e trova indicazioni orientanti nel volume di Diotima allora appena uscito Oltre l’uguaglianza (da rileggere, possibilmente). Nel suo articolo critica sia l’idea di un soggetto libero, inteso come radicale indipendenza da vincoli, come se il mondo non fosse altro che un fondale da cui si può prescindere; sia il presentarsi di un linguaggio in cui l’esperienza femminile può comparire solo come quella della vittima e in cui la dipendenza che si voleva evitare ritorna come la “calda” identità degli oppressi o dei gruppi esclusi. Il prezzo le sembra eccessivo. L’avvocato milanese scrive invece un testo, se vogliamo, sofisticato, in cui polemizza con Luigi Ferrajoli che su Democrazia e Diritto aveva sostenuto la tesi per cui “Il principio normativo di uguaglianza nei diritti fondamentali è la base della valorizzazione giuridica delle differenze, in primis quella sessuale”. Il suo ragionamento procede analiticamente, smontando la tesi dell’altro pezzo per pezzo, con buoni argomenti impossibili da sintetizzare in poche righe. Ne ricava un’indicazione politica: questa operazione è colma di significati negativi per la libertà femminile.
Per certi versi le maestre italiane sono state anticipatrici dei cambiamenti in corso. Per questo segnalo C’è di meglio che tirare bulloni (VD 88), scritto da me e da Alessio Miceli dopo aver seguito attentamente e attivamente per un anno le maestre in movimento. Nel 2008, quando soffiava tutt’altro vento rispetto a oggi, abbiamo visto come in un tempo rapidissimo donne comuni diventano donne politiche. Cominciano a prendere la parola pubblicamente, che è il cuore della politica. L’altro elemento di interesse è il confronto tra le forme di lotta muscolari portate avanti dagli insegnanti maschi e le forme di lotta delle maestre basate sulla parola e la relazione con i genitori. Queste ultime sono state riconosciute pubblicamente nel movimento come più efficaci e vincenti.
Al polo opposto offro la considerazione di quanta forza trasformativa può avere una donna in un posto di potere, quando non è imitativa del maschile. In Lucia Castellano direttrice di carcere (VD 92) ne scrive Silvia Marastoni, dopo averla invitata al Circolo della Rosa di Milano e aver letto il suo libro Diritti e Castighi. L’autrice è colpita dal fatto che la Castellano (attualmente nella giunta Pisapia) in un ambiente così difficile come può essere un carcere, sia riuscita a proporre uno schema di rivoluzione originale che fa leva su una legge che esiste per fare un’invenzione, per strappare al potere il poter fare e arrivare alla quintessenza della politica.
Vita C.
P.S. I numeri arretrati possono essere ordinati in Libreria delle donne, tel. 02-70006265 e tramite il sito www.libreriadelledonne.it, e-mail info@libreriadelledone.it

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