VD 104: E in risposta i due punti

di Vita Cosentino

vengano messi punti interrogativi,
e in risposta – i due punti:

Wislawa Szymborska


In questa rivista abbiamo più volte discusso su come è che avviene il cambiamento, perché l’immaginario a questo proposito è stereotipato: o riforme dall’alto o rivoluzione dal basso. Il cambiamento, invece, spesso avviene senza che ce ne rendiamo conto. In tanti luoghi, in tante forme, innumerevoli soggettività lottano per una vita sensata e libera, percorrendo sentieri vicini; intessono discorsi creando occasioni di scambio e contagio di idee; compiono gesti significativi, grandi o minimi. Spesso ignorandosi tra loro e, purtroppo, perdendosi. Non possiamo saperli tutti, né tantomento sperare di controllarli. Poi, di colpo, qualcosa ti sorprende e comprendi che c’è cambiamento. Io stessa ne ho scritto nel numero precedente e in questo due mi rispondono (Chiara Zamboni e Giannina Longobardi). Tutto il numero ha a che fare con qualcosa che sta cambiando nel panorama politico. Il primo indizio per me è stato accorgermi con sorpresa dell’uso ripetuto della parola
femminista nei mass-media, in una chiave positiva. Non eravamo abituate. Per esempio ho sentito alla radio che in dicembre il Comune di Milano ha assegnato l’ambrogino d’oro a Lea Melandri, in qualità di “intellettuale femminista”, come recita la motivazione. Oppure ho scoperto che il nome di femminista, associato ad alcune candidate, dà prestigio a una lista elettorale. Questo vuol dire che le femministe stanno abbandonando il loro movimento per integrarsi nella scena pubblica? Non credo che questa interpretazione sia giusta perché ci sono altri fatti, meno clamorosi ma più sostanziali (vedi Cristina Mecenero, vedi Sara Gandini, vedi La Giudice), che suggeriscono una diversa interpretazione: assumere la propria differenza è diventato più attraente e stimolante del permanere in una cultura fintamente neutra. E la società sta autorizzando questo cambiamento, profondo, quasi intangibile.

Di certo oggi il femminismo autonomo è in espansione. C’è ancora l’eco del grande convegno a Paestum in ottobre che già si prendono nuovi appuntamenti nazionali come quello tenuto il 9 febbraio a Bologna dal titolo: Donne, vite, politica: cosa cambia oggi?Nelle università gruppi di studentesse sentono la voglia di trovarsi per fare autocoscienza (lo racconta Daniela Pietta, Il dito o la luna?, sulla rivista online Per amore del mondo, autunno 2012, www.diotimafilosofe.it), e nelle esperienze più avanzate del movimento, come quella di Macao a Milano, si formano gruppi di sole donne.

Se questo cambiamento può essere considerato una vittoria, se apre nuove possibilità, come io credo, se si allenta la fatica, come io sento, tuttavia la nostra strada resta sempre sul filo del rasoio. Già si pongono nuovi problemi, per esempio (ma è più che un esempio) adesso si potrà credere che in parlamento siedono le nostre rappresentanti. Non a caso nel numero si parla anche dell’era costantiniana. Ne parlano Letizia Tomassone e Clara Jourdan segnalando quello che la svolta ha rappresentato per il cristianesimo e facendo un accostamento con il femminismo.

La differenza è stata registrata e si tratta di mantenere aperta, in questa situazione che a me piace chiamare di metamorfosi, la grande scommessa del femminismo. Senza arroccamenti. Rigiocandosi politicamente. L’occasione per Un sì e qualche no è data dalle le elezioni politiche in cui, senza tante quote rosa, si è arrivati nella coalizione Pd-Sel e nel Movimento a cinque stelle intorno al 40% di candidate, comprese alcune candidature di femministe della differenza che hanno fatto discutere. Al momento di andare in stampa non si è ancora votato, ma su tutto questo nel numero si ragiona con prese di posizione nette, con racconti di esperienze di donne che hanno già tentato quella strada. Con un taglio polemico, ma interlocutorio. Per tenere la rotta e non perderci di vista; Puntando in alto. Come viene detto nell’apertura da Lia Cigarini, Giordana Masotto e Lea Melandri

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