di Emanuela Mariotto
Cento anni fa mia nonna, Maria Muraro, a ventisei anni, come tante altre donne, diventò vedova di mio nonno, Antonio Mariotto, “disperso” sull’Altopiano di Asiago. Entrambi figli di quel popolo contadino mandato al massacro. Nei miei ricordi di bambina nonna Maria è sempre vestita di nero, ma i suoi capelli bianchi hanno una luce come «di luna». Per crescere i suoi tre figli, lei, semianalfabeta, fece la serva e la lavandaia. Sta qui il legame con le anguane, misteriose creature femminili, metà donna metà serpente, protagoniste di leggende popolari della provincia di Vicenza, terra d’origine mia e dei miei nonni paterni. Secondo tali leggende queste fate dell’acqua escono dalle grotte con la luna per lavare i panni nelle rogge e sbatterli sui sassi.
Questa poesia è scritta per mia nonna.
’15-’18: nonna Maria
Come una anguana
la lingua del silenzio
tua
e sulle pietre del fiume anche tu
battevi i panni
nonna di luna e lavandaia
giù dalle grotte giù dalla tua casa
dormono ancora i figli dorme
ma non sai dove
sull’Altopiano il tuo
sposo disperso.